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In affanno

Oggi l'Ue cerca un accordo sui proventi russi a Kyiv e sull'elusione delle sanzioni

David Carretta

Quasi due anni dopo aver promesso per la prima volta di usare i beni congelati della Russia a favore dell’Ucraina, i ventisette stati membri dell’Unione europea oggi potrebbero trovare finalmente un'intesa. Ma si tratterà in ogni caso di una decisione tardiva e limitata rispetto alle esigenze del conflitto

Bruxelles. Quasi due anni dopo aver promesso per la prima volta di usare i beni congelati della Russia a favore dell’Ucraina, i ventisette stati membri dell’Unione europea oggi potrebbero trovare un accordo per destinare una parte dei proventi straordinari degli attivi della Banca centrale russa allo sforzo di difesa ucraino. I ventisette inizieranno anche a discutere del quattordicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, che cercherà per l’ennesima volta di tappare alcuni dei buchi che hanno consentito a Mosca di eludere una parte sostanziale delle misure restrittive dell’Ue. Al di là dei soliti sospetti che rischiano di far deragliare un’intesa con il loro veto – come l’Ungheria di Viktor Orbán cui si è aggiunta la Slovacchia di Robert Fico – le trattative sull’uso dei beni congelati russi e sulle sanzioni dimostrano ancora una volta i limiti della capacità dell’Ue di stare al passo con la guerra di Vladimir Putin. Decisioni chiave arrivano troppo tardi e spesso sono troppo poco rispetto a quanto necessario per influenzare il conflitto a favore dell’Ucraina.

Le trattative sull’uso dei beni congelati della Russia vanno avanti dall’estate del 2022, quando la Commissione aveva messo nero su bianco le sue idee per utilizzare gli attivi sanzionati dall’Ue all’inizio della guerra. Si tratta di 192 miliardi di euro della Banca centrale russa detenuti da Euroclear, società belga di servizi finanziari, specializzata nel regolamento delle transazioni in titoli, nonché nella custodia e nel servizio delle attività di tali titoli. Il progetto inizialmente era rimasto bloccato per l’opposizione della Banca centrale europea e dei tre grandi paesi dell’Ue – Germania, Francia e Italia – spaventati dai rischi per la stabilità finanziaria dell’euro in quanto moneta di riserva e da potenziali ricorsi della Russia davanti alla giustizia internazionale. L’espediente per avanzare è stato trovato lo scorso autunno: non toccare il capitale, ma sequestrare i proventi straordinari realizzati da Euroclear con gli investimenti sugli attivi russi in portafoglio. L’ammontare non è astronomico: tra i 2,5 e i 3 miliardi di euro l’anno. Il compromesso prevede di destinarne il 90 per cento per l’acquisto di armi per l’Ucraina. Il resto dovrebbe andare all’assistenza umanitaria o a finanziare l’industria della difesa europea o ucraina. Da alcune settimane gli Stati Uniti spingono per un’altra destinazione. Usare i proventi straordinari per fare leva sui mercati e raccogliere molte più risorse sui mercati da girare a Kyiv. L’ultima bozza di compromesso presentato dalla presidenza belga dell’Ue “include l’idea della leva sui mercati”, spiega al Foglio un diplomatico. “Il testo è buono, ma continuano a esserci nuove richieste di cambiamento ed emendamenti”, dice il diplomatico. “Non c’è alcuna ragione per perdere altro tempo, l’Ucraina ha bisogno di quel denaro urgentemente”. Eppure il rischio di ulteriore ritardo c’è.

 

Sul quattordicesimo pacchetto di sanzioni incombe l’abituale minaccia di veto di Orbán, che potrebbe prolungare i negoziati per settimane. Per la prima volta la Commissione ha proposto di colpire il settore del gas, con un divieto di trasbordare gnl russo nei porti dell’Ue e restrizioni sui servizi di trasporto. Ma la Commissione non si è spinta fino a un embargo sulle importazioni di gnl dalla Russia. La misura potrebbe rivelarsi tanto inefficace quanto il tetto al prezzo del petrolio imposto dal G7, che è stato facilmente aggirato dalla Russia attraverso una flotta di petroliere fantasma. La Commissione sta proponendo solo ora di vietare l’accesso ai porti europei ad alcune navi sospette. L’Ue si lega le mani da sola nella lotta all’elusione delle sanzioni. Anziché vietare le esportazioni di beni a uso duali nei paesi che chiudono gli occhi o favoriscono l’elusione – come Cina o Turchia – anche questa volta la Commissione si limita a proporre di colpire singole società accusate di riesportare verso la Russia materiale sotto embargo. Il problema del ruolo della Bielorussia viene affrontato solo ora. Le altre misure del quattordicesimo pacchetto includono un divieto di importazione di elio e restrizioni su alcune terre rare. In vista delle elezioni europee, ci sono due misure altamente simboliche, ma di dubbia efficacia per le sorti della guerra: Voice of Europe, il sito usato da una campagna di influenza russa, dovrebbe finire nella lista nera, mentre l’Ue dovrebbe vietare a partiti politici, fondazioni, think tank e altre organizzazioni di ricevere finanziamenti dalla Russia.

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