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La nuova canzone delle Pussy Riot contro la propaganda di Putin sulla guerra

Il collettivo punk rock russo torna con un nuovo brano e denuncia i clichè propagandistici del Cremlino e l'indottrinamento dei bambini nelle scuole. Ecco il video

Maurizio Stefanini

Un Lago dei Cigni contro la guerra di Putin: è questo il tema dell’ultimo video musicale delle Pussy Riot, pubblicato mercoledì. “Il veleno passa attraverso il cavo televisivo/ lascia qui quello che non è stato ancora lasciato/ ‘ragazzo crocifisso’ sulla bacheca/ quanti sono andati ad uccidere credendo agli assassini?/ le mappe degli imperi grondano mirra/ il valore della vita è sopravvalutato/ le donne dovrebbero partorire di più/ non compatire i soldati/ le donne partoriranno di più” è l’inizio del testo, in cui riecheggiano in modo ironico slogan e motivi della retorica di regime.

Scopo del brano è infatti quello di denunciare gli effetti della propaganda del Cremlino, oltre che di chiedere il ritorno alle famiglie dei bambini ucraini trasferiti con la forza in Russia dall’inizio della guerra. Creato in collaborazione con l'artista russa Alisa Gorshenina, in arte Alice Hualice, il video trasuda l'atmosfera di tanti racconti popolari slavi dai toni oscuri, usati per mostrare il mondo attraverso gli occhi dei bambini nella Russia in tempo di guerra. Ci sono anche molti elementi dello stile artistico caratteristico della Gorshenina: in particolare, le maschere a forma di fiore e le mani giganti di tessuto presenti nella sua opera iconica chiamata “Throwing My Hands Up”.

La colonna sonora del video parte invece dalla melodia familiare del “Lago dei Cigni” di Pyotr Chaikovsky, richiamato anche nel titolo: per il fatto che spesso questo balletto veniva trasmesso dalla televisione sovietica quando “era necessario nascondere la verità”. Ma viene combinato con elementi di musica elettronica che gli danno un sapore volutamente allucinato e spettrale, e con un testo politicamente caricato che gioca sui cliché comuni utilizzati nella propaganda di stato russa, come chiamare le esplosioni “scoppi”, o accusare gli ucraini di bombardare il proprio paese e le proprie città.

“Qui non ci considerano umani/ nessuno è dimenticato, niente è dimenticato/ i veterani mangiano da una mangiatoia vuota/ la felicità della patria è più preziosa della vita/ la felicità della patria è più preziosa della vita/ democrazia sovrana/ interessi nazionali/ attacco preventivo/ gesto di buona volontà/ non è tutto così semplice/ si stanno bombardando/ screditare l'esercito/ valori tradizionali/ ottimizzazione delle spese/ crescita negativa/ ritirata strategica/ sostituzione delle importazioni/ la volontà di milioni/ la denuncia è un dovere del patriota/ mobilitazione parziale/ denazificazione/ cenere nucleare/ allineamento dei confini/ applaudire/ fumo/ crollo/ niente panico/ non ti perdoneremo/ e ne calpesteremo i resti/ La torre di Ostankino brucerà magnificamente!/ metà del paese è rimasto senza casa/ i carnefici con le spalline bevono/ unità di blocco, marcia dei prigionieri/ l'ufficiale ti sta aspettando all'ospedale di maternità/ un bambino cuce una veste militare/ Campo russo/ degli intervalli di esecuzione/ in una borsa battesimale nera/ uno sposo russo torna a casa”.

A un italiano, l’effetto può evocare anche certi testi futuristi alla Marinetti o Palazzeschi. Ma, come ci ricorda il nome di Vladimir Majakovskij, in effetti quella lezione sta anche nel dna delle avanguardie russe. L’esecuzione è di Maria Alyokhina, Olga Borisova, Diana Burkot e Lucy Shtein; la regia di Anna Aristarkhova. “Nelle scuole russe sono state introdotte lezioni di patriottismo forzato”, spiegano, “All'inizio della guerra, gli insegnanti facevano schierare gli studenti a forma di Z per mostrare il loro sostegno alla guerra. In tutta la Russia, i bambini sono costretti a scrivere lettere gentili ai soldati occupanti. A Ekaterinburg, Timofei, che frequenta la quinta elementare, scrisse in una lettera in cui raccontava il desiderio che i militari ‘tornassero a casa, non uccidessero persone in terra straniera e non causassero danni’. L'insegnante ha rimproverato il bambino e i suoi compagni di classe hanno iniziato a deriderlo per la sua mancanza di patriottismo”.

Secondo le Pussy Riot, è stata questa storia a ispirare la canzone.

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