Un'udienza del processo Mafia Capitale (foto LaPresse)

La Corte d'Appello ribalta tutto: in Mafia capitale la mafia c'è

Redazione

Riconosciuta l'applicazione del 416 bis. Ma per Buzzi e Carminati le pene sono state ridotte: 18 anni e 4 mesi al primo, 14 anni e mezzo al secondo

I giudici della terza Corte d'Appello di Roma, presieduta da Claudio Tortora, hanno ribaltato la sentenza di primo grado del cosiddetto processo “Mafia capitale”. Nell'aula bunker di Rebibbia, che vede imputate 43 persone tra cui l'ex terrorista dei Nar Massimo Carminati e il fondatore della cooperativa "29 giugno", Salvatore Buzzi, i giudici hanno ammesso il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Un’accusa che era caduta in occasione del verdetto di primo grado di luglio 2017, che invece aveva riconosciuto l'esistenza di due associazioni a delinquere "semplici”, ai cui vertici c'erano proprio Carminati e Buzzi.

  

Nonostante la Corte d’Appello abbia ora riconosciuto l’articolo 416 bis del Codice penale – quello che connota la mafiosità di un’organizzazione a delinquere – le pene per gli imputati sono state ridotte. Carminati e Buzzi sono stati condannati rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi.

 

Collegati in videoconferenza dai penitenziari di Opera e di Tolmezzo, i due non hanno voluto essere ripresi dalle telecamere al momento della lettura della sentenza. La procura aveva chiesto una condanna a 26 anni e mezzo per l'ex Nar e a 25 anni e 9 mesi per Buzzi, che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a 20 e a 19 anni.

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