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La campagna elettorale polacca gioca a wrestling

Micol Flammini e Paola Peduzzi

La Polonia vota tra partiti nuovi, aghi della bilancia fastidiosi, alleati indesiderati, sfidanti di vecchia data, la guerra al confine e una fabbrica di cuori

Wrzenie swiata è una libreria nel centro di Varsavia, bisogna attraversare Nowy swiat, una delle vie principali della capitale polacca, entrare in un cortiletto e si arriva in questo locale con tanto legno e luci calde. Se i nomi della libreria, Wrzenie swiata, e quello della via, Nowy swiat, vi sembrano simili, è perché hanno una parola in comune: swiat, che vuol dire mondo. Nowy swiat è dedicata al Nuovo mondo, Wrzenie swiata significa ebollizione del mondo, e qui, tra libri, tè, chiacchiere sembra davvero che Varsavia sia in ebollizione. Si pensa, si discute, si agisce. In questa libreria a centinaia si sono riuniti a fine settembre per preparare la manifestazione del Milione di cuori organizzata dall’opposizione polacca per far vedere quanti sono i cittadini che hanno voglia di cambiare tutto con il voto di domenica prossima. Fino a poco tempo fa, la libreria era più piccola, da poco ha aggiunto una stanzetta che appare più spoglia delle altre, è ancora da arredare, ma un paio di settimane fa sembrava proprio una rimessa: qui per tre giorni consecutivi ragazzi, adulti, bambini hanno fatto avanti e indietro per disegnare i manifesti da portare alla marcia. Michal lavora in libreria e ci ha raccontato di quei giorni di fabbricazione intensa, di colori, di slogan, di idee: “Le persone continuavano ad arrivare, non pensavamo sarebbero state così tante. E quando era il momento di chiudere, non volevano andarsene, c’era tanto da fare”. Michal  lo dice con orgoglio, racconta volentieri di quei giorni in cui la libreria si è trasformata in una fabbrica di manifesti, quando sembrava davvero che se non il mondo, sicuramente la Polonia fosse in ebollizione. Il fermento di quei giorni aveva un regista, Bartek Kielbowicz, un grafico che ha inventato gran parte dei manifesti di quei giorni e anche gli slogan, che si sta impegnando molto per mobilitare e fare in modo che soprattutto i giovani vadano a votare, sono loro la fascia più difficile da coinvolgere. Nei giorni scorsi su Instagram alcuni personaggi dello spettacolo e della cultura hanno iniziato a pubblicare dei video i cui spiegano perché voteranno. La risposta di Bartek è stata semplice: vado a votare perché voglio vivere qui e non voglio più vergognarmi per le parole del mio premier. Certo, Varsavia in questi anni è stata un’isola dell’opposizione, il volto splendente di una nazione che cova ancora diversi rancori e paure, di una scena politica in cui il bipolarismo è tra centro destra e destra, e a sfidarsi sono sempre stati due partiti – la Piattaforma civica e il PiS – e soprattutto due uomini che venivano da un mondo in comune, da una storia condivisa, quella di Solidarnosc, ma che poi hanno preso strade diversissime.  Ma sono cambiate molte cose in questi ultimi anni in Polonia, lo spettro politico si è fatto più largo, c’è la guerra in Ucraina, sono spuntati nuovi leader e gli slogan di un tempo non funzionano più.
 
A cosa badare.
Jaroslaw Flis è un professore dell’Università Jagellonica di Cracovia, è un sociologo e se volete sapere quali sono i possibili scenari, quelli più probabili, dovete chiederlo a lui. Conosce benissimo il suo paese, lo studia, e ha la dote di non esagerare. Ci ha delineato quattro scenari, iniziamo dai più probabili: l’opposizione  potrebbe avere i numeri per formare la maggioranza, in quel caso il problema potrebbe essere il presidente, Andrzej Duda, che è del partito di governo, il PiS, e potrebbe ostacolare la  formazione di un esecutivo. Il PiS, che secondo i sondaggi sarà riconfermato primo partito, potrebbe allearsi con Konfederacja, un partito di estrema destra, ma Konfederacja prentenderà dal PiS cose difficili da accettare. Oppure l’opposizione che viene chiamata “il blocco del Senato”, formata da Coalizione civica (Ko), da Sinistra (Lewica) e da Terza via, potrebbe prendere in considerazione di aprire a Konfederacja nonostante gli abissi ideologici che le dividono e lavorare su un governo tecnico, a punti. Lo scenario meno probabile è che il PiS da solo riesca di nuovo a ottenere la maggioranza, si faccia da solo il suo esecutivo e non cambi nulla. Affinché questo accada, dovrebbe esserci un fallimento piuttosto clamoroso di Sinistra e di Terza via.

