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La decisione
Strage di Viareggio: confermata la condanna a cinque anni per Mauro Moretti
La Corte d'appello di Firenze non accoglie la riduzione della pena per l'ex amministratore delegato di Rfi e Fs per i fatti del disastro ferroviario del 29 giugno 2009. La difesa: “Faremo ricorso”
La Corte d'appello di Firenze ha confermato la condanna a cinque anni per Mauro Moretti – ex ad di Rfi e Fs – nell'ambito del cosiddetto processo ter relativo alla strage ferroviaria di Viareggio. Nessuna ridefinizione della pena, dunque, da parte della Corte presieduta dal giudice Alessandro Nencini, chiamata a quantificare le condanne limitatamente all'entità della riduzione di pena inflitta per le circostanze attenuanti generiche. “Siamo amareggiati e delusi. La Corte ha perso un'occasione anche per ristabilire un certo equilibrio– ha commentato il difensore di Moretti, presente in aula – Faremo ricorso in Cassazione”.
Il procedimento nasce dall'ordine della Corte di Cassazione del gennaio 2024 che, pur confermando la responsabilità penale dei 12 imputati, ha disposto un nuovo appello davanti ai giudici di Firenze per ridefinire la quantificazione delle pene. In quella stessa sede, a Moretti, ex amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana e Ferrovie dello Stato, era stata comminata una pena di cinque anni.
Il nodo principale riguarda la corretta applicazione delle attenuanti generiche, che nella sentenza di secondo grado erano state riconosciute nella misura di un nono. I legali degli imputati hanno chiesto invece l'applicazione massima, pari a un terzo della pena, puntando sulla necessità di tener conto della personalità degli imputati, della loro condotta processuale e del contesto più ampio. Le strategie difensive hanno sottolineato come tale riduzione rappresenti la norma in casi analoghi e ne hanno richiesto l'applicazione per garantire un equo bilanciamento delle responsabilità.
Nel corso dell'udienza precedente, il 18 marzo, il sostituto procuratore generale Salvatore Giannino ha ribadito con fermezza la richiesta di confermare le pene già stabilite nel secondo grado di giudizio. Sostenendo, inoltre, il fatto che in tutti i gradi del processo, gli imputati abbiano tentato di minimizzare o distorcere la realtà dei fatti, costruendo “uno schermo processuale” per alleggerire le proprie responsabilità.
L'incidente di Viareggio
Ogni imputato è stato ritenuto coinvolto a vario titolo nella catena di responsabilità che ha portato al disastro ferroviario del 29 giugno 2009, causato dallo svio di un treno merci delle Ferrovie dello stato carico di gpl, che ha provocato un'esplosione e un incendio devastanti nell'area della stazione ferroviaria di Viareggio. In tutto, sono morte 32 persone, mentre i feriti sono stati più di 100. L'incidente è stato causato dalla rottura di un assile di un carro che non aveva avuto una corretta manutenzione da parte dell’officina tedesca Jungenthal, perché il vagone era immatricolato in Germania dalla Deutsche Bahn.
Il 31 gennaio 2017, 33 imputati – tutti amministratori e dirigenti delle società coinvolte (italiane e straniere)– sono stati condannati dal tribunale di Lucca per incendio, disastro ferroviario, omicidio e lesioni colpose. È stata esclusa invece la responsabilità di Moretti, amministratore delegato della società capogruppo, per il quale la procura generale aveva chiesto quindici anni, quasi il doppio di quelli comminati ai condannati.
Nel 2019 la Corte d’appello di Firenze, accogliendo il ricorso del pubblico ministero, ha ribaltato la sentenza di primo grado e condannando anche Moretti in quanto considerato amministratore di fatto a tutti i livelli. Di conseguenza, stando a questa tesi, avrebbe dovuto adottare ogni cautela necessaria a impedire l’incidente. Due anni dopo, la Corte di Cassazione ha dichiarato prescritto per tutti gli imputati il reato di omicidio colposo, confermando per alcuni il disastro colposo, e annullando la sentenza per altri. Moretti però ha scelto di rinunciare alla prescrizione per fare ricorso. A questo punto i giudici della Corte suprema hanno confermato la condanna di Moretti per violazione dell’obbligo di “tracciabilità”, ma dalla “condotta omissiva” viene imputata all’ad una “condotta commissiva” (quindi attiva) per aver “imposto a livello di gruppo l’inosservanza della regola cautelare per una precisa scelta aziendale”: risparmiare. Più precisamente, Moretti avrebbe diramato una direttiva implicita o esplicita che ha indotto indotto a trascurare la manutenzione, rendendolo – secondo i giudici – responsabile di “esercizio colposo dei poteri di direzione e coordinamento”.