"Tutti Salvi": così il pg della Cassazione ha amnistiato lo scandalo Palamara

Ermes Antonucci

Attraverso una serie di circolari adottate dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, il caso Palamara si è risolto in un'amnistia generalizzata: esclusi i pochi capri espiatori dell'Hotel Champagne, nessun magistrato è stato sanzionato per quanto emerso dallo scandalo

Questa è la storia di come uno dei più gravi scandali nella storia della magistratura italiana, quello nato dal caso Palamara nella primavera del 2019 (ve lo ricordate?), si è risolto in un’amnistia generalizzata, se si esclude la crocifissione di pochi capri espiatori, a cui sono stati addossati tutti i peccati. Il protagonista di questa operazione è stato Giovanni Salvi, procuratore generale uscente della corte di Cassazione (andrà in pensione il 9 luglio), titolare dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe.

 

A ricostruire per filo e per segno le tappe dell’operazione, che potremmo battezzare “Tutti Salvi”, è stato Rosario Russo, ex sostituto procuratore generale presso la corte di Cassazione, ora in pensione. In un documento inviato via e-mail ai suoi colleghi, oltre che alle massime istituzioni del paese, Russo ha descritto i passaggi attraverso cui il pg Salvi ha consentito che si realizzasse un’amnistia di fatto per tanti magistrati coinvolti nello scandalo Palamara, e anche che su questa amnistia calasse una coltre impenetrabile di segretezza.

 

Come si ricorderà, lo scandalo delle nomine prese avvio dal celebre incontro notturno all’Hotel Champagne di Roma tra Luca Palamara, alcuni consiglieri del Csm e due deputati. Lo scandalo rivelò l’esistenza (già ben nota) di un sistema di spartizione delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari da parte delle correnti togate. Dalle indagini, inoltre, emerse il contenuto delle chat sequestrate nel cellulare di Palamara, in cui decine di magistrati si rivolgevano all’ex consigliere del Csm implorando promozioni, trasferimenti, chiedendo raccomandazioni o favori, e pure insultando altri colleghi.

 

La giustizia disciplinare nei confronti dei magistrati coinvolti nell’incontro all’Hotel Champagne è stata rapidissima. Palamara è stato radiato, mentre gli altri cinque magistrati (nel frattempo dimessisi dal Csm) sono stati sanzionati con la sospensione dalle funzioni su richiesta della procura generale della Cassazione. A quel punto, però, la giustizia disciplinare sembra essersi fermata di fronte all’ondata di melma emersa dalle chat trovate nel cellulare di Palamara.

 

La prima tappa dell’operazione “Tutti Salvi” è avvenuta il 22 giugno 2020, quando il pg della Cassazione ha adottato una circolare in cui si stabiliva che tutti i magistrati che avevano praticato “attività di autopromozione” con Palamara non avevano commesso illecito disciplinare. “Provi taluno a calarsi nei panni del dott. Nessuno che, privo di appoggi correntizi o ‘disciplinatamente’ restio ad avvalersene, sia stato ‘scavalcato’ da un concorrente per effetto di siffatta autopromozione!”, commenta Russo nel suo documento-denuncia. “A che servono allora le procedure concorsuali (art. 97, 4° Cost.)? E l’utente finale della giustizia non preferisce il più meritevole rispetto all’autoraccomandato?”, si chiede Russo.

 

La vicenda è diventata ancora più paradossale quando Palamara nel suo libro ha rivelato che lo stesso Salvi in almeno due occasioni avrebbe ottenuto incontri privati con lui per caldeggiare la propria nomina a procuratore generale della Cassazione. Queste circostanze non sono mai state chiarite da Salvi e hanno spinto ben 97 magistrati a invocare pubblicamente (invano) le dimissioni del pg della Cassazione nel caso in cui non avesse smentito le accuse mossegli da Palamara.

 

Non pago, Salvi ha poi adottato una nuova circolare in cui si stabiliva che “anche con riguardo a condotte scorrette gravi l’illecito disciplinare può tuttavia risultare non configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza”. Come una condotta gravemente scorretta possa essere considerata di scarsa rilevanza non è dato sapersi.

 

L’ultima tappa dell’operazione è consistita nell’adozione di un’ulteriore circolare in cui il pg Salvi ha stabilito autonomamente che, a differenza di quella penale, l’archiviazione disciplinare non può essere comunicata al cittadino (o al suo avvocato) che ha segnalato l’abuso disciplinare del magistrato, riservandosi il potere di interdirne la conoscenza anche al magistrato indagato, all’Anm e perfino al Csm.

 

Il risultato di tutto ciò, come sottolinea Russo, è che, se si escludono le sanzioni adottate nei confronti di Palamara e dei colleghi che si ritrovarono all’Hotel Champagne, “non si ha notizia che tutte le gravissime e numerose scorrettezze documentate dalle famose chat siano state trattate e sanzionate in sede disciplinare o abbiano provocato il trasferimento d’ufficio”. Sembra incredibile, ma non solo nessuno può avere notizia dello stato dei procedimenti disciplinari, ma in caso di archiviazione non è possibile conoscere le motivazioni alla loro base (in violazione delle regole elementari dello stato di diritto).

 

“Nessuna rinascita della magistratura sarà possibile finché non si riaffermi la centralità della trasparenza delle archiviazioni emesse dal procuratore generale”, afferma Russo nell’e-mail inviata ai colleghi. Nel frattempo, “Tutti Salvi”.

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