lo scontro

Il governo sfida le toghe: un decreto per correggere la Cassazione

Ermes Antonucci

Meloni ha annunciato un decreto legge contenente una norma d’interpretazione autentica sui reati di criminalità organizzata. Un'invasione di campo nella giurisdizione che rischia di far riesplodere le tensioni tra politica e toghe

Nell’indifferenza generale, il governo sta per sferrare uno schiaffo alla magistratura che potrebbe far riesplodere le tensioni tra politica e toghe. In apertura del Consiglio dei ministri di lunedì, infatti, la premier Meloni ha annunciato l’intenzione di adottare, d’intesa con il Guardasigilli Carlo Nordio, un decreto legge contenente una norma d’interpretazione autentica che chiarisca cosa debba intendersi per “reati di criminalità organizzata”, correggendo l’interpretazione avanzata da una recente sentenza della Corte di Cassazione. Già la sola idea che il governo voglia intervenire con un decreto per “correggere” un’interpretazione giurisprudenziale fa venire i brividi, soprattutto se si tiene a cuore il principio di separazione dei poteri.

 

La vicenda, però, è ancora più grave, perché mira a strumentalizzare una sentenza della Corte di Cassazione di un anno e mezzo fa (altro che recente) nei giorni della commemorazione della strage di Via D’Amelio, con l’obiettivo di ripulire l’immagine del governo che si ritiene macchiata anche dalle ultime polemiche sulla riforma del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, invocata da Nordio ma esclusa dalla premier Meloni (“Non è nel programma di governo”). 

 

La sentenza nel mirino del governo è la numero 34895 del 30 marzo 2022 della prima sezione penale della Cassazione e riguarda la possibilità di eseguire intercettazioni ambientali per un omicidio aggravato da finalità mafiose. I giudici hanno bocciato la lettura fornita dalla corte d’appello di Napoli (favorevole al ricorso alle intercettazioni), richiamando la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, secondo cui per integrare la nozione di delitti di “criminalità organizzata” è indispensabile “la contestazione di una fattispecie associativa, anche comune”, mentre non possono qualificarsi come delitti di criminalità organizzata quelli non associativi, anche se commessi avvalendosi di particolari condizioni proprie delle organizzazioni mafiose o per agevolare le attività di tali organizzazioni. Tradotto: i mezzi di intercettazione particolarmente invasivi previsti per contrastare i reati di associazione mafiosa non possono essere utilizzati anche per contrastare reati comuni aggravati dalle modalità mafiose

 

“Sul punto vi è una giurisprudenza consolidata, che passa attraverso tre sentenze delle Sezioni unite della Cassazione, tutte convergenti nel definire l’espressione ‘criminalità organizzata’ come una clausola che si riferisce a fatti di reato commessi da soggetti inseriti in associazioni criminali”, conferma al Foglio Vincenzo Maiello, professore ordinario di Diritto penale all’Università di Napoli Federico II e avvocato. Maiello non nasconde lo stupore per la scelta annunciata dal governo di fornire un’interpretazione autentica della questione: “Il legislatore può effettuare un intervento di interpretazione autentica soltanto quando esiste un perdurante contrasto all’interno della giurisprudenza e quando ritiene che questo contrasto abbia finito per privare di senso un enunciato normativo. Ma in questo caso non c’è nessun contrasto. Siamo di fronte a un errore interpretativo della corte d’appello, non a un contrasto giurisprudenziale tra due sezioni della Cassazione”. 

 

“Un intervento di interpretazione autentica – aggiunge Maiello – non potrebbe mai intervenire per sanare un contrasto tra un’interpretazione del giudice di merito e un’interpretazione del giudice di legittimità, perché è destinato a essere risolto dall’intervento del giudice di legittimità. Ciò che il legislatore può fare è approvare una nuova norma”. 

 

Insomma, nel caso in cui il governo intervenisse con l’“interpretazione autentica” saremmo di fronte a una palese invasione di campo da parte dell’esecutivo nell’ambito dell’attività giurisdizionale, che dovrebbe essere autonoma e indipendente. Con le toghe, stavolta comprensibilmente, pronte a mostrare il proprio dissenso, attraverso l’Anm e il Csm.