l'anniversario della morte

Immaginare il futuro della Russia con Boris Nemtsov

Micol Flammini

L'oppositore è stato ucciso il 27 febbraio del 2015, da quel giorno è cambiato tutto. Cosa aveva previsto e i suoi piani

Quando Boris Nemtsov è stato ucciso a due passi dal Cremlino tutto è cambiato in Russia: tutti gli oppositori di Vladimir Putin hanno capito che il presidente stava cambiando per sempre le regole della politica, chi lo contestava non era più un oppositore ma era diventato un traditore da eliminare. Nemtsov fu il primo a chiamare la gente in strada, creò un movimento interessante e unito, un programma per un’opposizione schietta e guardinga che non era disposta a chiudere gli occhi sui  brogli elettorali che stavano permettendo di eternare il potere di Putin:  neppure i russi erano disposti a quei tempi e scendevano in piazza in tanti. Nemtsov aveva un’idea cristallina della posizione internazionale della Russia, condannò con chiarezza l’annessione della Crimea e la guerra nel Donbas e disse quello che in pochi avevano capito: Putin in Ucraina aveva iniziato una guerra per blindare il suo futuro al Cremlino e per fermare quel vento di rivoluzioni che da Kyiv sarebbe arrivato a Mosca, prima o poi, e probabilmente sarebbe passato per la figura di Nemtsov.
 

Aveva previsto le mosse  del presidente russo. Nel 2015, dopo il suo assassinio, il Cremlino tentò di avvelenare per la prima volta uno dei suoi collaboratori, il  delfino di Nemtsov: Vladimir Kara-Murza, adesso in una colonia penale.

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.