Foto Epa, via Ansa

Per paura di essere identificati come ebrei, in Francia si cancellano i nomi

Giulio Meotti

Gli ebrei francesi coprono la kippah con un berretto quando escono di casa o sinagoga, alcuni hanno anche rimosso le mezuzah dagli stipiti delle porte di casa. Ora c'è chi rimuove i cognomi ebraici dalla cassette della posta. “In Francia come i marrani dell’Inquisizione” 

A prima vista, non è cambiato nulla nei locali dell’associazione ebraica Olami, al piano terra di un ex panificio a Saint-Mandé, nella Val-de-Marne. Ma dal 7 ottobre, l’associazione ebraica ha adottato nuove abitudini. La grande porta a vetri che dà sulla strada, sempre aperta, adesso è chiusa a chiave e le tende sono tirate. Il campanello è stato sostituito da un citofono con videosorveglianza e sono state installate altre tre telecamere per filmare le diverse stanze del locale. In tutte le stanze sono stati posizionati sugli scaffali bombolette lacrimogene. “Per la prima volta dal 1945, gli ebrei francesi hanno paura al punto da nascondersi”, confessa la filosofa Elisabeth Badinter all’Express, che allo choc antisemita dedica un’inchiesta. 

Gli ebrei francesi hanno paura al punto da nascondere la propria ebraicità: togliendo la mezuzah, cambiandone il nome” dice Badinter all’Express. “In verità, questi che vivono in quartieri dove l’islamismo è ben radicato, lo vivono da molto tempo. La maggioranza, infatti, se ne è andata. Ma per la prima volta il fenomeno è di proporzioni gigantesche. È il ritorno dei marrani, gli ebrei che si nascondevano sotto l’Inquisizione spagnola. Questa volta ciò è dovuto all’ascesa al potere di un islam estremista che non esisteva in Francia trenta o quaranta anni fa”.

Da anni molti, gli ebrei francesi coprono la kippa con un berretto quando escono di casa o sindagoga (il presidende della comunità ebraica di Marsiglia, Zvi Ammar, ha chiesto ai correligionari di nascondere il copricapo ebraico fuori di casa). Alcuni hanno anche rimosso le mezuzah dagli stipiti delle porte di casa, per non attirare l’attenzione sulla loro identità. C’è chi lascia il il ciondolo con il nome in ebraico nel comodino.

Ma dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, alcuni ebrei hanno fatto un ulteriore passo avanti. Le famiglie con cognomi ebraici comuni come Cohen o Levy li stanno rimuovendo dalle cassette della posta e dai cancelli per evitare di essere identificate come ebrei. Alcuni usano addirittura degli pseudonimi quando ordinano consegne di cibo o un taxi.

Negli ultimi anni, diversi ebrei sono stati aggrediti nelle loro case – i più noti sono stati gli omicidi di Sarah Halimi e Mireille Knoll nel 2017 e nel 2018 – e molti non vogliono correre rischi. René Hadjadj, un ebreo con la kippah di 89 anni, è stato defenestrato dal 17esimo piano da Rachid Kheniche, un  vicino di casa musulmano. Un mese prima un altro ebreo, Jeremy Cohen, è stato travolto da un tram dopo essere fuggito a un pestaggio nell’islamizzata Bobigny.

“È fuori questione rimuovere le mezuzah dalle nostre porte di casa, farebbe sentire gli antisemiti come se avessero ottenuto una sorta di successo”, afferma il capo del Consistoire Elie Korchia, la cui organizzazione gestisce la più grande rete di istituzioni, sinagoghe e scuole ebraiche in Francia. Ammette, tuttavia, che esistono alcune eccezioni. “Naturalmente, se le persone vivono in quartieri dove i rischi per la sicurezza sono più significativi in questi giorni difficili, dovrebbero agire in modo da sentirsi al sicuro”. 

Intanto si svuotano gli storici quartieri ebraici di Francia. “Gli ebrei abbandonano gradualmente i ‘quartieri perduti della Repubblica” rivela la rivista Valeurs Actuelles, che al tema dedica la copertina. “Il 17esimo arrondissement di Parigi, diventato il più grande ‘quartiere ebraico’ d’Europa, con 40mila abitanti, e Levallois, con i suoi 25mila ebrei fanno parte di queste nuove oasi. ‘Quello che viviamo qui da diversi anni è un alya interno, il termine non è abusato’ dice un rabbino. Le famiglie che si stabiliscono a Levallois provengono da Saint-Denis, dove non c’è più un bambino ebreo a scuola”.
 

Da Lione a Grenoble

Il rabbino di Lione confessa che nella sua città “rimangono solo gli ebrei che sono troppo vecchi o troppo poveri per trasferirsi”. A Sarcelles, la comunità ebraica sefardita costruì una prima sinagoga nel 1964 in rue Paul Valéry, che divenne l’epicentro del quartiere ebraico soprannominato la “piccola Gerusalemme”. Negli anni ‘80 anche la diaspora assiro-caldea scelse Sarcelles come rifugio. Originaria della Turchia, fuggì dai massacri anticristiani. Oggi, scrive L’Express, “la città di 60mila abitanti è divisa in ghetti etnici”. Prima del tramonto, Jonathan C. tira le tende del suo appartamento a Sarcelles, in modo che nessuna luce fosse visibile dall’esterno. “Non voglio che il mio appartamento sia visto dalla strada e preso di mira”. Fino a città, come Grenoble, da cui metà della comunità ebraica è fuggita. La locale moschea è stata chiusa a causa dell’incitamento all’odio contro gli ebrei da parte degli imam. Era frequentata ogni giorno da 400 fedeli. Grenoble, la città che Stendhal definì la “plus amoureuse ville de France”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.