sul fronte

Crossfire, il doc sulla morte di Rocchelli in Donbas che ricostruisce un errore giudiziario tutto italiano

Federico Bosco

Il racconto dei fatti e delle conseguenze della morte di due giornalisti in Ucraina orientale, che ha portato all'ingiusta detenzione di un soldato italo-ucraino per tre anni. Una storia che evidenzia come già nel 2014 la propaganda del Cremlino fosse ben radicata in Italia

L’invasione russa dell’Ucraina non è iniziata il 24 febbraio del 2022, ma esattamene otto anni prima, quando la Russia lanciò un’operazione – un misto tra guerra ibrida e convenzionale – per annettere la Crimea e scatenare una guerra civile nella regione del Donbas. È nel disordine della prima fase del conflitto in Ucraina orientale che avviene la morte del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e del giornalista russo Andrej Mironov, vittime del fuoco incrociato. Una tragedia che negli anni successivi è stata distorta e strumentalizzata, diventando un caso giudiziario dai risvolti kafkiani.

 

Il documentario “Crossfire” realizzato da Cristiano Tinazzi assieme a Danilo Elia, Olga Tokariuk e Ruben Lagattolla ha ricostruito i fatti e le conseguenze di quel 24 maggio del 2014 a Sloviansk, la località del Donbas all’epoca sotto controllo delle forze separatiste filorusse del famigerato Igor “Strelkov” Girkin.  La storia della morte di Rocchelli e Mironov non è solo il racconto di un tragico evento della guerra nel Donbas, è anche la ricostruzione di un errore giudiziario tutto italiano che ha portato all’arresto e all’ingiusta detenzione per tre anni del cittadino italo-ucraino Vitaliy Markiv, un soldato della Guardia nazionale ucraina schierato nella zona. L’accusa a Markiv scaturì da un articolo comparso sul sito del Corriere della Sera nel 2014, in cui veniva citata una conversazione avuta da Markiv con una giornalista italiana, diversa dall’autore dell’articolo, interpretata come una confessione indiretta del delitto.

 

“Una cosa assurda, una conversazione telefonica che si trasforma in un atto d'accusa tremendo come l'esecuzione a freddo di due giornalisti stranieri, utilizzato dagli inquirenti come prova a carico di Markiv, unico uomo su quella collina ad avere il doppio passaporto, italiano e ucraino, e quindi perseguibile dalla giustizia italiana”, spiega Tinazzi al Foglio. Markiv, del tutto ignaro, venne arrestato appena atterrato in Italia dove si era recato per motivi personali. Radicali Italiani si occupò da subito del caso, che suscitò clamore in Italia e all’estero, ma anche numerosi dubbi sull’intero impianto accusatorio e sull’iter processuale. Dopo la condanna in primo grado a 24 anni di reclusione per omicidio volontario, il processo si è concluso con la piena assoluzione di Markiv. Per ricostruire gli eventi e fare chiarezza sui numerosi punti della vicenda rimasti oscuri, con un lavoro durato tre anni Tinazzi e i suoi colleghi hanno trovato e ascoltato per la prima volta i testimoni chiave di quel tragico giorno, recandosi sul posto per ricostruire nel dettaglio la dinamica dei fatti con un’analisi scientifica elaborata con tecnologie 3D, poi sottoposta alla valutazione di diversi esperti.

 

Crossfire dimostra la totale inverosimiglianza del castello accusatorio, mettendo in luce quanto nel 2014 fosse già presente e radicato in Italia quel pregiudizio anti-ucraino bassato sulla propaganda del Cremlino, esploso con l’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Guardando il docufilm fa impressione assistere al modo in cui all’epoca anche la Corte di Pavia fosse preda delle narrazioni di Mosca, al punto di qualificare nell'ordinanza di custodia cautelare come “gruppi di militanti autonomi ed irregolari” non i separatisti filorussi, ma le truppe regolari della Guardia nazionale di Kyiv. L’avvocato Raffaele Della Valle, difensore di Markiv, dopo la condanna di primo grado dichiarò che in 52 anni di carriera non aveva mai visto niente di simile. Un affermazione che diventa ancora più significativa ricordando che Della Valle è stato l’avvocato di Enzo Tortora. Il docufilm è stato realizzato grazie a una campagna di crowdfounding e al contributo della fondazione Justice for Journalists (Jfj), con il patrocinio della Federazione italiana diritti umani (Fidu) e di Nessuno tocchi Caino. L’ultima presentazione in anteprima di Crossfire è in programma il 30 gennaio al Frontline club di Londra, storico luogo di incontro per fotografi e inviati di guerra. Da marzo sarà disponibile per la visione nei cinema italiani e sulle piattaforme di streaming.