La tendenza del pg della Cassazione Salvi ad agire da legislatore

Ermes Antonucci

Non solo il colpo di spugna sullo scandalo Palamara. Il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, è intervenuto con una circolare anche per limitare l'ambito di applicazione della nuova legge che tutela la presunzione di innocenza

Non deve essersi radicato molto bene in Italia il principio di Montesquieu sulla separazione dei poteri. Da Mani pulite in poi la magistratura ha sovrastato la politica, ma il dato più sconfortante è vedere come i pochi e timidi tentativi della politica di limitare lo strapotere delle toghe finiscano sempre per essere vanificati dalle interpretazioni che i magistrati stessi forniscono ai provvedimenti approvati dal legislatore. Su questo il comportamento tenuto negli ultimi mesi dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, è emblematico.

 

Sabato scorso abbiamo raccontato di come, attraverso l’adozione di una serie di circolari, Salvi (che andrà in pensione il prossimo 9 luglio, per raggiunti limiti di età) abbia permesso che lo scandalo Palamara si trasformasse in un’amnistia generalizzata: non solo stabilendo che l’“attività di autopromozione” praticata da decine di magistrati via chat con Palamara non costituiva illecito disciplinare, ma anche escludendo la conoscibilità dei procedimenti disciplinari avviati nei confronti delle toghe. Intervistato dal Giornale, Luca Palamara si è riferito all’articolo pubblicato sul Foglio definendo il ruolo di Salvi un “bug” del sistema: “Il titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati è lui, il pg della Cassazione. Non c’è nessuna forma di controllo nei suoi confronti, ha di fatto un potere assoluto, può persino archiviare i fascicoli senza che nessuno lo sappia”.

 

Ma Salvi non si è spinto a vestire i panni di legislatore soltanto attorno allo scandalo Palamara. Lo scorso aprile, ad esempio, il pg della Cassazione ha emanato una circolare, rivolta a tutti i procuratori generali, contenente “orientamenti in materia di comunicazione istituzionale su procedimenti penali”. La circolare interpreta la nuova normativa introdotta in attuazione della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di innocenza, quella che vieta (o dovrebbe vietare) ai pm di mettere in piedi conferenze stampa show e mettere alla gogna gli indagati ancor prima di un processo. La legge (d. lgs. 188/2021), in linea con la direttiva europea, stabilisce che l’informazione sui procedimenti penali possa essere divulgata “solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre specifiche ragioni di interesse pubblico”.

 

Tutto ciò non è andato giù ai pm e ai loro giornalisti al seguito specializzati nella gogna mediatico-giudiziaria, che hanno gridato al “bavaglio” contro l’informazione. Salvi si è fatto in qualche modo portavoce di queste lamentele e così nella circolare ha stabilito che, vista l’assenza di una “predeterminazione legislativa dell’interesse pubblico da valutare in ordine alla comunicazione e alla sua forma”, la scelta del procuratore di comunicare le informazioni relative alle vicende giudiziarie “non può essere sindacata, se non nei casi di palese irragionevolezza”. Un radicale ridimensionamento della norma prevista dalla legge.

 

D’altronde, Salvi ha reso ancora più chiaro il suo pensiero riguardo alla direttiva intervenendo pochi giorni fa a un convengo organizzato dall’Ordine nazionale dei giornalisti e dal Consiglio nazionale forense. Intervenendo all’incontro, Salvi ha affermato che il compito di stabilire cosa è di interesse pubblico non può essere affidato solo al magistrato (come previsto dalla nuova legge): “Lo può fare, ma non deve essere l’unico canale di comunicazione – ha detto Salvi – Non può essere dato al procuratore il potere di stabilire ciò che è di interesse pubblico, ciò che interessa all’opinione pubblica. Questo lo può dire colui che gestisce l’informazione (cioè il giornalista, ndr), che dovrà avere di conseguenza dall’autorità pubblica le informazioni necessarie”. Nessuno nega la complessità della materia del rapporto tra gli uffici di procura e gli organi di informazione, ma le affermazioni di Salvi contrastano palesemente con il contenuto del decreto legislativo adottato dal governo in attuazione della direttiva europea, che afferma chiaramente che il procuratore debba (e non “possa”) valutare l’interesse pubblico di un fatto riguardante una vicenda giudiziaria prima di comunicarlo eventualmente agli organi di informazione.

 

Fatta la legge, trovato l’inganno, si è soliti dire. Ma se a trovare l’inganno sono i magistrati, che la legge la dovrebbero attuare, la situazione diventa preoccupante.