Il caso

Sulla giustizia Meloni se la prende con Nordio affinché Tajani intenda

Simone Canettieri

La premier da Palermo striglia il Guardasigilli sul caso dell'associazione mafiosa esterna, ma ce l'ha con Forza Italia. Mattarella autorizza il Ddl sull'abuso d'ufficio: si apre un altro fronte

Se quelle di Carlo Nordio “sono opinioni che non diventano fatti”, come dice Giorgia Meloni; quelli di Forza Italia sulla giustizia sono mal di pancia che sembrano non precipitare verso alcuna crisi. Se non in un continuo rapporto di causa-effetto stile ping pong.  E così nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio, la premier si presenta di buona mattina a Palermo per quattro visite istituzionali blindate: cimitero, caserma dei carabinieri, chiesa di San Domenico e prefettura. In mezzo un punto stampa, nonostante le propongano una conferenza stampa, chiedendo allo staff che i cronisti l’aspettino in locali dotati di aria condizionata. Vuole evitare le polemiche dei giornalisti durante la visita a Pompei di domenica scorsa, ma alla fine quando si concede – per otto minuti – erutta. Meloni dice con foga meloniana che la rimodulazione del reato di associazione mafiosa esterna è stata una idea del suo Guardasigilli, “che dovrebbe essere più politico”, ma è “una polemica pretestuosa e sterile”. Bolla le accuse di Marina Berlusconi ai pm di Firenze come le parole di una donna “che non è un soggetto politico”. Sull’assenza alla fiaccolata serale rivendica di non essere mai scappata e non di temere contestazioni. Intanto a Roma succedono un po’ di cose. 


Alla Camera, infatti, Carlo Nordio prova a chiudere il caso sull’associazione esterna, dopo gli incoraggiamenti ricevuti dai vertici di Forza Italia (Antonio Tajani), ma anche dall’ala  Ronzulli-Mulè. In una manciata di minuti il Guardasigilli legge un testo durante il question time per  farla finita una volta per tutte con  questa bufera di carta. Nel giorno della rievocazione del “collega Paolo e delle altre vittime della violenza stragista”, l’ex pm si definisce “interprete severo del concorso esterno”, spiega che non ci sarà “alcun affievolimento” delle norme di contrasto alla mafia. E che insomma è tutta una polemica sterile. “Bravo, giusto”, annuisce davanti allo schermo che trasmette l’intervento dal Transatlantico Giusi Bartolozzi, già deputata di Forza Italia e ora potentissima vicecapo di gabinetto del ministero della Giustizia. Quando un altro ex magistrato, ora intruppato nel M5s, come Cafiero de Raho, ricorda a Nordio che insomma tutto questo can-can “l’ha provocato lei”, Bartolozzi alza le spalle, scuote la testa e a una collaboratrice dice: “Andiamocene”.

 

La faccenda può dirsi archiviata, pare. Al di là degli strascichi personali tra la premier e il suo ministro “poco politico”. Anche perché a ricacciarla giù in fondo in mattinata erano state anche le parole di Sergio Mattarella, scritte per ricordare l’anniversario della morte di Borsellino e della sua scorta con l’invito “a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità”. Chiaro, no? Bisognerebbe chiedere ad Antonio Tajani, che sta qui per il question time anche egli, che sull’associazione esterna ha idee simili a quelle di Nordio di due giorni fa. Bisognerebbe anche chiedergli cosa pensa dell’uscita di Meloni su Marina, la figlia del Cav. Ma il vicepremier è un’anguilla. E da vecchio giornalista, anche se non più in attività, anticipa la domanda “sul soggetto politico”, ma senza però fornire una risposta. “Scusate, mi aspetta il capo della polizia a Palazzo Chigi”. E via, più veloce del vento. Il capogruppo, tajaneo, Paolo Barelli capisce che oggi è una di quelle giornate in cui il silenzio è d’oro. E si lascia sfuggire una piccola considerazione: “Questa cosa su Marina non l’ho ben capita, anzi forse non l’ho letta, o me l’hanno raccontata. Comunque lei e Giorgia, posso testimoniarlo, hanno un grande rapporto”. Un pezzo di FI, quello più agguerrito, minaccia rappresaglie sul Ddl giustizia. Perché alle 16.10 arriva questa notizia, scontata quanto attesa: il Quirinale ha autorizzato la presentazione alle Camere del Ddl licenziato lo scorso 15 giugno dal governo. E’ il disegno di legge che prevede, tra i vari articoli, l’abolizione dell’abuso d’ufficio sulla quale  una direttiva di Bruxelles da giorni esprime dubbi e malumori, piombati sul Quirinale e poi rimbalzati a Palazzo Chigi nei giorni scorsi. Ma su questo punto la maggioranza è unita: “Non ci facciamo dettare la linea dall’Europa, abbiamo la miglior legge anticorruzione del continente”, rilancia in un corridoio Giovanni Donzelli, numero due di Fratelli d’Italia. Tirare dritto: l’aria è questa, sull’abuso d’ufficio. Non a caso in commissione Affari europei la maggioranza, con la sponda del Terzo polo, boccia proprio la direttiva di Bruxelles sulla lotta alla corruzione perché “risulterebbe palesemente in contrasto con il principio di sussidiarietà e con quella di proporzionalità”, secondo quanto afferma il parere motivato redatto dal relatore Antonio Giordano di Fratelli d’Italia. Pd e M5s protestano, i calendian-renziani no. In fase di discussione del ddl continuerà, si immagina, il franco dialogo con il Colle. La didascalia politica della giornata racconta di una Meloni contro Forza Italia (e Nordio). Ma tutto diventa quasi secondario quando si diffonde si viene a sapere della grazia dell’Egitto a Zaki. Meloni in un breve video ringrazia al-Sisi, l’intelligence e i diplomatici, rivendica il colpaccio, e augura a Patrick, oggi in Italia, serenità e successi. Il ministro degli Esteri Tajani? Non menzionato.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.