Verso il 24 febbraio

"Revocare il 41-bis a Cospito", la richiesta del pg della Cassazione

Ruggiero Montenegro

La procura generale "riscontra una carenza motivazionale" nel provvedimento che ha disposto il carcere duro e che Nordio ha confermato pochi giorni fa. Secondo Gaeta l'influenza sui militanti anarchici non avrebbe riscontri concreti. Accolta in parte la tesi della difesa

Il regime di 41-bis a cui è sottoposto l'anarchico Alfredo Cospito dovrebbe essere ridiscusso. E non in nome di una presunta concessione in seguito allo sciopero della fame, né di alcun ricatto o cedimento, ma in base alla mancanza di oggettivi riscontri, tali da giustificare un provvedimento così ristrettivo. L'ultimo tassello di un dibattito che si trascina ormai da settimane, dal Parlamento alle piazze – anche ieri gli anarchici hanno manifestato a Milano – arriva dalla procura generale della Cassazione che, in vista dell'udienza sul ricorso presentato dalla difesa di Cospito prevista per il 24 febbraio, chiede di annullare e rinviare l'ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma che dispone il carcere duro.

Emerge nella motivazione dell’ordinanza impugnata scrive l’avvocato generale della Cassazione Pietro Gaeta in una requisitoria depositata l'8 febbraio  una carenza di fattualità in ordine ai momenti di collegamento con l’associazione, che lascia sopravvivere la stigmatizzazione difensiva secondo cui la condizione interclusiva speciale fosse giustificata solo dalla necessità di contenimento dell’estremismo ideologico”.

In altre parole, lascia intendere Gaeta, non è in discussione la natura sovversiva del detenuto, così come quella della Federazione anarchica informale, ma non ci sono evidenze dei legami tra questi due soggetti in campo, non è chiaro nè dimostrato in che modo Cospito possa aver interagito con i gruppi anarchici, dunque aver dato ordini o indicazioni. E allora, si legge nella requisitoria:  "La verifica su questo punto essenziale non traspare nella motivazione del provvedimento impugnato, ancorché necessaria e non potendo essa evidentemente essere desumibile interamente ed unicamente né dal ruolo apicale di Cospito nell’ambito dell’associazione di appartenenza, né dall’essere egli divenuto punto di riferimento dell’anarchismo in ragione dei suoi scritti e delle condanne riportate”. 

Una prospettiva insomma in cui verrebbero meno le giustificazioni di una decisione che sembra dunque spoporzionata, almeno alla luce di questi ultrimi rilievi. Che si aggiungono a quelli evidenziati la settimana scorsa anche dalla Direzione nazionale Antimafia. La relazione del procuratore Giovanni Melillo, inviata al ministero della Giustizia, raccomandava un "un ponderato apprezzamento dell'effettivo rilievo preventivo”, ovvero una nuova valutazione del caso, giustificata da un “un'evoluzione” del contesto, diverso rispetto al maggio scorso quando Marta Cartabia dispose il carcere duro. 

Cospito, che prosegue il suo sciopero della fame da oltre cento giorni e ha manifestato nero su bianco la sua volontà di non essere alimentato in maniera forzata, è stato trasferito nelle scorse ore dal centro clinico del carcere di Opera all'ospedale San Paolo di Milano, nel reparto di medicina penitenziaria, per motivi precauzionali. Dopo il trasferimento dal carcere di Sassari, un altro spostamento che testimonia come le condizioni di salute del detenuto siano ormai al limite. Più volte il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ribadito la necessità di garantire la salute di Cospito, escludendo però di accogliere la richiesta presentata dall'avvocato difensore mirata ad ottenere un allentamento della condizione carceraria del suo assisistito.

Ora sulla scrivania del ministro si aggiungono nuovi elementi, che arrivano dal campo del diritto, e le conclusioni del pg della Cassazione: “Lo strumento del regime carcerario speciale ex art. 41 bis non può giustificare la rarefazione e la compressione di altre libertà inframurarie se non con impedimento di fatti (contatti e collegamenti) che risultino concretamente prodromici o specificamente finalizzati o causalmente orientati ad altri specifici fatti". Tutti elementi che "non è dato riscontrare nel provvedimento impugnato”. Ragion per cui, conclude il documento: "È riscontrata la carenza motivazionale denunciata dalla difesa, con conseguente richiesta dell’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per un nuovo esame sul punto”.

Il nuovo appuntamento è previsto tra dieci giorni, quando è fissata la nuova udienza sul ricorso, in Cassazione. In questa sede i giudici potranno decidere se annullare definitivamente il decreto ministeriale che impone il 41 bis a Cospito; se annullare con rinvio al tribunale di sorveglianza affinché prenda una nuova decisione o comunque la motivi in maniera diversa (è la richiesta della procura generale), o ancora potranno scegliere di rigettare il ricorso contro le motivazioni esposte dalla difesa.

 

 

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