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le misure

Così Bruxelles prova a rafforzare la sua sicurezza economica

David Carretta

Il pacchetto di misure per proteggere l'Unione europea dalle potenze ostili è stato approvato, ma il risultato è decisamente deludente rispetto alle aspettative. Cosa c'è di vincolante e cosa in mano ai singoli governi

Bruxelles. La promessa di Ursula von der Leyen di rafforzare la sicurezza economica dell’Unione europea di fronte a potenze ostili si è trasformata in una proposta di regolamento, una raccomandazione non vincolante e tre libri bianchi per continuare a riflettere. La Commissione ieri ha presentato cinque iniziative sulla sicurezza economica, settore considerato fondamentale in un’èra di crescenti tensioni geopolitiche e profondi sconvolgimenti tecnologici. Guerra della Russia in Ucraina, emergere di una Cina sempre più aggressiva, possibile ritorno di Donald Trump negli Stati Uniti: il pacchetto doveva dare concretezza alla strategia annunciata nel giugno del 2023 per minimizzare i rischi che derivano dall’apertura economica dell’Ue al resto del mondo. Doveva anche mettere in pratica il concetto di “de-risking” dalla Cina, che von der Leyen ha lanciato la scorsa primavera. Ma, secondo gli esperti, il prodotto finale appare decisamente deludente. Tra governi che rivendicano la competenza assoluta sulle decisioni in questo settore e stati membri preoccupati di una svolta protezionista, l’ambizione del pacchetto sulla sicurezza economica è stato notevolmente ridimensionato.

Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha cercato di smentire la critica di un pacchetto “annacquato”. “Tutte le iniziative che erano state annunciate nel 2023 con la strategia sulla sicurezza economica le stiamo portando avanti in consultazione con gli stati membri e i portatori di interessi. E’ un settore in cui stiamo rafforzando il ruolo dell’Ue e il coordinamento europeo, perché vediamo che nell’attuale contesto geopolitico siamo più forti se agiamo in comune”, ha detto Dombrovskis. La parola chiave è “coordinamento”. Non sarà l’Ue, ma i singoli governi, a prendere decisioni sugli investimenti stranieri, le esportazioni di tecnologie sensibili nel resto del mondo o la cooperazione di università con la Cina. L’unica misura concreta è una revisione di un regolamento sugli investimenti esteri nell’Ue. Dopo aver esaminato oltre 1.200 investimenti diretti esteri notificati negli ultimi tre anni, la Commissione vuole migliorare l’efficienza del sistema. L’obiettivo è armonizzare le norme nazionali ed estendere il controllo da parte di Bruxelles agli investimenti di individui o società con sede nell’Ue, ma che sono controllati da paesi extra-Ue.

I tre libri bianchi sono un invito alla riflessione. Una delle misure più attese riguardava le regole sugli investimenti europei in paesi terzi per una serie limitata di tecnologie avanzate che potrebbe migliorare le capacità militari e di intelligence di attori ostili. Nel primo dei tre libri bianchi la Commissione propone di effettuare un’analisi passo passo degli investimenti in uscita per comprendere i potenziali rischi. Dopo tre mesi di consultazioni e 12 mesi di valutazione degli investimenti in uscita, dovrebbe essere redatto un rapporto congiunto di valutazione del rischio, sulla base del quale determinare se adottare un regolamento. Il secondo libro bianco è dedicato alle esportazioni di beni a uso duale (sia civile sia militare), come l’elettronica avanzata, le tossine, la tecnologia nucleare o missilistica. La Russia, con la sua capacità di eludere le sanzioni, dovrebbe essere di insegnamento. Ma per ora non è prevista nessuna azione: un’eventuale revisione del regolamento attuale dell’Ue sui prodotti a uso duale ci sarà solo nel 2025. Il terzo libro bianco è incentrato sulla ricerca e lo sviluppo di tecnologie con potenziale uso duale, con una consultazione pubblica sulle opzioni per destinare alcuni finanziamenti dell’Ue al settore. Infine c’è la raccomandazione sulla sicurezza della ricerca. Università e centri di ricerca sono vulnerabili alle interferenze maligne di stati autoritari. I risultati della cooperazione possono essere usati da paesi terzi per scopi militari o in violazione dei diritti fondamentali. Per la cooperazione internazionale nel campo della ricerca la Commissione raccomanda il principio “tanto più aperto quanto possibile, tanto più chiuso quanto necessario”. Nessuno sa bene cosa significhi, ma non sarà vincolante.
 

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