La Francia chiede alla Germania di fermare Nord Stream 2

Il ministro Beaune dice che le sanzioni già adottate contro la Russia per l'avvelenamento e la detenzione di Navalny non sono sufficienti, ma Berlino non è molto d'accordo

David Carretta

A ottobre del 2020, Merkel aveva smesso di escludere la possibilità di sospendere Nord Stream 2. Il suo governo è diviso, con una parte della Cdu favorevole all'interruzione. Anche nella Spd, grande sponsor del gasdotto, iniziano a esserci dubbi

Dopo le condanne retoriche per l'arresto di Alexei Navalny e la repressione delle manifestazioni a sostegno dell'oppositore in Russia, per Angela Merkel si avvicina il momento di scegliere tra gli interessi economici della Germania e i valori che la cancelliera dice di difendere. Ieri il ministro francese per gli Affari europei, Clément Beaune, ha chiesto a Berlino di fermare il gasdotto Nord Stream 2. Sul caso Navalny "delle sanzioni sono state già adottate, bisognerebbe adottare ancora, ma bisogna essere lucidi: questo non basta”, ha spiegato Beaune. “Bisogna andare oltre”. Secondo il ministro francese, “l'opzione Nord Stream 2 è un'opzione a cui si sta guardando”, ma “è una decisione tedesca perché è un gasdotto che è in Germania”.

Berlino ha risposto con un mezzo "nein" alle richieste di Beaune e di altri (il Parlamento europeo la scorsa settimana ha votato una risoluzione per stoppare Nord Stream 2). "Il governo federale non ha modificato la sua posizione di base", ha detto una portavoce dell'esecutivo Merkel. La scorsa settimana il portavoce della cancelliera aveva ribadito la posizione tradizionale di Merkel: "Il governo tedesco considera questo progetto come un dossier commerciale". In realtà, a ottobre del 2020, Merkel aveva smesso di escludere la possibilità di sospendere Nord Stream 2. Il suo governo è diviso, con una parte della Cdu favorevole all'interruzione. Anche nella Spd, grande sponsor del gasdotto, iniziano a esserci dubbi. In un lungo intervento sullo Spiegel il ministro per gli Affari europei, Michael Roth, ha messo in dubbio l'opportunità del gasdotto. La pressione sulla stampa cresce. In un editoriale lo Spiegel spiega che Nord Stream 2 è diventato il più grande imbarazzo di politica estera della Germania: il costo politico è diventato troppo alto e ora deve essere abbandonato.

Le parole di Beaune hanno sollevato interrogativi a Bruxelles anche per un'altra ragione: prefigurano la fine della politica della mano tesa di Emmanuel Macron nei confronti di Vladimir Putin? Dall'agosto del 2019 il presidente francese ha cercato di perseguire il dialogo con il suo omologo russo, giustificando alcuni comportamenti e rifiutando condanne troppo severe in pubblico. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, domenica si è limitato a condividere la posizione espressa da Josep Borrell sugli arresti di massa in Russia durante le manifestazioni pro Navalny. Tuttavia l'Alto rappresentante dell'Ue non ha usato la parola “condanna”, ma si è limitato a “deplorare” l'uso della forza. Altre capitali, in particolare dei paesi del nord e dell'est, sono stati molto più duri nei loro comunicati.

Borrell ha comunque fatto un passo in direzione dell'opposizione, facendo sapere pubblicamente che sta cercando di organizzare un incontro con Navalny durante la sua visita a Mosca prevista venerdì per un colloquio con il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov. “Siamo in contatto con la squadra di Navalny e cerchiamo di assicurare che ci sia un incontro”, ha detto ieri il portavoce di Borrell. La scorsa settimana l'Alto rappresentante aveva escluso una visita a Navalny.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di martedì 2 febbraio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

Von der Leyen nel mirino del Parlamento per il nazionalismo sui vaccini - Il presidente del gruppo Renew, Dacian Ciolos, ha chiesto a von der Leyen di andare davanti al Parlamento europeo per "discutere la strategia Ue sui vaccini" e "capire gli eventi di venerdì". La Commissione venerdì aveva presentato un meccanismo che consente di vietare l'esportazione di dosi prodotte nell'Ue, nel caso in cui le società farmaceutiche non rispettino gli accordi di acquisto anticipato sottoscritti con i 27. In una prima versione - poi modificata - della regolamentazione - la Commissione aveva anche minacciato di introdurre controlli alla frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord per evitare che vaccini destinati all'Ue potessero finire surrettiziamente al Regno Unito, provocando dure reazioni da Dublino e Londra. "Renew chiede un dibattito in plenaria e una risoluzione del Parlamento europeo sui vaccini", ha aggiunto Ciolos.

Von der Leyen preferisce le porte chiuse sui vaccini - La presidente della Commissione, almeno per il momento, darà risposte a porte chiuse alle domande dei deputati europei sulla sua gestione dei vaccini. Questa settimana von der Leyen comparirà davanti ai gruppi del Partito popolare europeo, dei Socialisti & Democratici, dei liberali di Renew e dei Verdi per rispondere alle molte domande dei deputati. Non è escluso che la presidente della Commissione accetti un dibattito davanti alla plenaria del Parlamento europeo la prossima settimana. Come spieghiamo sul Foglio, von der Leyen rischia di trasformare il successo della strategia Ue sui vaccini in un fallimento politico che mina la credibilità della sua Commissione. Il problema? E' troppo concentrata sul dibattito politico in Germania e troppo preoccupata di aiutare un governo tedesco in difficoltà.

