Il caso Cospito mostra il volto peggiore dell'Italia modello Forc News

Claudio Cerasa

Sputtanamenti legittimati e segreti violati. In Italia il garantismo funziona bene solo quando riguarda le casacche dei partiti amati

Benvenuti su Forc News. La feroce ondata di indignazione che ha accompagnato l’evolversi del caso Cospito è stata costellata da una serie di incredibili ipocrisie che, a uno sguardo attento, potrebbero offrire qualche gustoso elemento di riflessione.

 

La prima ipocrisia, intorno alla quale ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, riguarda un duro monito arrivato da molti giornali progressisti, visibilmente adirati per un atteggiamento invero censurabile adottato dalla premiata ditta Delmastro-Donzelli: la vergognosa rivelazione di documenti riservati e il vergognoso utilizzo degli stessi documenti a fini meramente politici. Un atteggiamento censurabile, non c’è dubbio, ma che, verrebbe da dire, coincide con un atteggiamento di cui la stessa stampa progressista avrà sentito parlare: l’utilizzo, sulle pagine dei giornali, di documenti riservati e il vergognoso utilizzo degli stessi documenti a fini meramente politici. Fa piacere oggi leggere sui giornali che per molto tempo hanno usato un metodo non troppo diverso da quello scelto da Donzelli e Delmastro un profondo moto di indignazione contro i metodi utilizzati dalla suddetta coppia (giusto!). Ci auguriamo però che la stessa indignazione, un giorno, verrà utilizzata contro ogni pubblico ufficiale, come può essere per esempio un magistrato desideroso di far conoscere in anticipo elementi delle proprie inchieste, “che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, riveli notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza” (articolo 326 del codice penale).

  

Una seconda ipocrisia, che costituisce un ulteriore elemento di interesse all'interno della stagione di Forc News, riguarda invece il governo di cui fa parte l’onorevole Delmastro, insieme al suo capo ufficio Carlo Nordio, e quell’ipocrisia è legata a un incredibile autogol sulle intercettazioni. Per molte settimane, il garantista Nordio ha sfidato l’opinione pubblica italiana sul tema degli abusi delle intercettazioni e il ministro ha giurato di essere pronto a fare qualsiasi cosa per evitare che le intercettazioni possano diventare ancora un’arma a servizio di una parte politica. Per uno strano scherzo del destino, invece, il tema dell’utilizzo improprio delle intercettazioni è divenuto un argomento imbarazzante per il governo considerando il fatto che l’onorevole Donzelli ha spifferato in Parlamento il contenuto di alcune registrazioni riservate, quelle tra Cospito e due esponenti della ’ndrangheta e della camorra e che Donzelli ha scelto di rivelare per dare ancora più peso all’altra rivelazione che Donzelli non avrebbe potuto fare se non avesse avuto accesso a informazioni anch’esse riservate: gli incontri innocui ma politicamente interessanti di alcuni parlamentari Pd con Alfredo Cospito.

   

La terza forma di ipocrisia che emerge con forza leggendo alcuni giornali appartenenti alla galassia più vicina alla destra è l’utilizzo di una chiave di lettura che molti giornali di destra hanno sempre combattuto: scommettere sulla cultura del sospetto per evocare l’esistenza di una qualche forma di trattativa fra la politica e la mafia. E così succede che giornali teoricamente distanti l’uno dall’altro, giornali come la Verità e come il Fatto, si ritrovino invece improvvisamente vicini, mossi dalla volontà di dimostrare che gli incontri avuti in carcere da alcuni deputati del Pd con Alfredo Cospito e con alcuni boss mafiosi presenti nello stesso reparto dell’esponente anarchico fossero stati organizzati per prendere ordini dai boss mafiosi contro il 41-bis (“Quella delegazione del Pd si è prestata al gioco di cosa nostra”, è la sobria annotazione fatta ieri dal direttore della Verità).

  

Tre storie diverse, tre sfumature, tre elementi di riflessione tutti uniti da un unico filo conduttore: la consapevolezza che in Italia il garantismo funziona bene solo quando la difesa delle garanzie riguarda le casacche dei partiti amati. Da Forc News è tutto, a voi studio.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.