 

Nella libreria Wrzenie swiata (ebollizione del mondo)  i polacchi  hanno disegnato i manifesti per l’opposizione


Chi decide cosa. Bisogna fare attenzione al king maker, all’ago della bilancia, che in queste elezioni sembra essere proprio Konfederacja, il cui nome completo è Confederazione Libertà e Indipendenza. E’ un partito abbastanza nuovo, fondato nel 2018, al cui interno si mescolano in modo caotico libertarian di ispirazione americana, euroscettici, nazionalisti, terrapiattisti, novax e filorussi. La galassia è composita ed è cresciuta ultimamente, sembrava dovesse raggiungere risultati ben al di sopra della doppia cifra, invece i consensi stanno diminuendo. Ma nonostante questo, ci spiega Flis, è proprio Konfederacja che potrebbe decidere il futuro governo della Polonia. Il PiS chiederà a questo partito di formare una coalizione, ma ci sono dubbi che Konfederacja, che ha rubato parecchi voti al PiS, accetti e soprattutto che accetti senza chiedere un prezzo alto, per esempio, la rimozione dell’attuale premier Mateusz Morawiecki. La posizione negoziale del PiS è debole, ci dice Flis: “Hercules contra plures, ma ormai il PiS non è più neppure Ercole”. L’altro partito da guardare con attenzione è Terza via, che in realtà è già una coalizione formata da Polska 2050 e il Psl, e se non avrà più del 9 per cento dei voti non entrerà in Parlamento. La Terza via ha già dato il suo sostegno alla Coalizione civica, ma qualora non dovesse superare la soglia di sbarramento, allora la ridistribuzione dei seggi andrebbe a vantaggio proprio del PiS.


L’Ucraina in Polonia. Subito dopo il 24 febbraio del 2022, era stata la Polonia il paese europeo che più aveva cercato di sensibilizzare l’Unione europea sulla necessità di una solidarietà incondizionata da assicurare a Kyiv. Varsavia aveva mandato armi, aveva accolto profughi assicurando loro vari benefici sociali, le strade polacche si erano trasformate in un universo multilingue e multicolore, e in parte lo sono ancora. L’intervento polacco era stato così determinante da spostare un po’ il baricentro dell’Europa a est e la Polonia, con il suo lungo confine con la guerra, è stata colpita anche da un missile della contraerea ucraina lanciato per respingere una tempesta di bombardamenti da parte dei russi, e l’accaduto era costato la vita a due persone. Anche in quel caso, mentre Kyiv negava che il missile potesse essere della sua contraerea, Varsavia aveva risposto con pacatezza e coordinazione, spiegando quel che è ovvio:  il missile era ucraino, ma la responsabilità è di Mosca, perché se il Cremlino non avesse iniziato questa guerra, Kyiv non sarebbe costretta a difendersi. Il litigioso PiS sembrava essersi trasformato, fino a quando non si è accorto della campagna elettorale e di aver perso voti soprattutto a favore di Konfederacja. Così si è messo a litigare sul grano ucraino, impedendone il passaggio sul suo territorio, poi il premier Morawiecki ha pronunciato frasi confuse in cui sembrava voler intendere che la Polonia non avrebbe più mandato aiuti militari a Kyiv, cosa per giunta non vera. Ci spiega Flis che l’aiuto all’Ucraina è venuto soprattutto dai cittadini, il governo ha seguito quello che era un movimento popolare. Ogni volta che si parla di Ucraina in Polonia sembra che si finisca in una competizione di wrestling, si grida, si strepita, ci si deforma, si esagerano le mosse, tutti, secondo il loro interesse, vogliono mostrare che la situazione è grave, in realtà, è tutto molto urlato, è meno grave di quel che sembra.
 
