l'annuncio

Sánchez ha portato i sentimenti in politica e se n'è fatto vanto. La decisione di rimanere

Guido De Franceschi

Come se fosse uno dei protagonisti della serie tv spagnola “Machos Alfa”, il premier socialista ha interpretato il ruolo del leader disposto a mostrarsi debole pur di non portare i veleni lavorativi nell'ambito familiare. Non si è dimesso e ha parlato della Spagna come di un modello per il futuro, ma si capiva benissimo che era lui a sentirsi un modello per i leader di domani

Stamattina, alle undici in punto, il premier socialista spagnolo Pedro Sánchez ha annunciato che rimarrà a capo del governo dopo che la sua “lettera ai cittadini”, diffusa mercoledì scorso attraverso il suo account X, aveva tenuto con il fiato sospeso tutto il paese. In quella lettera, con una mossa assolutamente insolita, Sánchez aveva annunciato che si sarebbe preso alcuni giorni di silenzio e di riflessione per decidere se per lui valesse la pena di rimanere in carica dopo che un giudice aveva aperto un’indagine preliminare a carico di sua moglie Begoña Gómez su “imbeccata” dello screditassimo pseudosindacato Manos Limpias, che aveva inoltrato alla magistratura presunte notizie apparse su alcuni giornali online.

 

La lettera ha avuto l’effetto di una brevissima era glaciale. Annichiliti i dirigenti socialisti, presi alla sprovvista. Spaesati i suoi alleati. Stranita anche l’opposizione che davanti alla prospettiva di un’occasione d’oro non ha saputo fare altro che balbettare. Forse i comuni cittadini avevano altre faccende da sbrigare, ma la politica e i media, che pure avrebbero avuto da occuparsi delle imminenti e delicatissime elezioni catalane del 12 maggio e delle europee di giugno, sono rimasti come paralizzati in una crescente suspence relativa alla decisione finale del premier. Nel paese con il più alto tasso di columnist e opinionisti tv, ci si è divisi per cinque giorni tra chi pensava che Sánchez fosse stato colto da un’overdose d’amore per la moglie e la famiglia (e quindi “Che politico romantico!” per alcuni e “Che adolescente irresponsabile indegno del suo ruolo!” per gli altri) e chi riteneva invece che il premier stesse semplicemente inscenando una tragedia pre elettorale per cercare di fare muro davanti alla rimonta della destra intorno a una riedizione postmoderna del “no pasarán” (e quindi “Che politico astuto!” per alcuni e “Che politico immoralmente pronto a tutto!” per altri).

 

Alla fine, come spesso accade, la verità stava nel mezzo. È abbastanza probabile, infatti, che mercoledì a Sánchez si sia chiusa una vena per la rabbia e che la situazione gli sia sfuggita di mano. Ma è altrettanto probabile che l’amore per la moglie (leggi: la serenità della sua famiglia) sia stata immediatamente mitigata dall’inconscio del politico navigato che ha suggerito la “trovata” della lettera. Nel suo breve discorso di oggi Sánchez ha ribadito che la scelta di fermarsi un attimo a pensare è nata da un problema personale e non politico. Ha spiegato che più come uomo che come premier ha ritenuto necessario fermarsi un attimo a pensare se fosse giusto che una donna che lavora debba rischiare di essere messa ingiustamente sotto scacco a causa del lavoro del marito e se i suoi sentimenti debbano essere silenziati perché questo è quello che richiede il ruolo del marito.

 

Come se fosse uno dei protagonisti della divertentissima serie tv spagnola “Machos Alfa” (su Netflix), Sánchez ha interpretato il ruolo del leader disposto a lasciare il suo posto pur di non essere costretto a reiterare un modello di mascolinità tossica portando nella sfera familiare i veleni provenienti da una sfera lavorativa in cui l’unico diktat è quello di andare sempre avanti a tutto vapore, senza fermarsi mai, per non mostrarsi deboli. Il premier ha detto di essere consapevole di aver portato in ambito politico un sentimento che di solito non viene mostrato. E se n’è fatto vanto. Ha detto che ha deciso di rimanere perché persuaso che ora tutti possano essere più consapevoli di quali debbano essere i limiti della lotta politica e quali debbano essere i limiti tra la libertà di parola e la libertà di diffamazione che non feriscono solo dei simboli, ma feriscono anche delle persone, degli esseri umani. E colpiscono la famiglia, che è la base della società spagnola.

 

Sánchez ha dato a intendere di essere persuaso che le cose non saranno più come prima della sua lettera. E, in un eccesso di autostima, ha parlato della Spagna come di un modello per il futuro, ma si capiva benissimo che era lui a sentirsi un modello per i leader di domani. La Spagna da luogo buio dell’Europa, ha detto, è diventata un modello di libertà, democrazia, inclusione. E ora deve confermarsi come modello, mostrando a tutti come si difende la libertà e la democrazia da chi abusa della libertà di espressione e porta la lotta politica anche là dove essa non dovrebbe entrare e cioè nei sentimenti.

 

Resta ora da vedere se, nel breve termine e poi su un orizzonte più ampio, nell’elettorato prevarrà l’impressione che si sia trattato soltanto di una tarantella un po’ ridicola di un premier inadeguato a cui hanno ceduto i nervi e che ha poi costruito tutta una sovrastruttura ideologica per giustificare la sua lettera ai cittadini senza passare per un frignone oppure se sia stato un atto di coraggio a suo modo storico che potrà essere fondativo di un nuovo archetipo di politico sensibile più adatto allo Zeitgeist, avvenga questo secondo una modalità “dall’alto” (il premier che incarna e promuove la necessità di diffondere nuovi modelli di comportamento professionale più sani e più moderni) o “dal basso” (secondo il più classico populismo contemporaneo sintetizzabile in un semplice “Pedro, uno di noi”).

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