Woodcock, il pm dei flop, si candida al Csm

Ermes Antonucci

Il magistrato della procura di Napoli ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni del Consiglio superiore della magistratura. L'elenco dei suoi fallimenti giudiziari è sterminato: dal Vip Gate a Cpl Concordia

Il pm di Napoli Henry John Woodcock ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, in programma il 18 e 19 settembre. Il magistrato celebre per i suoi flop giudiziari, per le maxi inchieste dal grande impatto mediatico nei confronti di politici e vip (puntualmente finite con un buco nell’acqua), per le decine di persone indagate, sputtanate in maniera irrimediabile, spesso fatte arrestare ingiustamente con l’avallo dei giudici, scende in campo. Da indipendente, dice, cioè senza il sostegno di alcuna corrente. “Mi candido perché sono un magistrato che ha sempre lavorato, come la maggior parte di voi – ha scritto Woodcock in un appello rivolto ai colleghi – perché sono un magistrato che si è ‘sporcato le mani’ col lavoro di ogni giorno”. A sporcarsi, si potrebbe notare ironicamente (ma non troppo), non è stato soltanto lui. L’elenco dei fallimenti giudiziari del pm anglo-napoletano è sterminato

 

Il flop più antico risale al 2001, quando Woodcock, all’epoca sostituto procuratore a Potenza, chiese e ottenne l’arresto di Rocco Loreto, per tre volte sindaco di Castellaneta e per tre volte senatore nelle fila del Pci-Pds-Ds, con l’accusa di calunnia ai danni di un altro magistrato. Loreto trascorse 15 giorni in custodia cautelare (quattro in carcere e undici ai domiciliari), prima di essere assolto sedici anni dopo da ogni accusa.

 

Nel 2003 fu la volta del “Vip Gate”, l’inchiesta che fece risuonare in tutto il paese il nome del magistrato anglo-napoletano: 76 persone indagate, di cui 47 oggetto di richiesta di custodia cautelare. Coinvolti politici, funzionari pubblici, imprenditori, manager, personaggi dello spettacolo, giornalisti. Il gip respinse tutte le richieste di arresto. Gli atti vennero trasmessi al competente tribunale di Roma che, ritenendo le accuse inconsistenti, archiviò l’inchiesta

 

Nel 2006 toccò all’inchiesta “Savoia Gate”. Il pm ottenne l’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia con una raffica di accusa, tra cui associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Con lui vennero indagate 23 persone e finirono in manette altre 12 persone. Un altro buco nell’acqua, con lo stato costretto anche a risarcire Vittorio Emanuele con un assegno di 40 mila euro per ingiusta detenzione.

 

Nel 2009 Woodcock si trasferisce a Napoli ma la sostanza non cambia. Il 2011 è l’anno dell’inchiesta sulla “P4”, cioè sul presunto “sistema informativo parallelo” capace di interferire sugli organi costituzionali. Finiscono indagati anche il deputato Alfonso Papa e i vertici della Guardia di Finanza. I giudici attesteranno l’insussistenza del reato di associazione per delinquere. C’è poi da ricordare l’indagine aperta nei confronti della cooperativa Cpl Concordia, accusata di corruzione in relazione agli appalti per la metanizzazione dell’isola di Ischia. Nel 2015 l’inchiesta portò all’arresto del presidente di Cpl Concordia, Roberto Casari, di altri dirigenti della multiutility e del sindaco Pd di Ischia, Giosi Ferrandino. Nel corso degli anni sono stati tutti assolti dalle accuse. Le loro vite, ovviamente, nel frattempo sono state stravolte

 

Negli ultimi tempi Woodcock, “Mr. Flop”, si è scoperto improvvisamente garantista. Con una serie di articoli pubblicati su alcuni quotidiani (alcuni persino sul Fatto quotidiano, giornale di riferimento del giustizialismo), si è espresso in favore di una “giustizia giusta, prima ancora che efficiente”, di un “progetto di amnistia e di indulto, oltre che a un massiccio progetto di depenalizzazione”. Ha addirittura affermato che da pubblico ministero non vivrebbe “in modo traumatico una separazione delle carriere” tra magistrati giudicanti e requirenti, anche perché, considerata l’attuale commistione dei ruoli, “oggi i pm sono un po’ abituati a ‘vincere facile’”.

Ha condiviso le decisioni della Corte costituzionale sull’ergastolo ostativo, sottolineando che dai detenuti mafiosi lo stato dovrebbe chiedere un reale ravvedimento e non una delazione. Ha pure sollevato il tema dell’elevatissimo numero di “pentiti” utilizzati dai pm, affermando che “sarebbe altrettanto impellente una riforma seria che argini in qualche modo la tendenza delle procure distrettuali antimafia ad imbarcare decine e decine di collaboratori di giustizia che, almeno in alcuni casi, si prendono gioco della stessa autorità giudiziaria”

Parole anche coraggiose ma, appunto, soltanto parole. Per Woodcock parla la storia

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