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“Exagora”, il rap duro (ma giusto) che vale più di mille euro

Cristina Giudici 

Il collettivo canta il disagio, la rabbia, la vita quotidiana delle periferie. Nella Milano centripeta e centrifuga ci sono anche loro, che remano controcorrente nel panorama musicale hip-hop

"Trova uno come me che prende due lauree mentre ristruttura un garage per viverci tre ore al mese, mentre fa gabbia”. Nelle rime del potente sound del collettivo Exagora si cantano il disagio, la rabbia, la vita quotidiana delle periferie. Ma senza farne una retorica ribaltata e positiva, anzi. Sono ragazzi e anche ragazze, “bro” e “sista” cresciuti storti che hanno vissuto in famiglie e in quartieri storti (ma alzi la mano chi si sente un fusto dritto) e cercano il riscatto o anche solo l’opportunità di esprimersi attraverso un cd di musica urban. Con storie vere, realmente accadute, non come quelle dei gangsta trapper che idolatrano il crimine talvolta per posa e per ottenere la street credibility, ma che poi diventa un fattore criminogeno da cui è impossibile uscire. “Nella luce del buio ho trovato un destino, sulla strada sono rimasti in molti, verso la svolta non corre nessuno”.

   

          

Costa mille euro il repack digitale e il primo ep del collettivo Exagora appena uscito perché vuole essere considerato un’opera d’arte e lanciare un messaggio provocatorio sul costo per ogni singolo detenuto in carcere, grazie alla musica urban prodotta da un’etichetta indipendente nata due anni fa, Attitude Rercordz, che vuole trasmettere consapevolezza su quanto costi un detenuto per ogni singolo giorno di carcere. “Sono morto per le cose che mi hai detto all’orecchio”. “Chissà se questi fogli bianchi cambieranno pagina”. Nella Milano centripeta e centrifuga ci sono anche loro, che remano controcorrente nel panorama musicale hip-hop: Matteo Gorelli - detenuto in semilibertà, poeta, producer, educatore e una storia dura con cui non ha fatto ancora i conti. Antonio Bongiorno detto BongiPatrick Yassin, detto Yassa che conosce la strada e l’emarginazione perché ci è nato, in mezzo a San Siro, ma non ha fatto quegli sbagli che si pagano cari. Ora hanno lanciato il primo ep e in pochi hanno capito il valore simbolico di quei mille euro che puntano al (ri)scatto economico e sociale per provare a stare nel mercato, ma in modo differente, non accomodante. Con un collettivo che si chiama Exagora (letteralmente: redenzione) perché dalla piazza, quella dello spaccio, quella del ghetto, prima o poi si deve uscire per starci dentro.

   

      

Li abbiamo incontrati al Corvetto, dove hanno un piccolo studio di registrazione per dare voce e sound a chi ha bisogno di esprimersi e magari riuscire in questo modo a fare uno scatto, senza avere la pretesa di salvarli. Rappresentano una realtà originale che offre una idea diversa della narrazione della periferia che deve essere un punto di partenza e non di approdo. Attitude Recordz nasce quasi per sbaglio, in piazza, parlando di pittura e poesia, durante un contest di freestyle. Con Matteo Gorelli (educatore della comunità Kayros) scrive il conto economico su uno scontrino da 10 euro. Bongi è manager di qualche artista emergente della scena milanese. Insieme vincono un bando che progettano al telefono e che viene scritto dentro un carcere, durante il primo lockdown del 2020. E’ lì che comincia tutto, il sogno di fare impresa e diventare etichetta. Exagora è una storia per tutti, l’apertura di una strada inedita. L'approccio al music business di Attitude Recordz è nuovo: mettere il sociale al centro e investire, anche ciò che non si ha, per dare occasioni a chi non ne avrebbe. La loro musica non vuole inneggiare al trap gangsta che, per ragioni di marketing, alimenta un atteggiamento criminale “perché poi alla fine nell’abisso del carcere ci finisci davvero”, spiega Matteo Gorelli. “Tutti veniamo da situazioni di disagio e storie sbagliate ma non ci interessa la cultura immaginifica del gansta trap che alimenta una cultura distorta e anche l’industria penale. Potenziando un potere repressivo che schiaccia le persone mentre noi vogliano creare un progetto musicale che sia liberatorio attraverso l’arte”. 
Anche se gli artisti di Exagora cantano rime di ira funesta, vengono dal carcere, hanno turbe psichiatriche o sono stati semplicemente troppo soli, la loro musica rema contro l’hip-hop mainstream. “Sei stato profugo e sei stato in mezzo alla strada? Hai bisogno di tirare fuori tutto attraverso la musica? Non vai a scuola perché hai la testa incasinata da problemi che un ragazzino non dovrebbe avere? Vuoi urlare bevo, spacco e fumo? Bene, canta la tua rabbia, ma dobbiamo cercare di uscire dal ghetto, essere pagati per la nostra arte, arricchirci anche interiormente e magari poi accade che qualcuno riesca ad emanciparsi dalla cultura del disagio”, aggiunge Yassa. Fra gli artisti c’è chi è stato in carcere e chi soffre di disturbi psicotici e anche donne come Yasmin e Gioia (“Skyland, tutti lo sanno siamo come sunshine, facciamo nella notte come Einstein, stein, stain”). Il loro progetto vuole essere uno spazio dove sentirsi a casa. Una community che si crea, si autodistrugge e si ricrea. Yassa non ha una famiglia “sbagliata” ma ha voluto vivere la vita che avrebbe potuto essere anche la sua, dormire sugli autobus, stare in strada anche se una casa ce l’ha. “Trova uno come me, 19enne carcerato, ergastolo addosso, che i vecchi gli plaudono e lui si converte, ma l’unico cristiano era Cristo”. Il collettivo Exagora ci tiene a far sapere che la giornata di un detenuto in carcere ha un costo sociale (in termini di sicurezza e di sofferenza) più alto di mille euro. “Noi vogliamo contribuire a far distinguere la cifra artistica e visiva di un rapper dalla vita reale”, precisa Gorelli, “perciò 1000 euro per una copia di Exagora rappresentano molto di più di un singolo cd”. “Dobbiamo spaccare nella speranza che adottino il nostro metodo che alla fine è solo uno: smetterla di scimmiottare il sogno americano per creare il sogno milanese”, conclude Yassa prima di salire sul monopattino e vagare per la città, tutta la città che così diventa Exagora. 

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