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Pedalare con lentezza: nel ciclismo è meglio arrivare ultimi

Giovanni Battistuzzi

Al Festival del ciclista lento a Ferrara anche Gilberto Simoni, due volte vincitore del Giro dìItalia, cerca di “redimersi” dall'essere stato campione: sfiderà la maglia nera Bruno Zanoni nel Record dell'ora alla rovescia. Parla Guido Foddis

Lavorare con lentezza / Senza fare alcuno sforzo / La salute non ha prezzo / Quindi rallentare il ritmo: / Pausa, pausa, ritmo lento / Pausa, pausa, ritmo lento / Sempre fuori dal motore / Vivere a rallentatore”. Pedalare può voler dire lavorare. È lavoro per il ciclista che in bicicletta corre per essere più veloce degli altri. È lavoro per il rider, che un tempo si chiamava fattorino oppure “consegnista”, almeno a dirla con Arnaldo Pambianco perché toccava a lui consegnare la carne che il padre macellava. E anche lì tocca essere veloci, perché più corri, più consegni, più guadagni.

 

Pedalare è un po' anche un lavoro per tanti corridori della domenica. Ma anche del sabato, del venerdì, di ogni momento libero è buono per fare chilometri. E sono solitamente chilometri veloci ché c'è la granfondo, la garetta, la sfida con gli amici. Va forte l'amatore perché nella velocità rafforza il sogno di correre davvero, di correre contro gli altri e non solo per se stesso.

 

Raccontò Roger Pingeon, francese, professionista dal 1964 al 1974, un Tour de France e una Vuelta a España vinti in carriera, insomma, uno che in bicicletta sapeva correre forte, che “solo una volta terminata la mia carriera da ciclista e me ne giravo per solo gusto tra le colline ho capito cosa vuol dire pedalare. Ho imparato allora a prendere la vita col giusto tempo, un tempo più lento di quello che avevo inseguito per dieci anni”.

 

Niente fretta, pausa, pausa, ritmo lento. Anche sui pedali.

 

Niente fretta, passo lento. Perché in fondo in un mondo che corre e che compete per tutto, almeno in bici è meglio prendersela con calma. Soprattutto in gara. Perché vincere vuol dire gloria, ma bisogna vincere. Arrivar in mezzo vuol dire fatica. Ad arrivar ultimi quantomeno “ci sono affetto e soprattutto affettati”, raccontò Mario Gestri, ultimo in classifica al Giro d'Italia 1950, maglia nera.

 

E gli affettati richiamano il pane e il pane richiama il vino e il vino la festa. “Perché il luogo comune che vuole l'ultimo commiserato è sbagliato e va confutato: l'ultimo va invidiato perché gode di gioie della vita che i primi si sognano”, dice al Foglio Guido Foddis, cantautore, musicista, scrittore e quant'altro, soprattutto colui che il Festival del Ciclista lento se lo è inventato e lo ha condotto alla terza edizione (organizzata da Slow Travel con il patrocinio e il sostegno del Ministero dell'Ambiente, l'Ispra – Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Fiab – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Regione Emilia Romagna –, Comune di Ferrara, Comune di Argenta, Comitato Italiano Paralimpico sez. Emilia Romagna, US ACLI, Visit Ferrara, Ascom Ferrara).

 

 

E allora festa sia, ma festa lenta. Quella dedicata al ciclista lenta, quella che inizia oggi a Ferrara (e che si chiuderà domenica con la Granfondo del Merendone dove l’ultimo classificato riceverà il premio di Ciclista Lento 2019 – qui il programma). Lento per scelta, per necessità, per passione. Lento perché l'importante è pedalare, tutto il resto non conta. Lento perché a essere veloci ci pensa chi lo deve fare per esigenze di contratto, ma quando il contratto c'è allora perché affrettarsi. Lento perché “beati gli ultimi che la vita sanno goder”.

 

  

Lento perché prima o poi tocca a tutti. E allora meglio farne una scelta di vita, una predisposizione dell'animo. Ed è rivolta e rivoluzione, vera scelta controcorrente. O anche solo ammissione, evidenza, “perché la natura è stata crudele con me e allora bisogna essere se stessi, perché quindi provare ad andare veloce se sono nato lento?”, ammette Foddis.

 

Lento perché anche quelli veloci prima o poi si pentiranno di esserlo o di esserlo stati. L'anno scorso al Festival ha fatto pubblico pentimento Gianbattista Baronchelli, per tutti Gibì, per gli amici Tista, in carriera due volte vincitore al Giro di Lombardia, una al Giro del Piemonte, sei al Giro dell'Appennino e consecutive, oltre a cinque tappe al Giro d'Italia e tre podi. Soprattutto detentore del Record dell'ora alla rovescia: 1.313 metri percorsi in un’ora senza fermarsi e senza surplace. Un'impresa “difficile da battere. È molto dura che qualcuno possa fare meglio”, commenta Foddis. Sabato 25 ottobre alle 16 al velodromo “Fausto Coppi” di Ferrara, dopo La pedalata più lenta del mondo: 5 km in 5 ore, proveranno a batterlo Bruno Zanoni – professionista dal 1974 al 1979, una vittoria al Giro (o meglio mezza visto che era una semitappa), soprattutto centoundicesimo e ultimo al Giro del 1979, nonché ultimo della storia ad aver vestito la maglia nera – e Gilberto Simoni, che ultimo in carriera non è mai arrivato, ma in compenso in sedici anni di carriera ha vinto per due volte il Giro d'Italia. Una sfida che “vede favorito Zanoni perché più abituato ad andare piano: è più allenato”.

 

   

Prima Gibì e poi Gibo alla caccia del primato, in pratica “una redenzione del ciclista veloce”. Una redenzione forse tardiva, sicuramente sincera, un modo “per tornare a contatto con i propri tifosi perché i successi allontanano la gente, è la sconfitta che affratella”, ride Foddis.

 

Lento perché esistono i limiti di velocità, non di lentezza. E allora ognuno può abbassare i suoi. Perché festeggiare i lenti è ciò che manca ora allo sport, è soprattutto “uno sprone a fare meglio a chi arriva in mezzo, perché se competere coi primi è a volte impossibile, allora si competa per il vero grande traguardo alla portata di tutti, andare piano, arrivare ultimi”. Ed è mestiere difficile quelli dei sempre in coda – quelli raccontati con maestria dal primo grande cantore degli ultimi del ciclismo, Achille Campanile – “perché per arrivare ultimi il talento non basta, la lentezza va allenata”, chiude Foddis.

 


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