(foto Ansa)

L'editoriale del direttore

Perché il 7 ottobre ci fa ripetere ancora: “Non siete soli”

Claudio Cerasa

Tre mesi dopo la strage compiuta da Hamas in Israele, dire “mai più”, dire “non siete soli” significa ricordare  che difendere il diritto di un ebreo a essere un ebreo non vuol dire solo difendere Israele ma significa difendere la sua e la nostra libertà

Sono passati tre mesi dalla strage compiuta da Hamas in Israele, dall’inizio di una nuova intifada globale che ha messo al centro dell’odio degli estremisti di ogni genere gli ebrei di tutto il mondo, e le due espressioni e le due frasi che andrebbero utilizzate con forza per offrire il proprio sostegno alla causa di Israele sono due. La prima frase è: mai più. La seconda frase è: non siete soli. Mai più: il mondo libero farà qualsiasi cosa, in qualsiasi contesto, in qualsiasi luogo, in qualsiasi occasione, per evitare che il popolo ebraico possa sentirsi minacciato da chi sogna di spazzarlo via dalla carta geografica, da chi sogna di uccidere un ebreo solo perché ebreo, da chi sogna di colpire gli infedeli di tutto il mondo, ebrei in primis, per il loro credo, per la loro fede, per la loro religione. Mai più. La seconda frase, meno scontata, va spiegata e declinata. Non siete soli. Non siete soli quando una donna ebrea viene presa a pugni a New York solo perché ebrea. Non siete soli quando un aereo pieno di ebrei viene assediato e assalito solo perché pieno di ebrei. Non siete soli quando un ebreo a Sydney viene colpito per dodici volte sulla testa da tre uomini solo perché colpevole di essere ebreo. 

Non siete soli quando il negozio di una donna viene saccheggiato solo perché colpevole di aver appeso i manifesti dei vostri ostaggi, dei nostri ostaggi. Non siete soli quando in un ristorante in Pennsylvania entrano quattro uomini mascherati desiderosi di dare una lezione al ristoratore colpevole di essere ebreo. Non siete soli quando un manifestante pro Israele, come è successo a Los Angeles, viene colpito alla testa e viene ucciso, perché ha osato difendere gli ebrei. Non siete soli quando vedete delle bombe fumogene lanciate contro una sinagoga a Londra. Non siete soli quando vengono profanate le lapidi di un cimitero ebraico a Brooklyn. Non siete soli quando un coltello viene puntato al corpo di un ebreo colpevole di essere ebreo. Non siete soli quando pensate se sia il caso o no di uscire con una kippah sul vostro capo. Non siete soli quando vi chiedete se sia opportuno o no dire che siete ebrei. Non siete soli quando pensate di cambiare il vostro cognome sul  citofono. Non siete soli quando suggerite a vostro figlio che consegna del cibo nelle case di cambiare il proprio nome sulla app. Non siete soli quando un rabbino viene minacciato con un cacciavite come è successo a Genova. Non siete soli quando la scuola dei vostri figli viene chiusa perché diventa pericoloso anche andare a scuola. Non siete soli quando le vetrine dei negozi con oggetti ebraici vengono violate perché si considera intollerabile esporre oggetti che richiamano alla vostra fede. Non siete soli quando viene bruciata una bandiera israeliana davanti a una sinagoga, come è successo in Svezia. Non siete soli quando in un aeroporto francese trovate davanti ai vostri occhi un graffito antisemita con la scritta “Ebrei fuori”. Non siete soli quando a Toronto un negozio di alimentari di proprietà ebraica viene dato alle fiamme.

 

Non siete soli quando a Varsavia, sulla porta d’ingresso dell’abitazione di una coppia ebrea, viene dipinta la Stella di David. Non siete soli quando a Londra trovate graffiti antisemiti, nello skate park di Notting Hill, con la scritta “Sono malvagi. Jew Ban Due”. Non siete soli quando il cimitero ebraico di Kraainem, in Belgio, viene vandalizzato con svastiche sulle lapidi. Non siete soli quando su un muro del Liebfrauenring, nella città tedesca di Worms, trovate graffiti antisemiti con la scritta “Ebrei al gas”. Non siete soli quando vedete un ebreo aggredito a Londra, a Finsbury Park, da un uomo che grida “uccidi l’ebreo”. Non siete soli quando vedete entrare in un asilo in Francia un uomo con un coltello diretto verso il direttore, un ebreo, desideroso di dargli il seguente messaggio: “Sei ebreo. Sei un sionista. Cinque di noi ti violenteranno e ti faranno a pezzi come hanno fatto a Gaza”. Non siete soli quando una folla di manifestanti, in una qualsiasi parte del mondo, urla che la Palestina deve essere libera dal fiume al mare, from the river to the sea. Non siete soli quando chi difende i diritti delle donne difende i diritti di tutte le donne del mondo tranne che delle donne ebree uccise, violentate, torturate solo perché colpevoli di essere ebree. Non siete soli quando scoprite che chi evoca ogni giorno l’arrivo di un nuovo fascismo, di un nuovo nazismo, si dimentica di usare quelle frasi usate spesso a caso quando i terroristi entrano nelle vostre case, nelle nostre case, per rastrellarle. Non siete soli quando vi chiedete perché per difendere il popolo ebraico non sia sufficiente difendere Israele per quello che rappresenta per voi, per noi, per le nostre libertà. Non siete soli quando vi dicono che difendere Israele e difendere il popolo ebraico sono due cose diverse. Non siete soli quando i vostri amici sceglieranno di non comporre più il vostro numero di telefono per un po’ per evitare di dirvi cosa pensano davvero degli ebrei e di Israele.

 

Non sarete soli quando accuseranno voi di essere dei nazisti. Non siete soli quando vi dicono che per capire quello che sta succedendo al popolo ebraico bisogna allargare l’inquadratura, bisogna ricordare la storia, bisogna contestualizzare. Non sarete soli quando proverete a spiegare che contestualizzare significa minimizzare, che minimizzare significa ridimensionare la minaccia del fanatismo, che avere memoria significa ricordare quando è stata l’ultima volta che qualcuno è entrato nelle vostre case per uccidere ebrei colpevoli di essere ebrei. Sono passati tre mesi dalla strage compiuta da Hamas in Israele, dall’inizio di una nuova intifada globale che ha messo al centro dell’odio degli estremisti di ogni genere gli ebrei di tutto il mondo. E tre mesi dopo dire mai più, dire non siete soli, significa ricordare che la difesa del popolo ebraico, la difesa di Israele, è centrale e prioritaria anche nei giorni ordinari, e non solo in quelli straordinari, e significa ricordare che difendere il diritto di un ebreo a essere un ebreo non vuole dire difendere Israele ma significa difendere la vostra libertà e la nostra libertà. Dire mai più significa chiamare le cose con il loro nome e significa non girarsi dall’altra parte quando qualcuno minimizzerà, quando qualcuno vorrà contestualizzare, quando qualcuno vi dirà che il nazismo non esiste più, che l’Olocausto è un’invenzione e che difendersi significa provocare. Mai più, appunto.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.