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fotografare la guerra

L'unità della società di Israele è la foto migliore della vittoria

Fabiana Magrì

"Voglio mostrare che Tsahal prova davvero a fare del suo meglio per non ferire civili innocenti, usando ogni mezzo e tutta la sua forza per distruggere Hamas". Parla il fotografo militare Vladimir (Vova) Melech

Tel Aviv. Per la maggior parte del suo servizio di leva obbligatoria, nel Comando meridionale, Vova ha studiato visivamente la Striscia di Gaza, restandone fuori. “Andarci con le mie gambe, vedere con i miei occhi e fotografare quello che ho sempre saputo è stata una rivelazione. In ogni singola casa abbiamo trovato armi e uniformi e segni di Hamas. Lo sapevo da prima, ma vederli dal vivo, ha reso tutto molto più reale”. Il 7 ottobre Vladimir (Vova) Melech ha impugnato la macchina fotografica come “miluim” (riservista) per l’esercito israeliano. In questa guerra è stato assegnato alla 252a Divisione Sinai, che ha sede nella base di Tzeelim, una delle più grandi dell’esercito. Ne segue generali e soldati fuori e dentro Gaza, durante le operazioni militari ma anche nelle attività di routine come le visite alle famiglie dei soldati caduti o le ricorrenze. A Tzeelim, dove il Foglio l’ha incontrato, stanno prestando servizio anche il padre, come autista di mezzi militari, e la sorella.

Vova non è un fotografo “combattente”, quella è una task force speciale dell’unità del portavoce militare. I suoi scatti, un mix di azione e momenti di quotidiana intimità, hanno l’obiettivo di “documentare questa guerra storica per Israele”. Ma anche influenzare la percezione che il mondo ha delle forze armate israeliane. “Voglio mostrare che Tsahal prova davvero a fare del suo meglio per non ferire civili innocenti, usando ogni mezzo e tutta la sua forza per distruggere Hamas”. Come? “Mostrando la forza e l’unità dei soldati. L’unità è il nostro super potere più forte. Più di ogni carro armato, missile, razzo, fucile d’assalto M16”.

Le forze della Divisione Sinai combattono dentro il nord della Striscia di Gaza dal 4 novembre. Hanno messo in sicurezza l’area di Beit Hanoun, una delle roccaforti di Hamas dove prima della guerra vivevano 50 mila persone e oggi restano soltanto macerie. In un mese di operazioni, interrotte solo durante il cessate il fuoco temporaneo per la liberazione degli ostaggi, hanno eliminato centinaia di terroristi, localizzato e demolito infrastrutture militari, con il supporto delle truppe navali al largo della Striscia e dell’artiglieria da fuori e, da pochi giorni, anche all’interno dell’enclave costiera. Esercito e Shin Bet hanno dichiarato, lunedì, di aver arrestato oltre 500 terroristi a Gaza nell’ultimo mese. Alcuni si nascondevano in edifici civili, scuole e rifugi. Di questi 350 sarebbero membri di Hamas e altri 120 del Jihad islamico palestinese. Ne sono circolate foto che li mostravano svestiti fino alle mutande per le necessarie perquisizioni. E poi per il trasporto nei luoghi degli interrogatori e di detenzione. Dalle pagine di Haaretz, il corrispondente militare Anshel Pfeffer sostiene che Israele sia alla ricerca dell’immagine della vittoria. E suggerisce che la scorsa settimana, qualcuno abbia pensato di averla trovata in quelle foto, che hanno invece attirato reazioni negative. Domenica, sia il consigliere per la Sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi sia il portavoce militare Daniel Hagari hanno criticato la diffusione di quegli scatti e hanno promesso di fermarne la circolazione. Da lunedì infatti le fotografie che sono circolate mostravano gruppi di uomini vestiti, nel momento nella resa con i documenti e le mani in alto. “Anche la macchina fotografica è un’arma e devi sapere come usarla”, commenta Vova. Per lui, che nella prima settimana dopo il 7 ottobre ha scattato bellissime fotografie di matrimoni di riservisti all’interno della base di Tzeelim, l’immagine della vittoria di Israele dovrebbe essere, “specialmente dopo questi tempi duri, quella dell’unità nella nostra società dopo la guerra”. 

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