Foto: Ansa/Riccardo Antimiani

Gran Milano

Le conseguenze lombarde dell'esplosione grillina. Resteranno solo 4 o 5 posti

Fabio Massa

Il taglio dei parlamentari nella nuova legislatura fara saltare, in base ai sondaggi attuali, circa 80 pentastellati tra Camera e Senato. La strategia di Conte per i (pochi) seggi lombardi

Si usa il pallottoliere, dalle parti del Movimento cinque stelle. E pure le pallottole, politicamente parlando. Come quella che Vito Crimi si è preso in pieno petto per provare a levare un problema a Giuseppe Conte. Una figuraccia di proporzioni talmente epiche, talmente comiche, che alle latitudini milanesi la interpretano come una manovra politica (seppure del cabotaggio che solo nel M5s può funzionare. E funzionerà). Crimi ha detto di essersi dimenticato di dire a Conte del regolamento che lo salvava: roba da ridere. Eppure andando a incrociare pallottoliere e pallottola, forse un pattern si riesce a trovare.

Secondo i calcoli, tra Camera e Senato dovrebbero scattare, dopo la riduzione di un terzo dei parlamentari e dopo il crollo previsto per il M5s, in base ai sondaggi attuali, circa 80 seggi. Di questi in Lombardia ce ne sarebbero tra i 2 e i 4. Il nulla. Ma è difficile che uno di questi, grazie al sacrificio umano del Crimi, non vada proprio al Crimi, una volta tornato in sella Giuseppe Conte. Una nomina che farebbe infuriare il territorio, visto che Crimi è stato visto come assai distante dalla base in cui è stato eletto e spesso pure in contrapposizione: ma fino ad oggi questo non era servito a molto per frenare l’attivismo dietro le quinte del senatore palermitano naturalizzato bresciano.

E gli altri due, tre posti? Manlio Di Stefano, un tempo contiano di ferro, si è schierato con Luigi Di Maio. Che cosa farà Conte? Troverà una quadra con il ministro degli Esteri? E se sì, userà il Cencelli anche in Lombardia? Probabile, e allora lo scaltro Manlio sarà accontentato. Il terzo e il quarto posto sono più difficilmente individuabili. Potrebbe esserci un esponente di Di Battista, che Conte vede in questi giorni come una risorsa con la quale fare asse in funzione anti Di Maio, oppure potrebbe esserci qualcuno che ha già avuto un’esperienza di governo e che sta fuori dalla mischia delle correnti, come Stefano Buffagni.

E poi, altra variabile, c’è la partita delle deroghe. Sono tutti al secondo mandato e Conte non vuole abolire il divieto: serve a “calmierare” gli appetiti di un gruppo che solo alla Camera ha 227 poltrone. Potrebbe però individuare criteri, come quello che i due mandati devono essere nello stesso ente (due volte in Parlamento oppure due volte in Regione, ma non in Regione e Parlamento).

Poi c’è la questione della Regione, e qui il pallottoliere dice altro. Secondo le rilevazioni del gruppo pentastellato le percentuali potrebbero aggirarsi sul 7 per cento, il che vorrebbe dire un gruppo consiliare di 5 persone. Ovviamente il punto è con quale coalizione correre, e sotto quale candidato. Il Pd per un po’ ha spinto Emilio Del Bono, sindaco di Brescia. Ora però pare un po’ in flessione e riprende fiato l’ipotesi Carlo Cottarelli, che pure ha fatto infuriare i sindaci di mezza Lombardia con il suo tweet sullo spegnimento delle luci. Si racconta di telefonate iraconde e di messaggini mandati a Enrico Letta, ma potrebbe essere leggenda. I 5 Stelle continuano a ripetere che a un uomo con la tessera Dem non si può aderire, ma Cottarelli – assai sponsorizzato dall’europarlamentare Pierfrancesco Majorino - non ce l’ha.

Tuttavia buona parte della partita la si fa in osservazione: che cosa fa il centrodestra? E visto che la risposta si sta facendo attendere – malgrado qualche insistenza di Matteo Salvini per far sbottonare Attilio Fontana sulla sua ricandidatura – anche sull’altra sponda del fiume per adesso ci sono tanti conciliaboli e pochi fatti.
 

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