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al parlamento europeo

I fatti di Acca Larentia arrivano a Strasburgo: al dibattito partecipano in venti

Pietro Guastamacchia

Le opposizioni attaccano la premier: "Meloni non ha condannato i saluti romani". Ma ad ascoltarle sono una ventina di persone e quasi tutte italiane 

L’Europa mette in guardia: “Ci sono attori negli stati membri che sono ancora attratti dall'uomo forte, che respingono la democrazia. Sono un'eccezione ma anche se ai margini i gruppi neofascisti sono un rischio”. Le parole sono della commissaria Ue agli interni Ylva Johansson all’apertura dell’atteso dibattito all’Eurocamera sui fatti di Acca Larentia. Ma nonostante la presenza della commissaria Ue e della ministra degli Esteri belga Hadja Lahib, alle 20:30 di martedì in aula non rimangono che venti persone, quasi tutte italiane. 

"Il ministro degli Esteri italiano ha giustamente condannato il saluto romano fatto a Roma", ricorda Johansson, che non menziona il silenzio della premier Giorgia Meloni sulle braccia tese alla commemorazione romana. 

Non usano la stessa accortezza socialisti liberali e M5s. “Giorgia Meloni nel 2008 da ministro del governo Berlusconi partecipò a quella commemorazione”, ricorda Tiziana Beghin, “sfilava davanti a croci celtiche accompagnata da personaggi del mondo neofascista”. A ruota la segue Brando Benifei, capodelegazione Pd: “I saluti fascisti sfoggiati in quella circostanza sono uno sfregio che ha fatto il giro del mondo”.

Affondo sul silenzio di Meloni anche dal liberale Sandro Gozi: "Non ci interessa cosa Giorgia Meloni ha detto e fatto come leader di Fratelli d'Italia 10, 5 o 2 anni fa... a noi preoccupa che oggi, come presidente del Consiglio, non trovi parole di condanna”.

Internazionalizza il dibattito la liberale olandese Sophie in 't Veld: su Acca Larentia "c'è stato un silenzio molto eloquente del premier italiano”. L’olandese insiste anche sugli equilibri europei in difesa di Meloni “Noterete l'assenza di molti del Ppe in Aula, Weber ritiene che Meloni sia ancora un buon alleato? Vorrei sapere se la presidente della Commissione Ursula von der Leyen domani chiederà a Meloni di condannare i saluti romani". Il riferimento è all'incontro che oggi von der Leyen avrà con Meloni a Forlì, tornando a visitare i luoghi colpiti dall'alluvione di maggio. 

Carichi a molla invece Nicola Procaccini e Carlo Fidanza, scesci nell’emiciclo con l’intento di difendere la premier da ogni accusa. "Quest'aula vuota, disertata dagli stessi parlamentari che hanno voluto questo dibattito, spiega quanto sia più importante per gli antifascisti da salotto trovare posto al ristorante piuttosto che tra i loro banchi qui in Parlamento", accusa Procaccini. “Oggi in Italia le minacce alla sicurezza pubblica vengono soprattutto dall'estrema sinistra e dal radicalismo islamico. Non c'è nessun rischio di ritorno del fascismo, la democrazia è al sicuro e difesa saldamente da Giorgia Meloni”, dice Carlo Fidanza.

Si conclude oltre le 21:30 il dibattito e il frastuono delle accuse sembra attutito dalla nevicata notturna della capitale alsaziana. “Un dibattito senza conseguenze”, commentano dai popolari, che però raccolgono la lezione: normalizzare i neofascisti in Europa non è facile come a Roma. A chi lavora a nuove alleanze, un saluto romano in Italia rischia di rovinare la cena a Bruxelles o a Strasburgo.

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