Quel che Trump tace

L'Iowa riceve fondi per produrre munizioni per l'Ucraina, ma alle primarie nessuno lo ha ricordato

Paola Peduzzi

Il sostegno a Kyiv è anche un investimento nell'industria americana, ma nella retorica anti ucraina questa cosa scompare. Al Congresso il nuovo speaker è impantanato come quello prima

Nei prossimi due anni, una grande fabbrica di munizioni nel sud-est dell’Iowa riceverà 1,2 miliardi di dollari per aumentare il ritmo della produzione che deve arrivare – a livello nazionale americano – a 100 mila pezzi al mese nel 2025. Alla fine del 2023, la produzione era quasi raddoppiata rispetto al 2022, ma ancora non è sufficiente.  L’Iowa Army Ammunition Plant a Middletown, vicino a Burlington, una cittadina sulle rive del Mississippi, è uno dei principali produttori dei proiettili di artiglieria 155 mm che sono necessari all’Ucraina per difendersi dall’aggressione russa e che, a causa di ritardi sia negli Stati Uniti sia soprattutto in Europa, scarseggiano. Secondo le stime locali, sono attualmente impiegate 830 persone, ma il numero dovrebbe aumentare nel corso di quest’anno.

Gli Stati Uniti hanno investito 27 miliardi di dollari distribuiti in 35 stati americani per fabbricare il materiale militare che serve all’Ucraina contro Vladimir Putin. La cifra è stata citata dal capo del Pentagono, Lloyd Austin, a dicembre, e l’Amministrazione Biden ha fatto circolare una mappa in cui si vede la distribuzione di questi investimenti stato per stato: in Iowa, che non è in testa alla classifica (guidata da Pennsylvania, Arizona, Texas, Arkansas e Florida: stati contesi dal punto di vista elettorale o a guida repubblicana), sono arrivati più di 300 milioni di investimenti. La fabbrica a Middletown è molto ridotta rispetto a quando era stata creata, prima della Seconda guerra mondiale (ha avuto anche 10 mila dipendenti), ma c’è un piano di allargamento che prevede molte nuove assunzioni di lavoratori civili (c’è anche una squadra di militari).

Questo significa che l’aiuto all’Ucraina – necessario per la sua sopravvivenza e per respingere l’aggressività di Putin che come è noto non si limita all’Ucraina – è anche un investimento per l’economia e per i lavoratori americani, non semplicemente un costo per difendere confini lontani come dice Donald Trump e come dicono molti repubblicani al Congresso.

I rappresentanti dell’Iowa a Washington sono sei deputati e due senatori, tutti del Partito repubblicano: il sito “Republicans for Ukraine”, un’associazione che fa campagna per il sostegno a Kyiv nel mondo conservatore e che ha fatto uno studio su tutti i voti al Congresso per  gli aiuti all’Ucraina, li considera quasi tutti “ok”, cioè hanno approvato i pacchetti militari e finanziari via via proposti in quasi due anni di guerra. Se si vanno a vedere i singoli voti, si nota che nell’ultimo periodo dell’anno scorso  ci sono stati parecchi voti contrari anche da parte di questi rappresentanti tendenzialmente favorevoli all’aiuto all’Ucraina e questo dimostra non soltanto che la linea del Partito repubblicano sta cambiando ma che i deputati e i senatori hanno smesso di considerare vantaggiosi gli investimenti che arrivano nel loro stato: o meglio, hanno smesso di citarli e si sono adeguati alla retorica predominante nel loro partito che vuole diminuire se non sospendere il sostegno a Kyiv per ragioni puramente ideologiche, visto che dal punto di vista economico è difficile sostenere che non ci sia un ritorno.

E’ una tendenza che non riguarda solamente l’Iowa, ma molti altri stati che pur ricevendo gli investimenti in contratti militari che contribuiscono all’economia locale continuano a opporsi all’aumento degli aiuti: nelle parole degli esponenti repubblicani il fatto che la stragrande maggioranza dei soldi per l’Ucraina viene spesa in America (secondo uno studio della Rand, è l’89 per cento) non compare mai, ed è appena superfluo dire che Trump, che pure sulla guerra della Russia fornisce sempre commenti iperbolici, questo elemento non lo abbia mai citato.

L’ultima tranche di aiuti, che è compresa in un più grande pacchetto di oltre 100 miliardi di dollari che è bloccato al Congresso da un negoziato tra repubblicani e democratici su immigrazione e sul tetto di spesa, è urgente ma ancora ferma. Lo speaker repubblicano, Mike Johnson, che è stato nominato circa 100 giorni fa dopo che i trumpiani hanno spodestato il predecessore, Kevin McCarthy, si trova già in difficoltà: è stato lui a rimandare a dopo le feste natalizie il voto, per spingere i democratici a un compromesso. Ma ora che questo compromesso prende forma, i trumpiani al Congresso dicono a Johnson, proprio come dicevano a McCarthy: non siamo contenti, con i democratici non bisogna scendere a patti. Johnson, che aveva l’ambizione di saperli governare, i trumpiani, essendo molto vicino a loro, ora non può permettersi di perdere troppi voti dentro al suo partito: dopo l’estromissione del deputato George Santos, la maggioranza dei repubblicani al Congresso è di soli sette voti – e questo perché le elezioni di metà mandato del 2022 erano andate bene per i conservatori, ma non benissimo in molti casi a causa dell’eccessivo radicalismo dei candidati selezionati da Donald Trump.

L’impasse repubblicana ha un costo molto alto per l’Ucraina, non paragonabile a nessun altro, ma anche gli elettori repubblicani impegnati a scegliere nelle primarie il loro candidato alla presidenza dovrebbero sapere che l’ideologia fuorviante di chi dice che bisogna proteggere i confini americani non quelli ucraini ha un costo economico, per non parlare di quello della sicurezza.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi