Processo Morandi, il giudice bacchetta la procura per i metodi inquisitori

Ermes Antonucci

Il presidente del collegio, Paolo Lepri, replica al pm Walter Cotugno, che aveva auspicato un'accelerazione delle udienze per il rischio di prescrizione di alcuni reati: "Proclama offensivo visti gli sforzi del tribunale. Le sentenze non si fanno senza processo"

Tensione altissima al processo sul crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43 vittime), in corso al tribunale di Genova nei confronti di 58 imputati. Tra lunedì e martedì si è infatti assistito a un durissimo botta e risposta tra la pubblica accusa e il collegio giudicante. Durante l’udienza di lunedì, uno dei pubblici ministeri, Walter Cotugno, ha agitato lo spauracchio della prescrizione per alcuni reati più gravi: “Tenuto conto dei ritmi tenuti finora, e del numero di testi ancora da sentire, oltre che delle sospensioni previste dalla legge, possiamo prevedere il dicembre 2025 come periodo per la conclusione delle udienze. Poche settimane dopo scatterà la prescrizione su alcuni dei reati più gravi”, ha detto.

 

L’allarme è subito stato ripreso con enfasi da alcuni organi di informazione, anche se la previsione si basa su una serie di “proiezioni” elaborate dallo stesso pm, che vorrebbe un’accelerazione del dibattimento: “Dal 2 maggio noi avremo concluso una tranche importante di persone da esaminare, ma a quel punto si porrà il problema di come proseguire. Considerata infatti una media di due testi a udienza, restano almeno 250 giornate di processo. E ricordando che il dibattimento viene sospeso, come tutti gli altri, in periodi predefiniti, si rischia di chiudere fra più di due anni e mezzo”.

 

In un primo momento, il presidente del collegio giudicante, Paolo Lepri, aveva deciso di replicare con poche battute, spiegando che ai primi di maggio in tribunale si farà un punto della situazione per capire come impostare le udienze dei prossimi mesi, e aggiungendo che la previsione del pm potrebbe essere pessimistica.

 

Passata la nottata, però, il giudice Lepri ha deciso di rispondere alle parole del pm con maggiore fermezza. Così martedì, in apertura dell’udienza, il presidente del collegio si è rivolto a Cotugno pronunciando parole durissime: “Quello che ha detto ieri, il suo ‘proclama’, è particolarmente offensivo nei confronti del collegio ma anche di tutto il tribunale, che per celebrare questo dibattimento ha azzerato i giudici monocratici”. “Se ci sono 43 morti e molti feriti che aspettano una risposta, qualsiasi essa sia – ha aggiunto Lepri – magari bisognava effettuare scelte processuali diverse e non contestare per esempio un milione di falsi. Se poi in quest’aula c’è qualcuno che ritiene che le sentenze si facciano senza processo sbaglia”.

 

Una reprimenda pesantissima, attraverso cui Lepri è sembrato voler richiamare la pubblica accusa al rispetto dei principi basilari dello stato di diritto. D’altronde, non è la prima volta che i pubblici ministeri genovesi si mostrano poco sensibili ai diritti di difesa degli imputati coinvolti nel processo sul crollo del ponte Morandi (tra questi l’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci). All’udienza del 27 febbraio, sempre il pm Walter Cotugno si era rivolto ai legali di alcuni imputati, che avevano sollevato eccezioni sull’utilizzabilità di un verbale, dicendo: “Inutile abbaiare ancora”. Il presidente del collegio Paolo Lepri aveva invitato il magistrato a moderare i toni ma uno degli avvocati andò via dall’aula chiedendo “pubbliche scuse”, costringendo il giudice a sospendere l’udienza. Al rientro in aula il giudice disse: “Auspico sia stata l’ultima caduta di stile del pubblico ministero”. Visto quanto accaduto lunedì, evidentemente l’auspicio del giudice non è stato accolto.

 

Un altro passo falso dell’accusa si era registrato prima di Natale, quando i pubblici ministeri avevano deciso di depositare una maxi memoria di oltre duemila pagine, contenente la narrazione dei fatti, i presunti elementi di prova, gli atti e le dichiarazioni emerse nel corso delle indagini sul crollo del ponte Morandi. Una sorta di anticipazione della requisitoria finale. Alcuni contenuti della memoria finirono sui giornali ancor prima che le difese degli imputati disponessero del testo, andando così ad alimentare il clima di gogna mediatico-giudiziaria che avvolge il processo.

 

Basti pensare a cosa è avvenuto lo scorso 23 gennaio, quando il principale imputato, Giovanni Castellucci, ha deciso di presentarsi in aula a Genova, per seguire il processo a suo carico. La sua presenza è stata definita “difficoltosa da accettare” dalla portavoce del Comitato parenti vittime del ponte, anche perché “la verità si può accertare anche senza di lui”.