L'oppositore russo Vladimir Kara-Murza, nel carcere di Omsk a settembre 2023 - foto Ansa

Editoriali

L'oppositore russo Vladimir Kara-Murza è scomparso

Redazione

L'uomo non è più nella prigione di Omsk, in cui avrebbe dovuto scontare venticinque anni di carcere per alto tradimento. Dopo il caso di Alexei Navalny ecco un'altra scomparsa improvvisa: è questa la prassi del trattamento putiniano per i "traditori" 

Vladimir Kara-Murza non è più nella prigione di Omsk, in cui avrebbe dovuto scontare i venticinque anni di carcere della condanna per alto tradimento. Kara-Murza è un oppositore del presidente russo Vladimir Putin, era tornato in Russia dopo che il Cremlino aveva dichiarato l’inizio della guerra contro l’Ucraina. È un uomo coraggioso, colto, appassionato, che ha sempre preso parte alla vita politica russa sperando di migliorarla e guidato da un grande amore per il suo paese. È sopravvissuto a due tentativi di avvelenamento che hanno danneggiato la sua salute, soffre di polineuropatia, una patologia che danneggia i nervi periferici e che, prima della condanna, Kara-Murza aveva contrastato con un’attività fisica regolare. A Omsk era stato messo in una cella di disciplina, molto angusta, e soltanto dopo cinque giorni la sua capacità di movimento era peggiorata. Adesso nessuno sa più dove si trovi, né il suo legale, né sua moglie: sanno soltanto che è stato spostato.

 

 

È frequente spostare i detenuti, ma i famigliari e gli avvocati dovrebbero essere informati. Con gli oppositori il regime però non ritiene opportuno dare queste informazioni e, a dicembre, quando nessuno sapeva più dove fosse finito Alexei Navalny, trascorsero settimane prima che venisse reso noto – non soltanto al pubblico, ma alla sua famiglia – il luogo della sua nuova detenzione: Kharp, Siberia nord-occidentale. Per il regime russo, chi si oppone alle politiche del Cremlino non è semplicemente un oppositore. Non è neppure un dissidente. E’ un traditore. Soprattutto coloro che hanno avuto rapporti con i paesi stranieri sono considerati tali. È una logica dittatoriale, è l’ossessione per “l’agente straniero” che impone non soltanto un carcere ingiusto a chi osa parlare contro il Cremlino e il suo operato, ma impone anche la persecuzione una volta che questi oppositori sono detenuti. L’ingresso in carcere è l’inizio di un secondo livello di punizione: vengono spostati, sottoposti a detenzioni sempre più punitive, nell’attesa che vengano rimossi dalla memoria collettiva.

Di più su questi argomenti: