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Come stanno le infrastrutture lombarde? Verso le regionali

Daniele Bonecchi

I fiori all’occhiello della Regione restano l’aeroporto di Malpensa, quello di Montichiari e la Brebemi. Le zone d’ombra sono rappresentate invece dal sistema ferroviario e dalla Pedemontana. Ma il vero banco di prova dei prossimi anni sarà la logistica

Il generale inverno è dietro l’angolo, e sarà l’ultimo per la Regione guidata da Attilio Fontana. Non che abbia passato inverni più tranquilli – gli ultimi due con una pandemia che ha colpito durissimo soprattutto in Lombardia, travolgendo quasi la giunta (fuori Gallera, dentro Moratti) di pari passo con la crisi economica e il fumus giudiziario – ma l’inverno che in arrivo, con la crisi energetica che porterà freddo nelle case e crisi nelle aziende, rischia di essere il redde rationem finale.

Perché a marzo i lombardi sceglieranno, e l’attuale maggioranza non potrà nascondere una serie di criticità che – sanità a parte – hanno tolto parecchio smalto alla ex regione innovativa e locomotiva d’Italia. Si può partire dalle infrastrutture, che hanno sempre contrassegnato lo sviluppo della regione, “ma l’impressione che trasmette il programma delle infrastrutture portato avanti da Regione Lombardia è privo di scelte strategiche”, oppone Giorgio Goggi, già assessore ai Trasporti della giunta Albertini e professore al Politecnico di Milano. Un  punto di partenza oggettivo per inquadrare la situazione è il “Libro Bianco sulle priorità infrastrutturali della Lombardia”, elaborato da Uniontrasporti (società consortile in house di Unioncamere e delle Camere di commercio), che avanza proposte e priorità, tra le quali il potenziamento della rete ferroviaria verso Gallarate, Cremona, Pavia: una sorta di triangolo delle Bermuda del trasporto lombardo. 

Ci sono però tante zone d’ombra nel sistema infrastrutturale lombardo. La più grave è il ritardo nel sistema ferroviario. “Hanno scelto di privilegiare l’alta velocità perché più remunerativa, trascurando il trasporto regionale e oggi ne paghiamo il prezzo. In Francia hanno fatto esattamente l’opposto, anche per spostare su ferro una parte consistente della mobilità dei grandi centri urbani. Da noi gran parte dei tracciati ferroviari è ancora a binario unico”. E a pagarne il prezzo sono i pendolari. Certo le responsabilità non sono solo della Regione, anche le Ferrovie dello stato hanno scelto di penalizzare il trasporto locale. “Ma la cancellazione del secondo passante ferroviario di Milano (con responsabilità della giunta Pisapia, ndr) ha penalizzato il trasporto su ferro e alimentato di fatto il traffico automobilistico – insiste Goggi – E pensare che il passante attuale (gestito da Trenord) porta 320 mila passeggeri al giorno, col secondo passante si potrebbe arrivare a 500 mila: tutto a favore dei pendolari”. Nodi irrisolti: chissà se l’attuale maggioranza ne parlerà, o lascerà il compito all’opposizione. I fiori all’occhiello delle infrastrutture lombarde sono invece l’aeroporto di Malpensa (gestito da Sea, guidata da Armando Brunini, dove pesano le quote del Comune di Milano) e la Brebemi (oggi controllata dal gruppo Aleatica nelle mani del fondo australiano IFM), mentre la Regione rilancia l’idea dello sviluppo dell’aeroporto di Montichiari, che però secondo molti esperti avrebbe senso solo come scalo cargo.

Su gomma, invece, il buco nero resta la Pedemontana lombarda. Malpensa ha superato ampiamente la fase difficile della pandemia attestandosi, nel mese di agosto, a 2.392.593 passeggeri e a settembre, con Linate ha superato i 3 milioni: un record se si tiene conto che l’hub varesino deve fare a meno di una compagnia di bandiera. Altro record è garantito dal cargo, con 56.400 tonnellate di merci sempre a settembre. La Brebemi, (62 km) è stata la prima autostrada italiana realizzata in project financing e ha sempre guardato al futuro sotto il profilo finanziario, tecnologico e gestionale. Già dal 2019 è dotata di stazioni di ricarica per carburante Gnl e ora ha avviato un nuovo importante progetto denominato Arena del Futuro che con partner come il Politecnico e grandi realtà industriali per l’innovativa tecnologia DWPT (Dynamic Wireless Power Transfer): l’induzione dinamica per la ricarica dei veicoli elettrici in movimento. Questo progetto consentirà di realizzare una delle prime autostrade a economia circolare dotata di un’infrastruttura alimentata con energia elettrica prodotta da un sistema fotovoltaico posto lungo l’autostrada.

Il problema ancora irrisolto è la Pedemontana: “Va ultimata, anche se il tracciato è stato eccessivamente ‘abbassato’, per intercettare il traffico della statale 342, la Briantea”, dice il professor Goggi. Va ricordato che i primi tracciati dell’opera risalgono agli anni ’60 del secolo scorso e data 14 novembre 1986 la nascita della società Autostrada Pedemontana Lombarda spa, costituita d Società Autostrade e  Serravalle. Oggi anche Uniontrasporti ne chiede a gran voce il completamento. Ma negli ultimi anni le scelte della Regione non sono state risolutive, anche perché molto impegno è stato assorbito dalla questione delle fusioni tra aziende trasportistiche regionali e autostrade. Ma c’è un altro buco nero, oltre a Pedemontana, ed è la Paullese. Un budello stradale che unisce Milano al lodigiano e al cremonese, destinata a diventare una superstrada. Una parte del tracciato è di competenza della Città metropolitana di Milano, che – completando gli ultimi 9 chilometri – ne garantisce il raddoppio entro il 2023. Ma la Paullese è lunga e attraversa province diverse, per lo più a corto di risorse. Toccherà alla Regione metterci mano, e una data certa per il suo completamento ovviamente non c’è.

Il gran tormentone per le infrastrutture lombarde è legato a doppio filo alla logistica: che, transizione green imponendo, sarà il vero banco di prova dei prossimi anni. “Non si capisce che intenzioni ci sono attorno allo scalo di smistamento ferroviario, anche perché è sempre più vicina l’apertura della galleria del Gottardo. Bisogna capire qual è la strategia nel settore delle merci perché a oggi manca una vera prospettiva. In Lombardia è sempre stata trascurata, anche perché non si è voluto realizzare un centro di interscambio, col risultato che ogni azienda privata, attorno a Milano, è costretta a costruire il proprio sistema”, spiega Goggi che lancia un ultimo appello: “Col comitato scientifico dell’Aci stiamo ultimando un’analisi delle infrastrutture per le Olimpiadi invernali. E c’è allarme perché molte di queste opere rischiano di non essere pronte per il 2026”.

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