L'inerzia del Guardasigilli nelle azioni disciplinari sulle toghe

Ermes Antonucci

Negli ultimi cinque anni, il pg di Cassazione ha archiviato 5.142 azioni disciplinari nei confronti dei magistrati. I ministri Bonafede e Cartabia hanno chiesto verifiche soltanto in dieci casi. I numeri impietosi emersi da un'interrogazione di Costa (Azione) 

Nel corso dell’ultima legislatura, il procuratore generale della Cassazione ha archiviato 5.142 azioni disciplinari nei confronti dei magistrati, trasmettendo la comunicazione al ministero della Giustizia, che ha facoltà di chiedere copia degli atti e promuovere direttamente l’azione disciplinare. I Guardasigilli, Alfonso Bonafede e Marta Cartabia, però, hanno deciso di chiedere copia dei provvedimenti soltanto in dieci casi e di promuovere l’azione disciplinare in quattro casi. Sono i dati impietosi emersi dalla risposta fornita dal ministero della Giustizia a un’interrogazione presentata da Enrico Costa, vicesegretario di Azione e presidente della giunta per le Autorizzazioni della Camera. Dati che dipingono una situazione di quasi assoluta mancanza di controllo sul potere in mano al procuratore generale della Cassazione di archiviare i procedimenti disciplinari nei confronti delle toghe. 

 

Del problema ci eravamo occupati già alcuni mesi fa, evidenziando come lo scandalo Palamara avesse prodotto alla fine pochissime sanzioni a livello disciplinare, grazie all’assoluta discrezionalità delle decisioni dell’allora pg di Cassazione, Giovanni Salvi, e all’adozione di una serie di circolari. In una circolare, ad esempio, Salvi aveva stabilito di non ritenere illecito disciplinare l’autopromozione praticata dai magistrati via chat con Luca Palamara per ottenere promozioni o trasferimenti. In un’altra circolare, Salvi aveva escluso dall’area della punibilità le “condotte scorrette gravi” caratterizzate da “scarsa rilevanza”. 

 

La cosa più incredibile è che, in virtù di un’altra circolare adottata dall’ex pg di Cassazione, nessuno può avere notizia né dello stato dei procedimenti disciplinari nei confronti delle toghe né delle motivazioni in caso di archiviazione di quest’ultimi

 

L’unico a poter chiedere copia dei provvedimenti di archiviazione è il ministro della Giustizia, che però si rifiuta di esercitare questa facoltà, come dimostrano i numeri. “Questa è stata l’azione di controllo inflessibile di via Arenula: in due casi su mille il ministero ha chiesto le copie degli atti di archiviazione, in meno di un caso su mille ha smentito il pg della Cassazione”, commenta Enrico Costa al Foglio. “Chiederemo l’accesso agli atti per verificare perché di questa incredibile inerzia addirittura nell’avere la copia degli atti – aggiunge – Senza esaminare gli atti è lecito chiedersi su cosa si possa basare l’acquiescenza verso una simile massa di archiviazioni. Un ulteriore tassello che dimostra come nel nostro paese le vie di fuga dalla responsabilizzazione per i magistrati siano infinite”.

 

“Devo comunque dare atto al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di aver fornito per la prima volta i dati in maniera trasparente. Avevo infatti presentato la stessa interrogazione nella scorsa legislatura, senza però mai ricevere risposta dal governo”, afferma Costa, che da tempo invoca una riforma per non mantenere più segrete le archiviazioni disciplinari dei magistrati. “Per limitare il potere in mano al pg di Cassazione si potrebbe prevedere che sia il primo presidente di Cassazione a disporre l’archiviazione”, spiega Costa, che ha già ripresentato una proposta di legge in questo senso all’inizio della nuova legislatura. “Inoltre, i provvedimenti di archiviazione devono essere resi ostensibili a tutti quelli che ne hanno interesse e comunque in primo luogo agli autori delle segnalazioni”. 

 

Una riforma non da poco, anche perché non è l’unico campo in cui si registrano esondazioni del pg di Cassazione dal proprio ruolo. Prima che andasse in pensione a luglio, lasciando il suo posto al nuovo pg Luigi Salvato, Salvi ha emanato una circolare che interpreta la nuova normativa introdotta in attuazione della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di innocenza. Una circolare che, nella sostanza, ridimensiona fortemente i limiti posti dal Parlamento alle comunicazioni di informazioni relative ai casi giudiziari da parte dei magistrati.