L'indagine

Cosa ci facevano il 7 ottobre i fotografi di Ap, Cnn e Nyt con Hamas?

Fabiana Magrì

II rapporto dell'organizzazione non governativa Honest Reporting inchioda quattro fotografi freelance che sarebbero stati presenti durante il massacro del 7 ottobre per documentare l'attentato grazie a una soffiata di Hamas. Ora Israele chiede spiegazioni

Hanno fotografato, ripreso e raccontato in tempo reale il massacro di Hamas del 7 ottobre. Sono freelance palestinesi di Gaza e collaborano con le principali agenzie di stampa e con i grandi dell’informazione globale: Associated Press e Reuters, Cnn e New York Times. Il punto sollevato da un’indagine di HonestReporting pubblicata l’8 novembre è: come definirli? Fotogiornalisti o infiltrati? Nel loro caso, le domande poste dalla ong che “monitora i media sui pregiudizi contro Israele” suonano retoriche: “Cosa ci facevano lì così presto in quello che normalmente sarebbe stato un tranquillo sabato mattina?” La loro presenza “è stata coordinata con Hamas?”  Il media ebraico italiano Shalom fa un passo ulteriore e si chiede se siano da considerare “testimoni o complici”. Fonti di Middle Eastern Intelligence, a seguito di attività di Humint, hanno riscontrato che intorno alle 23:00 (ora di Gaza) del 6 ottobre 2023 un capo di Hamas avrebbe allertato il giornalista freelance Hassan Eslaiah di recarsi, nella prima mattinata del 7 ottobre 2023, al confine tra Gaza e Israele, nell’area degli insediamenti dove si stava svolgendo il rave  “Nova Music Festival”, per documentare un “evento straordinario”. Il capo in questione avrebbe agito su ordine di Yahya Sinwar, il leader politico di Hamas nella Striscia e amico intimo di Eslaiah. Così intimo che in una foto precedente il 7 ottobre, i due posano insieme e Sinwar bacia sulla guancia l’amico giornalista.

Ma Eslaiah non sarebbe stato solo a ricevere la soffiata. Altri tre colleghi, Yousef Masoud, Ali Mahmud e Hatem Ali, sarebbero stati avvisati per garantire la massima copertura mediatica. Questi quattro nomi appaiono sui crediti fotografici di AP, nelle immagini dalla zona di confine tra Israele e Gaza il 7 ottobre. Mahmud, per intenderci, è riuscito a fotografare anche il pick-up che trasportava il corpo di Shani Louk, l’israeliana con doppia cittadinanza tedesca, poi dichiarata morta in base al Dna ricavato da un frammento del cranio recuperato tra la sabbia a Gaza. Ma il suo nome, così come gli altri, sono stati rimossi da alcune foto nel database di Ap. Reuters ha pubblicato invece le foto di altri due fotoreporter, Mohammed Fayq Abu Mostafa e Yasser Qudih, anch’essi al confine “giusto in tempo per l’infiltrazione di Hamas”, rileva HonestReporting. Entrambi hanno scattato foto di un carro armato israeliano in fiamme sul lato israeliano del confine. Abu Mustafa è andato oltre. Ha scattato foto a una folla che brutalizzava il corpo di un soldato israeliano che veniva trascinato fuori dal carro armato, riferisce la ong, e Reuters l’ha messa in evidenza tra le “Immagini del giorno” nel database. Ecco che la questione etica investe anche le testate committenti. Si chiede, HonestReporting, se gli organi di stampa fossero stati informati in anticipo. E se avessero approvato la  presenza dei loro collaboratori al fianco degli infiltrati. “Sembra che il confine (di Israele, ndr) sia stato violato non solo fisicamente, ma anche giornalisticamente”, afferma amaramente il sito di contro informazione.

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, un portavoce dell’Ap citato dal Daily Wire ha negato qualsiasi conoscenza a priori dell’attacco. “L’Associated Press non era a conoscenza degli attacchi del 7 ottobre prima che accadessero”, ha detto Nicole Meir trincerandosi dietro al ruolo di chi raccoglie informazioni sulle “breaking news” in tutto il mondo, “ovunque accadano, anche quando tali eventi sono orribili e causano vittime di massa.” Anche Reuters ha negato, in un comunicato stampa, qualsiasi accusa di essere a conoscenza dell’attacco di Hamas. Il sito israeliano di notizie Ynet News, la versione online del principale quotidiano del paese Yediot Ahronoth, ha scritto che la Cnn ha deciso di sospendere i legami con Eslaiah nonostante non abbia trovato “alcun motivo per dubitare dell’accuratezza giornalistica del lavoro che ha svolto per noi”. Il New York Times ha respinto l’ipotesi di essere a conoscenza delle intenzioni di Hamas o di aver affiancato i terroristi durante gli attacchi e l’ha definita  “falsa e scandalosa”. Le fonti di Middle Eastern Intelligence però sono a conoscenza di testimonianze anonime, dall’interno delle redazioni delle testate di riferimento dei reporter palestinesi, secondo cui, già intorno alle 17:15 (ora di Washington), i quattro freelance avevano messo sull’avviso i referenti dei media che sarebbero stati impegnati, la mattina presto del 7 ottobre 2023, nella copertura di tale “evento straordinario” lungo il confine di Gaza, riportato dalle loro fonti locali ma di cui non conoscevano i dettagli.


In Israele, il quotidiano Israel HaYom ha pubblicato un appello ai media per recidere ogni legame con le testate coinvolte, per prendere le distanze da un giornalismo definito “sanguinoso”. Il ministro ed ex capo di stato maggiore israeliano Benny Gantz ha postato sulla piattaforma X un duro commento rivolto ai giornalisti che sapevano del massacro “e che hanno comunque scelto di restare spettatori inattivi mentre i bambini venivano massacrati”, definendoli niente di diverso dai terroristi e sostenendo che ”dovrebbero essere trattati come tali”. Il capo dell’opposizione Yair Lapid, sullo stesso social, ha postato i suoi interrogativi: “Allo stesso modo in cui i media internazionali chiedono sempre una risposta a noi, ora chiediamo una risposta a loro. Chi sono quei giornalisti? Erano coinvolti nell’attacco? Lo sapevano in anticipo? E li licenzierai?”.
 

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