Una Difesa comune europea. Sì, ma come? Indizi dalla Commissione

Giulia Pompili

Due budget paralleli. L’Unione europea lavora al suo piano industriale, mentre la Cina spende tutto quello che può

Ieri la Commissione europea ha presentato a Bruxelles la prima strategia per l’industria della Difesa europea, un meccanismo che dovrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dall’America nel settore e creare una visione a lungo termine delle capacità di difesa europee. “Sosterrà gli stati membri non solo a spendere di più, ma anche meglio, insieme e in modo europeo”, ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che oggi al congresso del Partito popolare europeo dovrebbe ottenere la candidatura ufficiale per un secondo mandato alla Commissione. Il documento, però,  è in realtà ancora in fase di negoziazione.

Lo è soprattutto la parte sui finanziamenti destinati all’industria europea. Ma se verrà approvato, probabilmente al prossimo Consiglio, sarà il primo elemento concreto della fine del modello economico post Guerra fredda. La costruzione di un’industria della Difesa europea è un primo passo decisivo, hanno detto i rappresentanti dell’Ue ieri durante la presentazione del documento. Si tratta di far diventare strutturali le misure prese con l’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia e rendere l’industria bellica europea “pronta” a qualsiasi “minaccia esistenziale”, con un primo finanziamento da 1,5 miliardi di euro fino al 2027. Perché la guerra è lì, ai nostri confini, e non sembra sia possibile farla finire nel breve periodo, ha detto il responsabile della politica estera dell’Ue Josep Borrell. Però il problema sono, come sempre, i soldi, ed è su quello che vanno ancora avanti i negoziati: la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, ha ammesso che “1,5 miliardi di euro non sono molti quando si tratta dell’industria della Difesa”, ma potrebbero servire a creare un meccanismo virtuoso, “come incentivo, come bonus, come elemento che spinge gli stati membri a unirsi”.

La vaghezza delle esternazioni di ieri sui finanziamenti è funzionale al passaggio successivo, quello post elezioni di giugno, quando la nuova legislatura metterà concretezza al piano. Il presidente francese Emmanuel Macron, la prima ministra estone Kaja Kallas e il primo ministro belga Alexander De Croo avevano avanzato la proposta di adottare il “modello Covid” anche alla Difesa europea, cioè di emettere debito comune per finanziare la spesa. Una proposta che per ora non è stata ancora messa sul tavolo. Secondo alcune fonti della Difesa, l’Italia avrebbe contribuito attivamente alla stesura della strategia europea, ma il governo Meloni non avrebbe ottenuto tutto quello che aveva richiesto: come quasi tutti in questa fase, fanno sapere: “Meglio di nulla”. Per il momento aver preso una direzione comune sembrerebbe già un passo avanti, per il resto bisogna aspettare i negoziati e le elezioni. 

Del resto, le lungaggini dei negoziati sono parte essenziale di un processo democratico che non serve ai paesi autoritari. Ieri l’Assemblea nazionale del popolo cinese ha ufficialmente fissato l’obiettivo di crescita economica per il 2024 al 5 per cento, un dato particolarmente ambizioso visto il rallentamento, la crisi demografica, immobiliare, e la fuga di investitori stranieri che l’anno scorso ha raggiunto la cifra di 68,7 miliardi di dollari di capitali. Ciò nonostante, in un documento separato la leadership cinese ha annunciato anche il budget per la Difesa, che come l’anno scorso aumenterà del 7,2 per cento (232 miliardi di dollari, anche secondo diversi analisti Pechino spende molto di più per il settore di quello che dichiara). Le spese per la Difesa della Cina, durante l’ultimo decennio e dopo l’arrivo della leadership di Xi Jinping, sono praticamente raddoppiate e non faranno che aumentare fino al 2027, l’anno in cui si celebrerà il centenario della fondazione dell’Esercito popolare di liberazione ed entro il quale, nei piani di Xi, le sue Forze armate saranno competitive quanto quelle americane. All’aumento della spesa per la Difesa cinese corrisponde anche l’aumento della tensione in diverse aree a causa delle ambizioni cinesi, dal Mar cinese meridionale allo stretto di Taiwan. Nella visione della Commissione von der Leyen non c’è soltanto la deterrenza europea nei confronti della Russia, ma anche una strategia più a lungo termine che permetta di contenere la Cina o di fare i conti con un’America sempre più impegnata nell’area dell’Indo-Pacifico. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.