medio oriente

Le frustate dei fratelli Sinwar emergono dai tunnel di Gaza

Micol Flammini

La storia Mahmoud Ishtiwi, accusato di essere gay e collaboratore di Israele, è stato torturato da Hamas per 1.200 ore. I documenti raccontano la detenzione, la confessione sotto tortura e il metodo

Mahmoud Ishtiwi era il comandante del battaglione Zeitoun di Hamas, uno dei più importanti e forti dell’organizzazione, era sposato, faceva parte di una famiglia benestante con legami solidi con la leadership del gruppo, aveva trentatré anni quando, nel 2015, venne accusato di essere omosessuale, di avere una relazione con il suo vicino di casa e di collaborare con Israele. Ishtiwi venne catturato e durante la sua detenzione le accuse contro di lui iniziarono ad accumularsi, venne accusato anche di costringere sua moglie a prostituirsi e di appropriazione indebita di fondi appartenenti a Hamas, che avrebbe utilizzato per  pagare il suo amante e  non far uscire la notizie sulla sua omosessualità. Ishtiwi venne  torturato, incriminato e condannato a morte l’anno dopo.
 
Il caso ebbe molta risonanza nella Striscia, i famigliari di Ishtiwi organizzarono anche delle manifestazioni in suo sostegno.   Hamas cercò di coprire la sua uccisione, dopo aver  archiviato i diari del detenuto, i documenti sui suoi interrogatori e le lettere che spediva alla sua famiglia all’interno di un tunnel nella città di Khan Younis, nel sud di Gaza. Le torture sono raccontate nel diario  che Ishtiwi avrebbe iniziato a scrivere una volta capito che non sarebbe sopravvissuto. Arrivato a Khan Younis, le forze di sicurezza che lo avevano in custodia gli dissero: “Questa è la tua tomba, sarai coperto di cemento fino alla bocca”. Aveva tentato la fuga, ma non è facile uscire da un tunnel quando non lo conosci in ogni millimetro, e anche se Ishtiwi aveva gestito parte della struttura sotterranea di Hamas, non poteva conoscerla tutta alla perfezione. L’uomo scrive di aver implorato, nel diario dice: “Allah proibisce di uccidere una persona ingiustamente”. Giudica i leader di Hamas, dice che il responsabile di tutto è Ismail Haniyeh, che ha lasciato la Striscia e vive a Doha, in Qatar, racconta dell’incontro con i fratelli Sinwar e descrive il rapporto tra i due come un gioco di ruoli: Mohammad “è un mostro, fa il poliziotto cattivo”, Yahya Sinwar è il poliziotto buono. E’ stato Yahya Sinwar a convincerlo a confessare, il leader di Hamas che è rimasto a Gaza dopo l’attacco del 7 ottobre e a cui oggi spetta l’ultima parola riguardo alle proposte di accordo per un cessate il fuoco gli aveva promesso protezione e sicurezza in cambio di una confessione. Gli aveva detto che se avesse ammesso tutto, non lo avrebbe portato davanti a un tribunale religioso. Ishtiwi  confessò, non si sa se per la promessa di Sinwar, o con più probabilità per lo sfinimento dovuto alle torture: “Mi hanno frustato quattrocento, cinquecento volte, il mio corpo ha assunto colori diversi, c’è sangue nelle mie urine, le frustate sono durate più di quattro ore di fila, ho perso conoscenza, mi hanno mandato in ospedale e mi hanno ordinato di confessare tutto”. Nel diario scrive di essere stato frustato anche da Mohammad Sinwar, racconta che i suoi torturatori lo hanno appeso in aria, spogliato, umiliato, gli hanno sputato addosso. Alla sua famiglia ha raccontato di essere stato torturato per milleduecento ore da persone che nel farlo lo informavano che non era la prima volta, lui non era il primo. 


Nelle parole dette dopo le sevizie ammette di aver avuto rapporti sessuali con il suo vicino Saad per anni a casa sua, in appartamenti presi in affitto e in una jeep delle brigate al Qassam, di aver costretto sua moglie a unirsi a loro, di averla costretta a guardare film porno, di aver rubato e rivenduto le armi di Hamas, inclusa quella di Ahmed al Jabari, il leader che per il gruppo è stato una leggenda, ucciso da Israele nel 2012. Dopo la confessione, Ishtiwi aveva scritto a suo fratello di non credere a nulla, di aver parlato sotto tortura. Sinwar gli aveva assicurato  che si sarebbe occupato della sua protezione risparmiandogli il tribunale religioso. Non ha mantenuto la promessa e Mahmoud Ishtiwi è stato condannato a morte. Questa storia è emersa dai tunnel di Khan Younis in cui l’esercito israeliano ha trovato documenti, verbali, video. Il caso di Ishtiwi fu particolarmente noto per l’attivismo della famiglia e per il ruolo che l’accusato rivestiva dentro a Hamas. Ma di casi simili ne esistono molti, gli omosessuali vengono sempre accusati dal gruppo della Striscia di essere collaboratori di Israele, vengono presi, torturati e uccisi.


Nella disperazione di Gaza, tra la paura, i disagi, la mancanza di cibo che entra ma non arriva ai cittadini, i palestinesi che parlano  al telefono  con la stampa internazionale dicono che le persone maledicono Sinwar, che Hamas è ormai distrutto militarmente, ma il suo potere oppressivo è ancora in piedi e anche adesso parlare male dei suoi leader nascosti nel tunnel è pericoloso. Un ragazzo che negli anni scorsi aveva partecipato alle manifestazioni contro il carovita in una Gaza diversa, in un medio oriente lontano anni luce da oggi, ha raccontato alla stampa israeliana che non tutti i palestinesi credono che il 7 ottobre sia da condannare, molti non credono ai video delle violenze sugli israeliani, ma cresce la popolazione che accusa Hamas di aver iniziato una guerra senza pensare alla popolazione. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.