il reportage

Il drone salvavita Fvp fa sopravvivere gli ucraini al fronte

Sostituiscono le munizioni e i privati li costruiscono nei garage, ma non bastano e i russi li copiano

Cecilia Sala

Fronte del Donetsk, Ucraina. La bomba rudimentale si attacca alla pancia del quadricottero di plastica fatto a mano che poi plana sull’obiettivo alla velocità – modulabile – di un’automobile. In questo momento i droni che si pilotano con un visore sulla faccia e un joystick identico a quello della Playstation sono l’arma preferita dai soldati ucraini al fronte. Per costruirne uno serve un account Amazon abilitato per gli acquisti in Cina, una stampante 3D da settecento euro e molte batterie – per i quadricotteri piccoli calzano bene quelle delle sigarette elettroniche Iqos.

    
Si chiamano droni con la visuale in prima persona (Fpv) e quattro ragazzi competenti in un garage ne possono produrre da soli duecento al mese. “Lo guidi, vedi dove va in tempo reale – dice il ventisettenne Valera senza togliersi il visore dagli occhi – quindi è più preciso di un normale proiettile d’artiglieria ed è molto più economico di una bomba guidata. Soprattutto: per questi non dipendiamo da voi”. Valera ce l’ha con gli europei, che un anno fa hanno promesso un milione di munizioni per l’artiglieria entro questo mese ma ne hanno consegnate un po’ meno della metà: “Gli Fpv che abbiamo non sono abbastanza, ma senza, se fosse stato per i proiettili degli alleati, non so da quanti posti ci saremmo ritirati con perdite negli ultimi due mesi”, sospira Valera.

  

“Ritirarsi è l’unica cosa da fare in una situazione in cui il nemico avanza sopra i cadaveri dei propri uomini e ha un vantaggio di dieci a uno in termini di proiettili d’artiglieria”, ha detto il capo delle Forze ucraine nel sud il giorno in cui i russi hanno marciato su Avdiivka. La mancanza di munizioni per l’artiglieria è l’emergenza e i droni della tipologia di quello che pilota Valera sono il miglior sostituto. “È con gli Fpv che ho tenuto a distanza i russi da questa trincea ed è merito dei droni se qui siamo ancora vivi. In assoluto sono l’arma migliore che abbia mai usato per colpire i carri armati, devi giusto stare attento alla danza del vento. Certo sul campo di battaglia ne perdi parecchi, ma questo è normale, anche le munizioni per l’artiglieria che vanno a segno sono una frazione di quelle che spari”.

   

Se li sai pilotare, sono agili e sono precisi: entrano dalla finestra in un deposito di munizioni, colpiscono un carro armato in un punto sensibile come il motore, si infilano in un bunker dal buco d’ingresso – un proiettile d’artiglieria non può fare nulla di questo. I soldati dicono che i più giovani riescono a far volare i quadricotteri dalla seconda volta che prendono in mano il controller: “Sono abituati a questi aggeggi e in ogni caso hanno una rapidità di apprendimento che dopo i trentacinque anni ti puoi scordare”, commenta un collega quarantenne di Valera appoggiato a una pala. Di conseguenza la divisione dei compiti nelle trincee è cambiata: i ventenni nei rifugi scavati sotto terra a pilotare gli Fpv, i quarantenni e i cinquantenni in superficie a tenere le posizioni

   
Il drone che maneggia Valera è stato prodotto a centinaia di chilometri dalla linea del fronte in un monolocale di periferia convertito a sede di DroneLab. Oleksy è un cinquantenne con un’impresa nel settore dei sistemi di sorveglianza domestica, nella sua vita in tempo di pace piazzava telecamere e antifurti negli appartamenti. A marzo del 2022, quando l’invasione totale era cominciata da due settimane, Oleksy ha assunto un diciannovenne e un ventenne, Sasha e Bogdan, presi tra gli studenti del Politecnico di Kyiv. I due quando finiscono le lezioni all’università si presentano nel monolocale a programmare: “Lo avremmo fatto anche gratis, ma Oleksy dice che alla nostra età è sbagliato”. Sasha è un tipo magrissimo, con i capelli lunghi fino ai fianchi, che non alza lo sguardo neppure quando saluta – i droni li disegna lui, poi dà in pasto i progetti alla stampante 3D.  

   
L’industria militare ucraina non è in grado di sfamare le richieste di Fpv del suo esercito, così moltissimi quadricotteri li producono i privati-volontari. Ogni brigata fa la sua raccolta fondi con il passaparola e con i video su TikTok, il ricavato va ai produttori come DroneLab, che poi consegnano i droni ai soldati al prezzo di costo. Senza guadagnarci. 

   
Quando l’ex capo di stato maggiore ucraino, Valeri Zaluzhny, al telefono con gli americani durante la controffensiva diceva: “Voi non capite, la tecnologia ha rivoluzionato il campo”, si riferiva ai droni Fpv. Li hanno introdotti per primi gli ucraini innovando la dinamica della battaglia, il problema è che poi i russi li hanno copiati.

   
Secondo le stime oggi i russi fabbricano ogni mese circa il doppio dei droni Fpv che riesce a produrre Kyiv. Oltre ad avere un vantaggio micidiale in termini di proiettili per l’artiglieria in molti punti caldi lungo i milletrecento chilometri di linea del fronte. Mosca sforna munizioni a costi molto più contenuti rispetto agli alleati dell’Ucraina, perché i suoi standard di sicurezza per tutelare gli operai che maneggiano gli esplosivi sono bassi: produrre un proiettile d’artiglieria da 152 millimetri in Russia costa seicento dollari, produrre un proiettile da 155 millimetri in occidente costa seimila dollari. Così ora i soldati ucraini al fronte chiedono agli europei: “Gli Fpv sono economici. Perché non vi mettete anche voi a fabbricare un po’ di quadricotteri e ce li spedite?”.

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