il segnale al centrodestra

Il flop della Lega a Varese è un colpo anche per Giorgetti & co.

Fabio Massa

Gli elettori sono disorientati e non vanno a votare, nemmeno nella terra del Carroccio governista. Nella corsa per le prossime regionali qualcosa sta cominciando a cambiare (ma occhio a cantare vittoria troppo presto). Appunti dal capoluogo lombardo

È come una zavorra. Una macina legata al collo, che tira giù. Anche laddove la Lega potrebbe vincere. E dovrebbe, visto che è casa sua. Contrappesi e galleggianti che hanno un saldo negativo: e così Varese è perduta e vince per la seconda volta Davide Galimberti. Varese, città culla della Lega, molto più della Milano del milanese Matteo Salvini. Patria di Giancarlo Giorgetti, Roberto Maroni, Attilio Fontana. Sede centrale del Carroccio governista, concreto, dove l’attuale governatore è stato sindaco per dieci anni, apprezzatissimo anche a sinistra durante la sua presidenza di Anci nella quale tirava bordate a certe intemerate centraliste del 2014 con la Lega in maggioranza. Matteo Bianchi, uomo di partito, non ce l’ha fatta. I dati parlano chiaro: il sindaco uscente Davide Galimberti ha prevalso in una terra difficile, e ha vinto bene, benissimo, in un territorio che Marco Alfieri, molti anni fa, definiva “terra ostile”. Lo è ancora, per la sinistra, terra ostile, ma i numeri hanno una loro fredda oggettività: 53,7 per cento contro il 46,22 per cento. Lettura semplicistica, dunque: Galimberti vince, Bianchi perde. Lettura semplicistica: perdono sia Giorgetti che Salvini. 


In effetti la vicenda è più complessa, e qualche spunto anche nazionale viene fuori, al netto delle beghe cittadine, che contano comunque tantissimo nella scelta del borgomastro.

 

Primo: la Lega di Varese è concepita comunque come governativa in un contesto di populismo nazionalista. Però i suoi elettori sono disorientati – e non poco. L’affluenza, come è stato per il primo turno a Milano e in tutta Italia, è letteralmente crollata: 47,36 per cento. Cinque anni fa votò il 50,24 degli aventi diritto. A non votare sono andati gli elettori di centrodestra. Proprio come fecero cinque anni fa, con il patron di Tigros Paolo Orrigoni che era avanti rispetto a Davide Galimberti di 5,6 punti (47,1 vs 41,9), ma poi vinse quest’ultimo diventando il primo sindaco di centrosinistra da metà anni ’90.

 

Secondo aspetto. Il candidato Matteo Bianchi, politico doc, fa molto meglio dell’altro civico che è stato candidato da Matteo Salvini in Lombardia, ovvero Luca Bernardo. Il medico non è arrivato al secondo turno, prendendo un distacco pazzesco dopo una campagna che neppure Mandrake avrebbe vinto, per povertà di mezzi e disomogeneità di intenti. Appuntarsi: a volte i politici sono meglio dei civici.

 

La terza indicazione riguarda la Regione. Se avessero detto, nel luglio 2020, con Attilio Fontana sotto il fuoco continuo dei giornali, con l’attacco frontale su Regione Lombardia, che nella sua città si sarebbe andati al ballottaggio per scegliere tra il candidato leghista e il sindaco uscente, chiunque avrebbe reagito con incredulità. Invece è proprio così, ed è un segnale che la sinistra deve cogliere se vuole provare a conquistare Palazzo Lombardia: l’aria è cambiata. La campagna vaccinale è andata molto molto bene, con quasi il 90 per cento di vaccinati con prima e seconda dose. Anche le questioni giudiziarie iniziano ad andare a chiarimento. Certo, arriverà la richiesta di rinvio a giudizio per i camici, però intanto sul Pio Albergo Trivulzio i pm hanno chiesto l’archiviazione e pure sulla mancata zona rossa di Alzano e Nembro si procede a scagionare la Lombardia, facendo emergere le gravi colpe del governo Conte (a proposito: nel giorno dell’archiviazione del Trivulzio arriva l’indagine su Arcuri). Il 5 luglio l’indagine del Sole 24 Ore sui governatori vedeva un incremento di popolarità di Fontana del 2,7 per cento.

 

Insomma, le vicende regionali non sono più una macina legata al collo che porta a fondo. E allora, perché a Varese la Lega ha perso, considerato Giorgetti, considerato Fontana, considerato Maroni? “Chiedetelo a Matteo Salvini – spiega il dem Alessandro Alfieri intervistato dal Foglio – E’ venuto qui convinto di poter tirare una spallata, e invece gli è andata male, ancora una volta”. Rincara un altro dem Daniele Marantelli: “Si tratta di una sconfitta della Lega nel suo insieme, ma che è stata accentuata dalla insistita presenza da parte di Salvini e quindi il suo è stato un tentativo più goffo che scoperto di strumentalizzare il voto”. Chiude il leghista Emanuele Monti: “Abbiamo perso per 2.000 voti. Se pensano di colmare il divario regionale di 20 punti con i duemila voti di differenza di Varese...”.