 

Il PiS vince nascondendo Kaczynski, alla Coalizione civica invece conviene mettere Tusk in bella mostra

 

Donald e Jarek. Come due duellanti, Donald Tusk e Jaroslaw Kaczynski, si sono inseguiti, evitati e sempre sfidati. Il primo è il leader di Piattaforma civica che oggi è il partito principale di una coalizione più ampia che ha preso il nome di Koalicja obywatelska, Coalizione civica. Il secondo è tra i fondatori del PiS, vissuto sempre nell’ombra di suo fratello Lech, il presidente morto in carica nell’incidente aereo del 2009, mentre volava verso la Russia. Tusk dopo essere stato per due volte primo ministro, è andato a servire le istituzioni europee, ed è stato presidente del Consiglio europeo. Kaczynski invece è rimasto sempre in Polonia, a dirigere il PiS. Tusk ha deciso di tornare in Polonia proprio per invertire il corso della politica polacca e rianimare il suo partito che ormai, alla ricerca di un nuovo leader, sembrava essersi perso. L’effetto del suo ritorno si è sentito eccome, Tusk è un oratore molto potente, ha ricucito i brandelli della coalizione, ha indetto manifestazioni, ha detto: se ci siamo, facciamo sentire che esistiamo. E infatti, così è stato. In suo aiuto è arrivato anche l’altro leader del partito, il sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski, che qualcuno vorrebbe vedere come prossimo premier. Per Kaczynski il ritorno di Tusk è stato un pericolo e un’occasione, il pericolo sta nei numeri, nella rinascita dell’opposizione, l’occasione sta nel fatto che Tusk è stato sempre il bersaglio delle campagne euroscettiche del PiS per le quali l’ex presidente del Consiglio europeo era l’uomo colpevole di aver venduto la Polonia a Bruxelles e alla Germania. C’è una grande differenza tra i due: se Tusk è l’uomo da mettere in mostra per aumentare voti, Kaczynski è quello da lasciare dietro le quinte. Flis ci ha detto che il PiS va meglio quando nasconde un po’ il suo leader, dopotutto si porta addosso la definizione di peggior premier della storia polacca dopo il comunismo. 


La democrazia è a rischio? L’opposizione vive questo voto come esistenziale, ritiene che un altro mandato del PiS distruggerebbe la democrazia polacca. Flis prima ci scherza su, dice che sono anni che l’opposizione invoca l’elezione più importante di sempre. Poi riporta l’attenzione sulla propaganda, sui dibattiti bislacchi che vanno in onda sulle reti governative in cui i politici trascorrono il tempo nel tentativo di dimostrare che Tusk non è polacco e vanno alla ricerca del suo dna tedesco. Il PiS è un partito che piace per varie ragioni, anche per la sua agenda economica, è un partito di destra che dal punto di vista economico è di sinistra e questo ha giocato a lungo a suo favore. A livello di diritti è pericoloso, ma secondo Flis non è facile fare in Polonia quello che è stato fatto in Ungheria o in Turchia e basta guardare i numeri. Il PiS non ha avuto lo strapotere in Parlamento di cui ha goduto, per esempio, il Fidesz di Viktor Orbán, nelle ultime elezioni non aveva la maggioranza in Senato e non è mai riuscito a ottenere l’appoggio di quelle branche dello stato che se le porti dalla tua parte ti assicurano il potere eterno. Prendiamo il caso dell’esercito, che è sempre bene che stia fuori dalla politica: questa settimana due importanti generali si sono dimessi. Sono il capo di stato maggiore Rajmund Andrzejczak e Tomasz Piotrowski. Il primo in modo particolare è molto stimato dai polacchi e queste dimissioni sono un duro colpo per il PiS a pochi giorni dalle elezioni, anche perché seguirebbero lunghi periodi di tensioni con il ministro della Difesa, secondo alcuni media polacchi, collegati all’altro missile finito in Polonia, e che, fortunatamente, non aveva fatto danni. Il PiS non è più Ercole, avrà molti voti ma meno degli anni passati. Finora ha cercato di attaccare lo stato di diritto, ma la Polonia  con i suoi anticorpi, proprio come una democrazia che si rispetti, ha reagito e non è diventata l’Ungheria.
 

Da essere nati da una storia simile, la Coalizione civica e il PiS hanno finito per non somigliarsi per nulla. Questa lotta tra centro destra e destra si è colorata di altri partiti in crescita, di piccole rivoluzioni in libreria, di un film che ha fatto scalpore – quello di Agnieszka Holland – di spot elettorali che parlano tantissimo di sesso e di libertà sessuale, perché qui anche il sesso è politica. Per queste elezioni, la Coalizione ha scelto un nuovo simbolo, un cuore rosso e bianco al centro: sono i colori della Polonia. Agli attacchi personali e all’odio, Tusk ha risposto con il cuore, che qui in Polonia ricorda anche altro: l’omicidio del sindaco di Danzica, Pawel Adamowicz, bersaglio della propaganda delle televisioni governative, accoltellato nel 2019 sul palco di un evento di beneficenza che si tiene ogni anno in tutto il paese e che come simbolo ha proprio un cuore.