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GranMilano

Geopolitica della destra anti sovranista. Non solo Gelmini

Daniele Bonecchi

Dopo anni di voce grossa salviniana, si riorganizzano le truppe moderate. Partito degli amministratori e conti in FI

Il sisma, non proprio inatteso ma comunque violento, ha scaricato la sua onda lunga verso nord, sulla direttrice Brescia-Milano. E la sorpresa (o la soddisfazione) è stata grande. Lei, Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le autonomie – ora molto vicina al premier Mario Draghi – eletta alla Camera nel collegio di Desenzano de Garda, ha sempre condiviso le scelte di Silvio Berlusconi e non ha mai ceduto a tentazioni correntizie.

 

Lontana dalla cultura populista di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, cattolica non rosarista ed europeista, dopo il colpo di mano che ha portato alla guida del gruppo di FI alla Camera Paolo Barelli, ignoto alla politica ma indicato da Antonio Tajani, col placet di Licia Ronzulli, ha capito che i tempi erano maturi. Con Mara Carfagna e Renato Brunetta ha sollecitato quel “chiarimento politico” dagli sbocchi imprevedibili, viste le scadenze prossime (il Quirinale), che farà tappa al desco di Berlusconi (presente Salvini) proprio oggi. Ma che è stato interpretato come una chiamata alle armi dei moderati di Forza Italia e oltre. Il sisma, preceduto dallo tsunami del voto amministrativo che ha falciato i candidati di Salvini, ha messo in movimento tutte le truppe centriste, stanche di subire lo strapotere del Capitano. E pensare che a pochi giorni dal voto amministrativo il presidente del Consiglio regionale, il forzista Alessandro Fermi, e il fido consigliere Mauro Piazza (già FI), avevano deciso (su input, o aut-aut, di Salvini) di passare al gruppo della Lega, senza che la responsabile dei rapporti con gli alleati, Licia Ronzulli, facesse un fiato. Sono passate poche settimane ma sembrano anni luce. Ora, dopo che la Lega ha perso la metà dei consensi attesi a livello nazionale (e delle poltrone), sono molti gli amministratori, grandi e piccoli, che si scoprono interessati a un’alternativa moderata.

In Lombardia Alessandro Mattinzoli, pure lui di Desenzano, imprenditore nel settore turistico, già sindaco di Sirmione e vice presidente della Provincia di Brescia, oggi assessore regionale alla Casa, amministratore di riferimento della Gelmini, sta lavorando a un progetto di risanamento delle case popolari col sindaco Beppe Sala. In Consiglio regionale, dopo le fughe per ora restano una manciata di consiglieri. Il più quotato è Giulio Gallera, ex assessore al Welfare - già molto vicino al senatore Paolo Romani, uno dei fondatori con Giovanni Toti di Cambiamo - travolto dal flop della prima ora pandemica. È di origini liberal e difficilmente si accoderà al fronte sovranista.

In consiglio comunale di Milano, dei tre neo eletti di FI, Marco Bestetti è molto vicino alla Gelmini e Alessandro De Chirico è in quota Gallera, mentre per Gianluca Comazzi (che è anche capogruppo al Pirellone) si è spesa Licia Ronzulli.

La realtà più dinamica e meno conosciuta sembra essere quella della provincia lombarda, dove le liste civiche spesso nascono da una netta opposizione alle posizioni salviniane. Caso esemplare Corbetta, poco meno di 20 mila abitanti vicino a Magenta. Marco Ballarini, civico e moderato, dopo essere stato messo in un angolo la Lega ed essere stato “congelato” da Forza Italia, ha vinto la riconferma a mani basse contro tutti. E come lui sono decine i consiglieri e gli amministratori locali e che non vogliono sentir parlare di svolte a destra e anti europeiste. Anche nella Lega le truppe che si richiamano al tradizionale federalismo – assai tiepide verso il partito “nazionale” – si sono ritirate nella ridotta della grande provincia lombarda ma provano ora a rialzare la testa. È il caso, tra i tanti, di Carlo Alberto Malatesta, avvocato assai vicino a Gianni Fava, rieletto sindaco a Marcaria, nel mantovano, col 70 per cento dei consensi.

Massimiliano Salini, eurodeputato, nominato da Berlusconi coordinatore lombardo di FI, non ha una grande opinione del sovranismo: “C’è chi si dedica di più ad inseguire il consenso e c’è chi molto meno”. Il sovranismo “è una forma di narrazione politica disintermediata, che delega molto ai social la proposta politica. Ha un respiro molto corto. E infatti in Europa non tocca palla, politicamente conta poco o niente. È una forma di narrazione politica che non incide sulle scelte del paese”. Sulla collocazione futura del partito, Salini, che sceglie il bipolarismo, è lapidario: “Il centrodestra senza Forza Italia non esiste mentre il centrosinistra senza Forza Italia esiste benissimo e Forza Italia, per sua natura, non ha nessun’atra possibilità se non stare nel centrodestra, avendolo generato e generandolo tutt’oggi”. “E quando non è Forza Italia a guidare il centrodestra i risultati si vedono, se posso fare una battuta. La nostra guida è in grado di produrre contenuti e personale politico all’altezza della sfida di governo, a tutti i livelli”, conclude Salini.

Paradossalmente il fronte antisovranista lombardo non sarebbe completo se mancassero gli esponenti della Lega di governo, dove Giancarlo Giorgetti - nonostante la scoppola di Varese dove il suo candidato Matteo Bianchi ha ceduto al sindaco uscente Pd Davide Galimberti - ha un ruolo trainante. E nei giorni scorsi s’è accesa una nuova speranza per i federalisti del Carroccio delle origini: il ritorno di Maroni al Viminale, incaricato dal ministro degli Interni Luciana Lamorgese di occuparsi della piaga del caporalato. In Regione cresce il nervosismo, anche in vista della scadenza elettorale al Pirellone. L’arrivo di Letizia Moratti, nonostante la realtà (e un po’ di narrazione) che ad imporre il suo nome sia stato proprio Salvini, ha scosso in profondità le truppe che si sono sentite scavalcare. Accanto a Moratti si è fatto notare l’assessore alle Attività produttive Guido Guidesi, molto vicino a Giancarlo Giorgetti, che ha preso in mano i dossier più importanti. Sullo sfondo c’è la madre di tutte le battaglie, il Quirinale. E la settantina tra parlamentari e senatori vicini a Gelmini-Carfagna-Brunetta (dove la lombarda Giusi Versace sta assumendo un ruolo impegnativo), potrebbe risultare decisiva.

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