Famiglie palestinesi in fuga da Rafah sulla strada costiera verso Deir al Balah (Foto di Majdi Fathi/NurPhoto via Getty Images) 

I vertici dell'intelligence israeliana al Cairo. Biden: "Lavoriamo a una tregua di 6 settimane"

Enrico Cicchetti

Mossad, Shin Bet e Idf incontrano Cia, Egitto e Qatar per discutere della liberazione degli ostaggi nella mani di Hamas. Secondo la Casa Bianca serve "un piano credibile per garantire la sicurezza di oltre un milione di rifugiati a Rafah"

Cambio di direzione nei colloqui per il rilascio degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Dopo la liberazione, ieri, di due cittadini sequestrati e tenuti prigionieri a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, oggi al Cairo si incontrano i vertici dell'intelligence di Israele, Stati Uniti, Egitto e Qatar. Come era stato anticipato dalla stampa internazionale nei giorni scorsi, oggi nella capitale egiziana il capo del Mossad David Barnea, il direttore dello Shin Bet Ronan Bar e il tenente generale dell'Idf, Nitzan Alon (che sta comandando gli sforzi dell'intelligence israeliana per trovare i rapiti) incontrano il direttore della Cia William Burns, il direttore dell'intelligence egiziana Abbas Kamel e il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdul Rahman al Thani

 

Quello di oggi è un summit importante. Burns è la persona di riferimento del presidente degli Stati Uniti Joe Biden negli sforzi americani per garantire un accordo sugli ostaggi e una pausa nei combattimenti. Mandarlo al Cairo è una maniera di esercitare pressioni sui mediatori del Qatar e dell’Egitto affinché spingano Hamas ad accettare un accordo ragionevole. Secondo la Casa Bianca un accordo sugli ostaggi è l'unico modo per ottenere un cessate il fuoco a Gaza.

Anche la delegazione israeliana conta sulla capacità di Egitto e Qatar di persuadere Hamas a ritirare le sue richieste più massimaliste (come un cessate il fuoco permanente e un ritiro completo dell'Idf dall'enclave). Tel Aviv spera che Doha e Il Cairo riescano a convincere Hamas ad acconsentire a negoziati basati sull'accordo quadro discusso a Parigi due settimane fa, che prevede il rilascio graduale degli ostaggi americani e israeliani ancora nelle mani dei gruppi armati palestinesi a Gaza. "Se dovesse esserci un cambiamento di posizione, procederemo", ha detto un alto funzionario israeliano al Jerusalem Post

   

Oggi si vedrà quale peso sulle trattative avrà il risultato portato a casa dall’esercito israeliano ieri a Rafah la città nel sud della Striscia di Gaza dove sono imbottigliati più di un milione di uomini, donne e bambini e oggi è l'epicentro di uno dei peggiori disastri umanitari degli ultimi anni. Come abbiamo scritto sul Foglio, Hamas aveva minacciato che se l'esercito dello stato ebraico fosse entrato “boots on the ground” a Rafah, avrebbe mandato per aria i colloqui sull’accordo. Ma tra le forze armate israeliane c'è anche chi pensa che sia possibile portare avanti allo stesso tempo altre operazioni militari di salvataggio e i negoziati. Secondo il Wall Street Journal, l'Egitto ha tentato proprio di sfruttare l'operazione militare a Rafah per costringere Hamas a concludere un accordo entro le prossime due settimane.

   

   

Quella dell'Egitto è una posizione complicata. Dall'inizio delle ostilità a Gaza, ha più volte respinto qualsiasi tentativo israeliano di ricollocare i palestinesi nella penisola del Sinai. Il Wall Street Journal ha riferito sabato che ha schierato decine di carri armati e veicoli da combattimento vicino al valico di Rafah, al confine con la penisola egiziana del Sinai, una regione desertica scarsamente popolata. Il confine egiziano è l'unica via di uscita da Gaza non controllata da Israele e oggi è l’unica strada possibile per uscire dalla Striscia. L'Egitto ha strettamente limitato l'apertura del valico poiché i suoi rapporti con Hamas sono molto tesi. Il Cairo, secondo quanto riferito ieri dall'Associated Press, ha minacciato anche di sospendere il trattato di pace del 1979 se Israele dovesse procedere con l'offensiva di terra a Rafah. 

   

Tra le macerie dopo gli attacchi israeliani a Rafah, il 12 febbraio 2024 (foto di Jehad Alshrafi/Anadolu via Getty Images) 

  

Giovedì sera il presidente Biden ha parlato dell'importanza di un accordo sugli ostaggi. "Sto lavorando giorno e notte per trovare i mezzi per riportare a casa tutti gli ostaggi, per alleviare la crisi umanitaria, per porre fine alla minaccia terroristica e per portare la pace a Gaza e in Israele - una pace duratura con due stati per due popoli", scrive Biden su X, che ieri sera alla Casa Bianca ha ricevuto il re di Giordania. "Gli Stati Uniti stanno lavorando ad una tregua tra Israele e Hamas di almeno sei settimane", ha detto. 

 

  

Biden ha ribadito  la sua contrarietà a una massiccia offensiva di Israele sulla città senza un "piano credibile per garantire la sicurezza" dei civili palestinesi che vi hanno trovato rifugio, in fuga dal nord della Striscia. "Molte persone sono state sfollate più volte in fuga dalle violenze nel nord e ora sono stipate a Rafah, esposte e vulnerabili. Hanno bisogno di essere protette", ha dichiarato il presidente americano. 

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  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti