Contromosse

Contro il veto di Orbán sugli aiuti all'Ucraina, l'Ue ha un piano B

David Carretta

L'Unione Europea si sta preparando a costruire un "Sure" da 20 miliardi di euro per il sostegno a Kyiv: si tratta di uno strumento già utilizzato all'inizio della pandemia da Covid-19 e permette di sbloccare fondi immediati di cui gli stati membri si fanno da garanti. Ma non senza svantaggi

Bruxelles. L’Unione europea si sta preparando ad attivare il piano B sugli aiuti finanziari all’Ucraina, se Viktor Orbán confermerà il suo veto a un pacchetto da 50 miliardi di euro al vertice straordinario che si terrà il primo febbraio. Secondo il Financial Times, tra le opzioni allo studio per bypassare l’Ungheria, ce n’è una che sta guadagnando terreno tra gli altri 26 governi: 20 miliardi di euro di debito comune, emesso dalla Commissione attraverso le garanzie fornite dagli stati membri, da trasferire a Kyiv sotto forma di prestiti. “Non è la soluzione ideale, ma siamo determinati a fornire all’Ucraina gli aiuti finanziari di cui ha bisogno”, conferma al Foglio una fonte europea. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, spera ancora di convincere Orbán a togliere il veto alla revisione del quadro finanziario pluriennale – il bilancio 2021-27 dell’Ue – che include il pacchetto di aiuti da 50 miliardi in quattro anni per Kyiv. In caso contrario, c’è un’altra opzione che consentirebbe all’Ue di mantenere le sue promesse di sostegno all’Ucraina, nonostante il veto di Orbán: rinnovare per un altro anno il programma di assistenza macrofinanziaria adottato per il 2023, che ha permesso di versare 18 miliardi nelle casse di Kyiv. “Con la Russia che sembra aver riconquistato l’iniziativa sul campo di battaglia e sul terreno diplomatico, non possiamo permetterci segnali che mettano in dubbio la determinazione dell’Ue”, dice la fonte europea. 

 

Gli aiuti finanziari all’Ucraina sono considerati tanto urgenti quanto gli aiuti militari. “Dobbiamo trovare un accordo per continuare a fornire all’Ucraina il sostegno di cui ha bisogno per riprendersi, ricostruire e riformarsi”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il 21 dicembre, dopo l’ultimo esborso mensile da 1,5 miliardi sul totale di 18 miliardi per il 2023. Secondo le stime di Bruxelles, Kyiv ha risorse per tirare avanti fino a marzo. Oltre quella data il governo di Volodymyr Zelensky rischia di non poter più pagare stipendi e pensioni. Salvo lanciarsi nel finanziamento monetario, con tutto ciò che comporta in termini di stabilità finanziaria e spirale di inflazione. Dagli aiuti europei dipende anche la continuazione dei programmi di assistenza del Fondo monetario internazionale. Entrambe le ipotesi di piano B per l’Ucraina sono meno efficaci del piano A. La proposta originaria della Commissione prevedeva un pacchetto per l’Ucraina composto da 33 miliardi di prestiti e 17 miliardi di sovvenzioni nell’ambito della revisione del quadro finanziario pluriennale. L’assistenza finanziaria è parte delle garanzie di sicurezza che l’Ue è chiamata a dare con gli altri membri del G7. Ma al Consiglio europeo di dicembre Orbán ha bloccato l’accordo a ventisette, contestando il sostegno finanziario di lungo periodo a Kyiv e chiedendo di sbloccare i fondi del Pnrr ungherese che sono stati congelati per le violazioni dello stato di diritto. Con il suo veto, il premier ungherese ha anche bloccato le risorse aggiuntive dell’Ue sulle politiche migratorie.

 

Il piano B da 20 miliardi per l’Ucraina si ispira allo strumento “Sure” che era stato usato all’inizio della pandemia di Covid-19 (100 miliardi di debito emesso dall’Ue grazie alle garanzie degli stati membri, che erano stati trasferiti sotto forma di prestiti ad alcuni paesi per finanziare meccanismi come la cassa-integrazione). Il vantaggio è che non servono le garanzie di tutti gli stati membri. Gli svantaggi sono sostanzialmente tre. La durata sarebbe limitata a un anno contro i quattro anni del piano A. Non sono possibili sovvenzioni dirette: i 20 miliardi verrebbero versati sotto forma di prestiti, peggiorando la sostenibilità di lungo periodo del debito dell’Ucraina. Infine, “andando avanti a ventisei, viene ricompensato Orbán”, spiega un diplomatico: “Il problema è più politico che tecnico”. L’altra ipotesi di piano B – rinnovare il programma di assistenza macrofinanziaria da 18 miliardi – sarebbe meno dolorosa sul piano politico. Per dare il via libera basterebbe un voto a maggioranza qualificata. Ma le altre controindicazioni sono le stesse del pacchetto da 20 miliardi: una durata limitata a un massimo di un anno e l’esborso unicamente di prestiti. Le sovvenzioni potrebbero essere fornite all’Ucraina direttamente da alcuni stati membri, con il rischio di un costo elettorale per i singoli governi a pochi mesi dalle elezioni europee

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