Gallina difende il successo della strategia dell'Ue sui vaccini - Sandra Gallina, la funzionaria italiana a capo della direzione generale Salute che ha negoziato i contratti con le società farmaceutica, ieri ha detto che l'Ue “non ha nulla da invidiare” rispetto a Stati Uniti, Regno Unito e Israele sui vaccini perché “tutti gli stati membri sono entrati nella serie A” per numero di vaccinazioni. “Non avremo ottenuto più dosi con più denaro. Perché il problema è la produzione”, ha spiegato Gallina davanti alla commissione Bilancio del Parlamento europeo, i cui deputati contestavano il fatto di aver speso meno di Stati Uniti e Regno Unito: “Abbiamo comprato tutte le dosi che era possibile ordinare”. Secondo Gallina, i ritardi nella firma dei contratti sono dovuti al fatto che la Commissione ha insistito sulla “responsabilità” delle società farmaceutiche e sul diritto dei cittadini europei “di avere un indennizzo in caso di problemi” con i vaccini.

Entro giugno 400 milioni di dosi - Gallina ha svelato quello che dovrebbe essere il calendario delle prossime forniture. A febbraio sono previste 33 milioni di dosi, mentre a marzo ne dovrebbero arrivare 55 milioni, che si aggiungono ai 12 milioni di gennaio. “E' sempre stato chiaro che il primo trimestre sarebbe stato difficile”, ha spiegato Gallina, ricordando che il taglio del 25-30% delle forniture da parte di AstraZeneca ha aggravato il problema. Ma nel secondo semestre sono attese 300 milioni di dosi che - secondo Gallina – dovrebbero teoricamente permettere di vaccinare 200 milioni di persone entro fine giugno. Da aprile “il problema non sarà avere i vaccini, ma la vaccinazione”, ha detto Gallina: “Dobbiamo capire come accelerare la vaccinazione”. Nel frattempo ieri Pfizer-BioNTech ha confermato che nel secondo semestre potrà consegnare 75 milioni di dosi in più all'Ue grazie ai miglioramenti all'impianto di Puurs in Belgio e all'aumento delle capacità produttive altrove.

Il piano vaccini dell'Italia non pervenuto all'Ecdc - Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ieri ha pubblicato il suo secondo rapporto sulle strategie nazionali di vaccinazione nell'Ue. Secondo l'Ecdc, tutti gli stati membri hanno sviluppato piani individuando gruppi prioritari per la vaccinazione e elementi chiave della logistica. Ma, leggendo il documento, l'Italia sembra essere tra i pochi paesi la cui implementazione del piano di vaccinazione non è stata analizzata. L'Ecdc ieri ha pubblicato per la prima volta una dashboard con la classifica dei paesi europei per numero di somministrazioni. Ma alcune incongruenze nei dati hanno costretto l'Ecdc a sospendere la dashboard, che in serata non era più accessibile.

L'Ue chiude le sue frontiere esterne - Gli ambasciatori dei 27 stati membri hanno trovato un accordo al Coreper di ieri per chiudere ulteriormente le frontiere esterne dell'Ue. La raccomandazione, che dovrebbe essere approvata per procedura scritta nelle prossime ore, limita i criteri per rientrare nella lista dei paesi extra-Ue in cui è possibile viaggiare. Inoltre, vengono rafforzate gli obblighi di test e quarantena anche per i viaggi considerati essenziali.

Torture nei centri per migranti a Malta - Secondo il Times of Malta, i migranti detenuti in due centri sull'isola sarebbero stati oggetto di torture. L'Agenzia europea di sostegno all'asilo (Easo) ha detto di aver “discusso” della questione con le autorità maltesi, anche se il ministero responsabile ha negato di aver ricevuto notizie di maltrattamenti fisici. Dentro la Commissione, alcuni funzionari ci hanno detto di essere “scioccati” da quanto riportato dal Times of Malta. Ma non c'è stata ancora una reazione pubblica. Intanto, in un editoriale, il Foglio spiega cosa c'è da nascondere nell'Ue dopo il caso dei quattro eurodeputati del Partito democratico che sono andati in Croazia e Bosnia-Herzegoniva a verificare respingimenti e maltrattamenti di migranti.

L'Ue condanna il colpo di stato in Birmania - I presidenti delle istituzioni dell'Ue e l'Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, hanno condannato il colpo di stato di ieri in Birmania. “Chiedo ai militari di rilasciare tutte le persone che sono state arrestate illegalmente”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel: “L'esito delle elezioni deve essere rispettato e il processo democratico deve essere restaurato”. Il portavoce di Borrell ha spiegato che  "l'Ue sta valutando tutte le opzioni possibile sulle sanzioni per rispondere in modo rapido a questa situazione". Sul Foglio Massimo Morello spiega perché i generali della Birmania hanno deciso proprio adesso di fermare Aung San Suu Kyi.