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il foglio sportivo

Il Giro che non c'è

Giovanni Battistuzzi

Non è maggio senza la rosa. Se la corsa è stata rinviata a ottobre, c'è però il SenzaGiro

Tocca fidarsi. In fondo è tutto qui. O meglio, era tutto qui, perché è da decenni che ci si fida di meno, anzi quasi per niente. Ha vinto San Tommaso, altro che fiducia. E non poteva essere altrimenti visto che tutto è visibile ovunque, per strada, al lavoro, persino in un sentiero di montagna, se c’è campo. Nemmeno più il televisore è indispensabile, basta un qualsiasi dispositivo per guardare il ciclismo. Certo l’ideale sarebbe un bel divano comodo, (almeno) una birra fresca, ma non sempre è possibile.

 

Achille Campanile mica poteva immaginare tutte queste diavolerie quando si mise a scrivere quel giorno. La Gazzetta del Popolo nel luglio del 1932 gli aveva chiesto un corsivo. Un’ altro, l’ennesimo. C’era il Tour de France a invadere la Francia e lo scrittore venne invitato da Ermanno Amicucci, il direttore del giornale di Torino, a commentare il commento della Grande Boucle nei giornali italiani. Lui che solo qualche settimana prima era rientrato dalla missione di narrare a suo modo il Giro d’Italia, proprio su insistenza dello stesso Amicucci. Raccontò delle peripezie lungo le strade italiane e immaginò che non fossero poi così dissimili da quelle francesi. Per lui il ciclismo era una questione di fiducia, perché se è facile constatare come una corsa “è partita e come è giunta a conclusione, è sufficiente scorrere l’ordine d’arrivo, ben più ardito è capirne lo svolgimento”. Ed era lì che la fiducia entrava in gioco. Perché di questo c’era bisogno. “Tocca fidarsi”, dei cronisti, degli esperti, degli analisti, soprattutto degli scrittori che occupavano il loro maggio in una lunga peregrinazione a pedali lunga tre settimane. Una ventina di giorni che sono una libidine pura per gli appassionati; una noia mortale per le compagne o i compagni degli appassionati; di menefreghismo puro, per gli indifferenti della bicicletta che chiedono sempre la stessa cosa: “Ah, ma c’è il Giro?”. E verrebbe da rispondere, magari pure un po’ sdegnosi, che certo che c’è il Giro, perché da che mondo è mondo maggio è il mese del Giro d’Italia. Si è mai visto correrlo in altro periodo. Certo, nel 1946 Gino Bartali, Fausto Coppi e compagni avevano iniziato a far girare i pedali il 16 giugno, ma tant’è, c’era stato quel problemino della guerra, poi un paese da liberare, infine la necessità di capire che Italia era rimasta in piedi.

 

Tocca fidarsi. Per Achille Campanile la magia del ciclismo era essenzialmente questa.

 

E c’è bisogno di fiducia anche per capire che il maggio del Giro d’Italia ci sarà anche se non ci sarà. Le biciclette si muoveranno lo stesso, anche se non si muoveranno affatto. Partiranno da Budapest sabato 9 senza dover aspettare ottobre, come ha deciso l’Union Cycliste Internationale (Uci) nella riscrittura del calendario internazionale, scombussolato dalla pandemia di Covid-19.

 

Tocca fidarsi. Il Giro d’Italia si correrà a maggio, anche se non andrà in onda sulla Rai, anche se affacciandoci alla finestra non si vedranno i suoi colori riempire le strade. Ci saranno volate e scatti montanari, discese e battaglie, cadute e cotte. O almeno saranno raccontate. Ventun racconti, ventun illustrazioni, ventun autori che si alterneranno nelle sale stampa delle ventun tappe, quelle che dovevano essere, quelle che sono state rimandate, ma mica per davvero. Perché la realtà non sempre è reale, spesso è opera di convincimento, una narrazione personale. E così il SenzaGiro narrerà l’irrealtà e la renderà reale. Tocca fidarsi di questa carovana composita fatta di giornalisti, scrittori, musicisti, ex corridori, urbanisti, docenti. Gente diversa, con però una cosa in comune: la passione per la bicicletta e per la sua declinazione più veloce, il ciclismo. La stessa che unisce pure il Touring Club Italiano, che anticiperà le tappe raccontando i luoghi nella rubrica “In giro col TCI”, Ediciclo Editore, che proporrà un quiz quotidiano sulla pagina Facebook di SenzaGiro, in cui si potranno vincere libri scelti dal loro “catalogo a pedali”, Biciclette d’epoca, che fornirà contenuti di “repertorio” legati ai luoghi della corsa, La Biblioteca delle Biciclette Lucos Cozza di Roma, che proporrà “I libri di SenzaGiro” e Santini Maglificio Sportivo, storica azienda bergamasca di abbigliamento ciclistico, che sosterrà il progetto.

 

Su www.senzagiro.com (e sui canali social) dalle 17 di sabato 9 maggio (l'anteprima, scritta da Claudio Gregori, è già online) si potrà seguire il Giro che non c’è. E sarà un ritorno all’antico, a quell’epoca nella quale il ciclismo era anche, e forse soprattutto, uno sforzo letterario, “la possibilità dell’esercizio della bella prosa”, come scrisse Vasco Pratolini, prima di partire al seguito della corsa rosa nel 1947.

 

Non poteva essere altrimenti. Perché in questo ultimo secolo e mezzo abbondante la bicicletta è sempre riuscita ad adattarsi al contemporaneo, fregandosene però di cosa le accadeva attorno, non rinunciando mai alla sua natura: due pedali che muovono una catena che muove due ruote. S’è adattata al mutamento delle strade, delle abitudini, dei costumi. È sempre rimasta una resistenza a tutto, anche all’abbandono e alla dimenticanza, quando l’auto ha invaso tutti gli spazi della mobilità quotidiana. L’hanno data per finita molte volte, si è sempre ripresa i suoi luoghi. Soprattutto perché non ha mai abbandonato quello più importante, quello della scoperta e della fantasia. Questione di chimica. A dirlo è la scienza, sin dalla fine degli anni Ottanta, quando per la prima volta si scoprì che nel pedalare si attivavano un numero di connessioni neuronali superiore a qualsiasi altra attività.

Una fantasia estremamente reale però, perché SenzaGiro sosterrà, con una raccolta fondi, l’attività della Cooperativa Sociale Namasté di Bergamo.

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