Alessandro Profumo e Fabrizio Viola (LaPresse) 

giustizia è fatta

Assolti Profumo e Viola, lezioni dal passato e  nuovo futuro per Mps 

Mariarosaria Marchesano

Gli ex vertici della banca erano imputati per irregolarità nelle operazioni Alexandria e Santorini. Il verdetto di oggi, insieme a un bilancio ormai risanato e alla solidità patrimoniale, apre la strada a nuove chanche per il futuro del Monte dei paschi
 

Ci sono vari modi per considerare la notizia dell’assoluzione degli ex vertici di Mps, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, nel processo davanti alla Corte d’appello di Milano che li vedeva imputati per irregolarità nelle operazioni Alexandria e Santorini. La prima è che giustizia è stata fatta, visto che non avrebbe avuto alcun senso la condanna dei due manager che furono chiamati per risanare Montepaschi quando il mese scorso sono stati assolti da ogni accusa l’ex presidente, Giuseppe Mussari, l’ex direttore generale, Antonio Vigni, e tutti gli altri imputati nell’ambito del processo “madre” sul caso dell’istituto senese. Si tratta di tutti i manager che erano stati alla guida di Rocca Salimbeni negli anni (2006-2012)  in cui ha avuto origine e si è sviluppato il più grande crac della storia bancaria italiana, costato decine di miliardi di euro alle casse dello stato dalla crisi alla nazionalizzazione avvenuta nel 2017 e anche successivamente. 

 

“Sono emozionato, dopo otto anni di sofferenza – ha detto Profumo dopo la lettura della sentenza alla corte d’appello di Milano –. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia e sono anche molto contento per la banca perché si chiude questa triste vicenda”. Parole di sollievo comprensibili per chi è rimasto invischiato in una complicatissima vicenda di rappresentazione contabile di operazioni di finanza strutturata, appunto i derivati Santorini e Alexandria, escogitati in realtà, secondo l’ipotesi dell’accusa, dalla vecchia gestione, con l’aiuto delle banche d’affari Nomura e Deutsche Bank, per nascondere la voragine nei conti che si era venuta a creare con l’acquisto di Antonveneta nel 2007.

Giustizia è fatta tranne che per David Rossi, l’ex capo della comunicazione di Mps, morto in circostanze che tutt’oggi appaiono misteriose il 6 marzo 2013 proprio quando le presunte irregolarità cominciavano a venire alla luce insieme con una situazione finanziaria disastrosa. Ma se è sempre stato gestito tutto in modo corretto perché Rossi è morto? Che cosa lo avrebbe spinto al suicidio? Sulla passata gestione di Montepaschi per ben due volte la Cassazione ha stabilito che non sono stati commessi reati. Così, la morte di Rossi resta un mistero. 

Intanto, sarà importante leggere le motivazioni dei giudici per stabilire che tipo di impatto questa sentenza avrà sul futuro della banca. E questo è il secondo modo per considerare la vicenda ed è di tipo prospettico. La fine del processo giudiziario capita in un momento particolarmente propizio per il governo Meloni, che di recente ha collocato il 25 per cento presso un gruppo di investitori istituzionali incassando oltre 900 milioni di euro. Un piccolo passo sulla strada riduzione del debito pubblico, un grande passo  sulla strada della privatizzazione del Monte, impegno preso dall’Italia con l’Europa salvo tentazioni “terzopoliste” del Mef, che possiede ancora il 39 per cento. 

Oggi  il titolo ha guadagnato un altro 3 per cento portando il rialzo degli ultimi sei mesi a superare il 50 per cento. Secondo quanto aveva calcolato nei giorni scorsi l’ufficio studi di Mediobanca, con un verdetto favorevole ci si può aspettare non solo il rilascio di 200 milioni su 800 milioni complessivi strettamente connessi al processo che si è concluso, ma anche di una parte della copertura su richieste extragiudiziali di 1,8 miliardi. E in effetti, con la sentenza sono stati dichiarati inammissibili risarcimenti di oltre 2 mila parti civili. Così alla fine, potrebbero essere diverse centinaia i milioni che si libereranno favorendo il nuovo corso di Siena. Oggi che la banca non è più il grosso guaio che è stato per anni, costringendo la politica a promuovere forzate fusioni con banche sane (Unicredit) ricevendo porte in faccia, ma ha un bilancio risanato, produce utili e si presenta (dopo gli sviluppi odierni) ancora più solida dal punto di vista patrimoniale, e con un azionariato diffuso (con il recente collocamento sono entrati 150 fondi d’investimento), il quadro delle chance per il suo futuro effettivamente si amplia. 

Il terzo (e sicuramente non meno importante) modo per considerare l’assoluzione di Profumo e Viola è che si chiude la vicenda giudiziaria ma non lo scandalo finanziario. I problemi di Mps sono cominciati con la maldestra acquisizione di Antonveneta in anni in cui la dirigenza di Mps, con ampio sostegno di ambienti vicini al Pd, coltivando l’ambizione di fare un salto di dimensione nel panorama bancario nazionale, faceva il passo più lungo della gamba affossando i conti dell’istituto. Tutto quello che è venuto dopo è stato frutto del tentativo di trovare una via d’uscita. Tutto questo succedeva nel pieno della grande crisi finanziaria globale e in un contesto di deterioramento del credito che aprì la strada anche ad altri crac bancari italiani. Montepaschi rappresentava più di altri un rischio per la stabilità finanziaria del paese. Così dopo il tentativo del Fondo Atlante, messo in campo dal governo Renzi, la banca fu salvata con soldi pubblici grazie a una ricapitalizzazione precauzionale di 8,8 miliardi. Se non ci furono irregolarità, la banca è stata quanto meno gestita male ed è una lezione da non dimenticare.

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