Stelle di David su abitazioni e negozi a Parigi (foto via Twitter)

Editoriali

L'antisemitismo quotidiano di Francia

Redazione

Sei ebreo, non ti taglio i capelli. I cognomi cambiati e l’urlo di un tassista

C’è chi ha tolto la mezuzah dalla porta di casa, chi non prende più Uber, chi ha rimosso il proprio nome e cognome dalla cassetta delle lettere e chi come Yaël, 31 anni, si è sentita dire queste parole quando è entrata da un parrucchiere nella banlieue di Gagny: “Sei ebrea, non ti taglierò i capelli”. Minacce, discriminazioni, aggressioni, è questa la quotidianità dei francesi di confessione ebraica, vittime di una spaventosa recrudescenza dell’antisemitismo dallo scorso 7 ottobre, giorno in cui Hamas ha lanciato la sua offensiva terroristica contro Israele. Il Figaro, ieri, ha raccolto le testimonianze di alcuni ebrei francesi, costretti a nascondere la propria identità per paura di ritorsioni.

  

 

“Quando ci si chiama Lévy o Cohen, in questo momento, è meglio utilizzare uno pseudonimo”, ha detto al Figaro una madre di famiglia che ha lasciato sul campanello soltanto le proprie iniziali, rimuovendo il nome completo. “Ritirare la mezuzah dalle porte, nascondere le kippah sotto il cappello, rimuovere i nomi ebraici dalle cassette postali o dalle applicazioni degli smartphone potrebbe condurci a una grande sparizione”, ha allertato Yonathan Arfi, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia. C’è chi utilizza un nome non di origine ebraica per poter continuare a utilizzare le app di consegna a domicilio e chi, come una famiglia proveniente da Tel Aviv, si è vista rifiutare la corsa da un tassista all’aeroporto di Paris-Orly. “Sporco ebreo! Se ti avessi preso, ti avrei sgozzato, assieme a tua moglie e ai tuoi figli!”, ha gridato. Il rischio è quello di una invisibilizzazione degli ebrei nella società francese, in un momento in cui l’antisemitismo conquista terreno anche in associazioni che dovrebbero combatterlo. La vicepresidente di Sos Racisme, Saphia Aït Ouarabi, si è dimessa dalla celebre associazione antirazzista fondata negli anni Ottanta, accusando la direzione di “deriva ideologica” per aver detto che “Israele ha il diritto di difendersi”.

  

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