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Trincea regionale. Aria di elezioni in Lombardia

Fabio Massa

Sono già partite le grandi manovre. Salvini e Letta in città per cercare il candidato

C’è già aria di prossime elezioni. Il Quirinale? No, quelle in Lombardia. Già lo si vede in questi giorni sotto la Madonnina. Ma la matassa è assai ingarbugliata e la figuraccia di Milano brucia ancora la pelle del centrodestra, mentre il centrosinistra galvanizzato è sicuro di farcela. Ma le cose sono più complicate.

 

Il rebus del centrodestra

Matteo Salvini nei giorni scorsi è arrivato al Pirellone per una serie di riunioni. L’oggetto è ovviamente il candidato presidente. I nomi che si fanno sono sempre gli stessi: Massimo Garavaglia, Giancarlo Giorgetti, Letizia Moratti. E poi c’è Attilio Fontana, che alcuni dicono potrebbe ragionare su un secondo giro. Difficile dire se lo fa per tenere calme le acque e condurre in porto la nave della legislatura più travagliata di tutte oppure se davvero vuole cimentarsi con la nuova sfida. C’è da dire che Salvini ha detto ai suoi che vuole individuare il nome già entro dicembre. Pare avere buone intenzioni, anche se l’ultima volta, a Milano, non è stato così semplice: doveva avere il nome nell’ultimo Natale prima del Covid, il 2019, e invece fino all’estate 2021 il candidato non c’era ancora. E poi s’è visto.

Mentre Salvini ragiona di nomi e prossime elezioni, c’è chi sta facendo di conto e fa quello che una volta i partiti seri svolgevano diligentemente e organicamente: l’analisi del voto. Dalla quale si scopre, ad esempio, che il voto di opinione in una città come Milano è stato bassissimo, e dunque che i leader (leggasi Salvini e Meloni) sono stati assai meno decisivi dei singoli candidati. Poi c’è un’altra considerazione: nel centro moderato si addensa tra il 15 e il 18 percento delle preferenze. Una percentuale non da poco, se solo ci fosse l’offerta politica. Il problema è che attualmente il centro moderato è disorientato. Ci sono capibastone (Fabrizio Sala e Giulio Gallera, per dirne due) che hanno pacchetti di voti rilevanti – basti pensare che l’ex assessore al Welfare ha eletto benissimo il suo pupillo Alessandro De Chirico a Milano – ma in un partito, Forza Italia, che vive tutte le sue contraddizioni finali.

Fino a prima delle amministrative si poteva ipotizzare addirittura un doppio salto carpiato in Fratelli d’Italia, ma la vicenda del fascismo ha bloccato tutti. L’europeismo che sembrava aver pervaso la Lega poteva essere il predellino verso il Carroccio, invece l’ultima lite tra Giorgetti e Salvini chez Bruno Vespa e la passeggiatina con Bolsonaro segnalano una recrudescenza di sovranismo indigesta per i moderati riformisti, forzisti e non solo. Che fare, dunque? Non si sa. A dirla lucidamente è uno come Raffaele Cattaneo, moderato da sempre: “Una volta pareva sparito l’elettorato. Ora che l’elettorato ha la sensibilità giusta manca la giusta offerta politica”. Riassunto perfetto e impietoso.

 

Il rebus del centrosinistra

Domani Enrico Letta sarà a Milano per una serie di incontri. Di fatto per dire una cosa al partito milanese e lombardo: sulla Regione deciderò io il candidato. Perché la Lombardia è una partita nazionale, mai come ora importante. È il luogo dove il Pd vuole attaccare la Lega, usando la pandemia. È il luogo dove il Pd non è mai riuscito a vincere (“Nord terra ostile”, copyright Marco Alfieri). È il luogo che ha un sesto degli abitanti e un quarto del Pil. C’è poi anche una concomitanza temporale: le prossime regionali arrivano insieme alle politiche. Occorre una strategia unitaria.

Per questo Letta vuole avocare a sé la scelta del nome giusto, che deve avere una serie di caratteristiche. Una fra tutte: deve essere in grado di raggiungere una piena conoscibilità tra gli elettori in brevissimo tempo o perché già di fama o perché di grande empatia. Secondo un calcolo elaborato anni fa dai tecnici dem, per ogni punto di conoscibilità occorre un milione di spesa in comunicazione. Dunque, partire con un divario troppo marcato vale una sconfitta. Certo, ci fosse Beppe Sala sarebbe tutto più semplice, ma per adesso il sindaco non ha in agenda la questione. Potrebbe esserci il collega di Brescia Emilio Del Bono. E potrebbe esserci Giuliano Pisapia, ma solo a fronte di preghiere corali e ripetute. Letta potrebbe essere tentato da una figura civica, un Papa straniero. È presto, ma la visita di Letta ha un significato semplice: la rumba è cominciata, ognuno si scelga il suo cavaliere.