Meloni e Le Pen in uno scatto del 2015 (LaPresse)

il libro

Altro che Le Pen. Quello di Meloni si chiama post populismo

Mauro Zanon

Secondo Thibault Muzergues, ricercatore presso l’International Republican Institut di Washington, la premier italiana propone una nuova dottrina che mira a superare le idee populiste per tornare a un vero dibattito tra sinistra e destra

Parigi. “Neofascista”, “post-fascista”, “erede di Mussolini”. Sono le formule utilizzate dalla stragrande maggioranza degli analisti francesi per descrivere la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni da quando è diventata presidente del Consiglio italiano. Una visione miope e pressapochista, a volte figlia di tic ideologici, altre di una scarsa volontà di capire in profondità cosa sta accadendo oltre le Alpi francesi.

Thibault Muzergues, ricercatore presso l’International Republican Institut di Washington, è andato oltre questa pigrizia intellettuale, proponendo nel suo ultimo libro, “Post-populisme” (Éditions de l’Observatoire), una chiave di lettura intrigante per capire il fenomeno Meloni e ciò che potrebbe avvenire in Europa, e non solo, nei prossimi anni. “Cerco di dimostrare che siamo usciti da un periodo rivoluzionario (…). La grande disruption degli anni 2010, con le conseguenze della guerra in Iraq e della crisi finanziaria del 2008, ha cambiato le carte in tavola, ma ora è finita e si sta passando ad altro. Lo vedo in Italia, dove stiamo assistendo alla fine della divisione tra populisti ed élite che esiste ancora in Francia. Stiamo infatti tornando a una classica divisione tra destra e sinistra, ma con destre e sinistre che si definiscono in maniera molto più netta”, ha spiegato al Figaro Thibault Muzergues.

Giorgia Meloni, secondo lo studioso francese, propone una nuova dottrina, il “post-populismo”, che mira a superare le idee populiste per tornare a un vero dibattito tra sinistra e destra. “La divisione destra-sinistra come l’abbiamo conosciuta è stata stabile per molto tempo, perché c’era il grande scontro tra comunismo e capitalismo, che si è un po’ prolungato dopo il crollo del muro di Berlino con la contrapposizione tra statalismo e libero mercato. Oggi in Italia è molto chiaro: tra Elly Schlein, leader del Partito democratico, e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, è tornata la divisione destra-sinistra, con veri dibattiti approfonditi in Parlamento. Ma non più la contrapposizione tra popolo e élite che ha segnato la crisi populista degli anni 2010. Gli elettori hanno nuovamente un’alternativa chiara. I populisti erano apparsi proprio perché gli elettori sentivano che destra e sinistra erano diventate due facce della stessa medaglia”, sottolinea Muzergues. Secondo cui Meloni ha compreso, a differenza di altri leader europei della stessa famiglia, i limiti del populismo, che “certe posizioni populiste non reggono dinanzi alla realtà (in particolare il fascino verso Putin) e sta inventando un nuovo liberal-conservatorismo, sicuramente più conservatore, ma comunque caratterizzato da un certo liberalismo”.

“Da questo punto di vista, non è affatto sulla linea di Orbán e del suo illiberalismo”, afferma lo studioso. Meloni non è la sola a sperimentare quello che Muzergues chiama il nuovo “paradigma post-populista”. “I populisti stanno perdendo terreno anche in Spagna, con la caduta di Vox e di Podemos, mentre il Partito socialista e il Partito popolare sono risaliti al 65 per cento delle intenzioni di voto. Lo stesso vale per la Svezia, dove i Democratici svedesi, populisti radicali, sono usciti dalla loro postura del ‘tutto o niente’ dopo la pesante sconfitta elettorale del 2019 (…). Anche la Repubblica Ceca, dopo l’episodio populista di Andrej Babis, è tornata a un partito di destra liberale con Petr Fiala. E osserviamo che la Cdu si sta rimettendo in carreggiata con Friedrich Merz (presidente dei cristiano-democratico tedeschi dal gennaio 2022, ndr), perché rivendica una netta virata a destra del suo partito verso il post-populismo”, analizza Muzergues. E in Francia? Più di Marine Le Pen, è il suo delfino Jordan Bardella che vorrebbe accelerare l’entrata del Rassemblement national nell’èra del post-populismo, secondo lo studioso. Ma a differenza di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni c’era ancora molta strada da fare.

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