Marta Cartabia (foto LaPresse)

Il partito di Marta Cartabia

Marianna Rizzini

Il fronte informale che sostiene l’ascesa della costituzionalista (non soltanto al vertice della Consulta)

Roma. Non è un partito, la Consulta, ma c’è un informale partito trasversale che ha sperato diventasse realtà l’ipotesi Marta Cartabia, la donna che ieri è stata designata da quattordici giudici a succedere a Giorgio Lattanzi alla guida della Corte costituzionale – prima donna a ricoprire questo ruolo. “Sì è rotto un vetro di cristallo”, ha detto Cartabia, dedicando la sua elezione alle donne che ricoprono posizioni di peso senza mai arrivare al vertice: “Sento tutta la responsabilità di questa carica e l’onore di essere qui, sperando di fare da ‘apripista’”.

 

 

Ed è stato chiaro in quel momento non soltanto l’afflato pro parità di genere, quanto il fatto che Cartabia, non da oggi, è già stata sottotraccia e senza ufficialità designata a molte cariche, non ultimo a prima donna eventuale presidente della Repubblica (nel 2015). E non è tutto: correva infatti l’estate della grande crisi gialloverde e l’allora vicepresidente della Consulta, grande esperta di Diritto costituzionale europeo e dunque profilo antisovranista ideale, veniva citata più volte nei retroscena come colei che, in alternativa a Mario Draghi, poteva succedere a Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, in qualità di personalità “terza”, anche se Cartabia, per così dire una cattolica di sinistra con alle spalle lunghi anni di vicinanza a Cl (da cui comunque resta non lontana), era già considerata una specie di “riserva della Repubblica” in mondi assai diversi. Intanto – anche per via della stima del professore Sabino Cassese, già giudice della Consulta, che ieri sul Corriere della Sera indicava i quattro motivi per cui la designazione di Cartabia “è una buona notizia” – la neopresidente ha da tempo ottima nomea nell’ambiente dei presidenti: emerito (Giorgio Napolitano, che nel 2011 aveva favorito il suo ingresso tra i giudici costituzionali) e attuale (Sergio Mattarella). E ha ottima nomea, Cartabia, nell’ambiente renziano, ma anche in quello berlusconiano, tanto che proprio lungo i confini dell’ex patto del Nazareno si era parlato, nel 2015, di una sua corsa al Colle. E quando Cassese allude a Cartabia come a una persona “competente”, riemerge in controluce anche il rapporto di reciproca stima tra la neopresidente della Consulta e l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, “competente” per antonomasia. Cartabia ha poi il plauso, tra gli altri, di Enrico Letta, di Laura Boldrini, del leghista moderato e presidente della regione Lombardia Attilio Fontana.

 

Che presidente della Consulta sarà?, si domandano gli esegeti, anche riflettendo sulla profezia-riflessione di Cassese: l’elezione di Cartabia è una buona notizia, ha scritto ieri, “perché alla presidenza della Corte costituzionale arriva una persona in grado, per i suoi studi e le sue esperienze, di comprendere per quali nuove strade si sta incamminando il mondo. Questo è importante anche per comprendere e contenere le posizioni regressive dei neonazionalisti che vorrebbero nuovamente rinchiudersi nei confini nazionali, ergendo barriere e muri”. Le nuove strade della Corte: cioè, sotto la presidenza Lattanzi – ma con Cartabia vicepresidente – le pronunce in tema di diritti (sul fine vita e sull’“ergastolo ostativo”), ma anche – con Cartabia in prima linea – le prese di posizione sul fronte detenuti, con visite nelle carceri (“da queste esperienze si esce cambiati”, ha detto la futura presidente l’estate scorsa, alludendo alla difficoltà di scrivere sentenze senza avere negli occhi “quegli occhi”, cioè gli occhi di chi sta dietro le sbarre). E se sul tema del cosiddetto discorso d’odio Cartabia ha ieri ribadito la sua contrarietà di fronte a chi “veicola le menzogne, anziché aiutare a capire”, sul tema del nemico si era espressa nella prefazione al libro “Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo dei populismi” di padre Francesco Occhetta (ed. San Paolo): “L’identificazione di un nemico, la sua distruzione e la contrapposizione frontale”, scriveva, “sono le caratteristiche ricorrenti nella storia di ogni agire politico che si fa assoluto, che pretende di collocare il cielo in terra”. Citava due Papi, Cartabia – Joseph Ratzinger e Papa Francesco. Anche se la sua citazione preferita viene dall’Antigone di Sofocle: “Concediti di cambiare idea”, e chissà se ora è anche un programma.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.