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a bruxelles

Veti e fughe di notizie. Il caos europeo con Orbán per gli aiuti a Kyiv

David Carretta

A quarantotto ore dall’inizio di un vertice straordinario decisivo per l’Ucraina, i capi di stato e di governo non hanno ancora trovato un modo di superare il veto del primo ministro ungherese. Il piano svelato dal Financial Times e gli scenari possibili

Bruxelles. Veti, ricatti, minacce, fughe di notizie sulla stampa. A quarantotto ore dall’inizio di un vertice straordinario decisivo per l’Ucraina, i capi di stato e di governo non hanno ancora trovato un modo di superare il veto di Viktor Orbán sul pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro per Kyiv. Le trattative sono nel caos, dopo che il Financial Times ha rivelato l’esistenza di un documento del Consiglio europeo in cui si evoca la possibilità di punire l’Ungheria, tagliandole l’accesso ai fondi dell’Ue per spingere la sua economia verso una crisi. “Bruxelles sta usando il ricatto contro l’Ungheria come se non ci fosse domani, nonostante il fatto che abbiamo proposto un compresso”, ha reagito il principale consigliere del primo ministro ungherese, Balazs Orbán. “Ora è chiarissimo: questo è un ricatto e non ha niente a che vedere con lo stato di diritto. E non cercano nemmeno di nasconderlo”. La fuga di notizie è stata criticata anche da altri stati membri. “E’ totalmente irresponsabile”, spiega al Foglio un diplomatico di un grande paese: “Tatticamente renderà le discussioni con l’Ungheria più difficili”. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha scaricato la responsabilità sui funzionari della sua istituzione. “Il documento tecnico non delinea un piano, ma fa un suggerimento che non è in linea con il piano dei negoziati”, ha spiegato una fonte vicina a Michel.

Il piano redatto dall’anonimo funzionario del Consiglio europeo e svelato dal Financial Times prevede una strategia della coercizione che va oltre il congelamento dei fondi comunitari. “In caso di mancato accordo il primo febbraio, altri capi di stato e di governo potrebbero dichiarare pubblicamente che alla luce del comportamento non costruttivo del primo ministro ungherese, non possono immaginare” che i fondi dell’Ue continuino a fluire verso Budapest, dice il documento: “I mercati finanziari e le imprese europee e internazionali potrebbero essere meno interessati a investire in Ungheria”. L’esito auspicato è “un ulteriore aumento del costo del finanziamento del deficit pubblico e un calo della valuta”. Ma la fuga di notizie appare come una mossa disperata, nel momento in cui Orbán si dimostra intransigente sull’Ucraina. Il suo veto blocca anche la revisione del quadro finanziario pluriennale (il bilancio 2021-27 dell’Ue), compreso l’aumento delle risorse per le migrazioni e la flessibilità per i fondi di coesione. Il compromesso proposto dall’Ungheria è pieno di richieste inaccettabili per gli altri stati membri, come concedere un diritto di veto annuale a Orbán sullo stanziamento degli aiuti finanziari o rinviare oltre il 2026 la possibilità di spendere i fondi dei Pnrr legati a NextGenerationEu. “Il livello di esasperazione è altissimo”, spiega un funzionario dell’Ue. Diversi stati membri hanno proposto di usare contro Orbán l’articolo 7 del trattato per privare l’Ungheria del diritto di voto. Ma serve l’unanimità e alcuni temono che Giorgia Meloni e Robert Fico possano proteggere l’ungherese. “Non ci sarebbe niente di peggio che fare una proposta e vedere questa proposta rigettata”, ha detto il commissario alla Giustizia, Didier Reynders.

La linea ufficiale di Michel è che si continua a negoziare con Orbán per cercare una soluzione a ventisette. Alcune concessioni cosmetiche sono possibili, come tenere una discussione strategica annuale sulla guerra della Russia contro l’Ucraina, come quelle che si facevano prima dell’invasione sulle sanzioni legate agli accordi di Minsk. Ma la tattica della carota e del bastone non funziona più con Orbán. A dicembre la decisione della Commissione di Ursula von der Leyen di sbloccare 10 miliardi di euro di fondi per l’Ungheria, che erano stati congelati per le violazioni dello stato di diritto, ha prodotto un risultato solo parziale: il premier ungherese ha permesso il via libera ai negoziati di adesione con l’Ucraina, ma poi ha mantenuto il veto sugli aiuti finanziari a Kyiv e la revisione del bilancio dell’Ue. L’Ucraina è esistenziale per diversi stati membri. Alcuni sospettano che Orbán voglia destabilizzare l’Ue prima delle elezioni europee. Altri ritengono che il suo obiettivo sia diventato di far implodere il progetto comunitario. Secondo una fonte, c’è solo un modo per risolvere definitivamente il problema: “L’articolo 7 cancella il ricatto”. Ma il momento della resa dei conti finale con Orbán forse non è ancora arrivato.

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