Emmanuel Macron - foto Getty images

L'editoriale dell'elefantino

Macron avverte: Putin vede sempre più conferme del fatto che la minaccia paga

Giuliano Ferrara

Quando si indica la Luna, lo stolto guarda il dito. Accade in Europa, quando un Occidente punta l'indice contro la proposta del presidente francese di inviare truppe Nato in Ucraina, ma dimentica che il vero problema è l'aggressione russa e la mancanza di una risposta politica efficace

Questi scicconi anglosassoni di Politico.eu, che sembrano usciti da un romanzo di Graham Greene sul tono indifferente con cui l’MI5 compie i suoi delitti occidentalisti tra una battuta di caccia e l’altra alle pernici, attaccano con violenza Emmanuel Macron, e con argomenti, volendo, inoppugnabili. La sua sortita sulle truppe Nato da inviare in Ucraina è una gaffe, divide i governi europei, imbarazza la Germania che è in prima linea, non è coerente con la fornitura stentata di armamenti francesi a Zelensky, esprime la solita propensione ambiziosa e vanagloriosa del presidente francese alla grande idée del momento, in fondo è fuffa nociva. Ma è il solito modo di guardare il dito che indica la luna dimenticando l’astro pallido che costituisce il nostro problema e determina i nostri più o meno giustificati umori. Vero che bisognerebbe riflettere prima di parlare di coraggio e codardia nei rapporti internazionali, specie tra potenze nucleari. Eppure, se non si voglia comparire come difensori dello status quo di Putin, cioè di una situazione in cui i missili russi colpiscono beffardamente vicino al corteo presidenziale a Kyiv che ospita il presidente ucraino e quello greco Mitsotakis, e se non si voglia spacciare per realismo churchilliano la propensione a lasciarsi intimidire di altri politici inglesi come Chamberlain, ché c’era della vanagloria anche nella promessa di pace per il nostro tempo, peace in our time, dei tempi di Monaco, la luna conta più degli eventuali difetti e degli arabeschi politici della Grandeur macroniana.
 

Quello che la Francia vuole dire, assumendosene la responsabilità il suo capo nel discorso di ieri a Praga, nonostante e forse proprio in ragione della deriva putinista di gran parte dell’opinione parlamentare e sociale delle Le Pen e dei Mélenchon, è che ci siamo lasciati provocare senza reagire all’altezza o alla bassezza della sfida dall’imperialismo russo.
 

E che invadere un popoloso paese e colpire la sua capitale e obbligare il mondo a ripiombare nell’incubo nucleare, insomma tutto questo avviene ormai da oltre due anni per una sola vera ragione: Putin non esclude nulla, gioca con carte così così e con una propensione paranoide al bluff di ultima istanza, e copre di vergogna i rapporti internazionali, sistema a modo suo il problema dell’opinione russa e di chi cerca di rappresentarla in senso democratico, cioè a colpi di galera e di morte, infiltra l’occidente di hackers e di portavoce del suo nullismo, carambola tra le difficoltà politiche delle democrazie a fronte di una autocrazia spietata e monolitica, perché noi dal principio abbiamo giocato sempre e solo a escludere una risposta simmetrica. Se escludi di combattere una guerra tradizionale di territorio con i metodi tradizionali, che sono buoni armamenti e buoni eserciti sul campo, hai già in linea di principio e di fatto determinato i tuoi limiti e l’illimitata potenza di fuoco del nemico.
 

Quando la Russia nel febbraio del 2022 ha invaso un paese europeo dove si vota e si litiga, un paese libero che si era sottratto all’egemonia dell’impero postsovietico, con tanto di contratti e patti internazionalmente riconosciuti, solo una minoranza la aveva sostenuta, anche all’Onu dove il sostegno ai pazzi che avvelenano i pozzi della pace è sempre all’ordine del giorno. In questi due anni l’acqua è andata per l’orto del capo russo, che ha raccolto sul piano mondiale, a parte Iran e Corea del nord e Hamas, una messe di nuovi proseliti o di neutralisti conniventi, e lo ha fatto perché è nella natura umana, quando si innesta una lotta mortale, parteggiare per chi non si immagina come il soccombente, fare dunque i propri porci interessi, che sono vitali per le nazioni. È già un miracolo che la coalizione messa in piedi da Joe Biden abbia sostanzialmente retto, e che la Nato non si sia sfrangiata, se non per le sciagurate circonvoluzioni ungheresi e turche, e anzi si sia irrobustita con la Finlandia e la Svezia. Il dito è il sospetto che Macron, non escludendo l’invio di truppe ausiliarie e invocando coraggio per vincere “la nostra guerra”, si comporti da bullo; la luna è che il bullo mondiale stia giorno dopo giorno ottenendo conferme sempre più devastanti del fatto che, nella asimmetria tra diplomazia e sanzioni e aiuti contro l’avanzata dei carri armati e dell’aviazione più forti, la minaccia paga.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.