(foto EPA)

L'editoriale dell'elefantino

Bravo presidente Biden, ma la storia continua

Giuliano Ferrara

Le sue vittorie nella difesa di Ucraina e Israele e nella crescita dell'economia statunitense hanno evocato fantasmi geografici, politici e militari. E' il segno che può molto, ma non può tutto

Fin qui Joe Biden ha tenuto a bada la Russia di Putin, riunificando l’occidente euroatlantico e infliggendo colpi duri all’espansionismo autocratico di Mosca; ha fatto fronte alle questioni di strategia e di difesa nell’Indo-Pacifico, dove alligna l’ambiguità cinese nutrita di forza e sapienza, con gli accordi Aukus trilaterali per la difesa sottomarina (Usa, Uk, Australia) e sollecitando l’India nel dialogo quadripolare (il Quad); ha riportato in medio oriente l’America in funzione di garante forte ma sorvegliato della difesa di Israele, senza mollare la presa sul dialogo del patto di  Abramo con gli Emirati e sullo sfondo i sauditi, tappando per ora il buco nella politica di dissuasione verso l’Iran con uno spiegamento militare imponente. Un’Amministrazione impegnata su tre fronti contemporaneamente, e a questo livello di tensione, non si era mai vista

 

Biden è un politico di carriera molto esperto, l’Amministrazione è un assemblaggio di competenze sicure e di ordine nella catena di comando e di comunicazione, dal Dipartimento di stato al Pentagono al Tesoro, sa trattare con il Congresso sulle risorse e ha ottenuto nelle elezioni di medio termine un risultato notevolissimo. E Biden ha raccolto risultati straordinari per l’economia, crescita lavoro e pressione antinflazionistica, un miracolo o giù di lì. Però la presidenza americana è stanca, e non è questione di età del suo titolare. I dati dell’economia non inducono a una percezione soddisfacente del modo di vita medio, il malessere è diffuso. Sono in crisi criteri elementari di sicurezza collettiva non solo nelle grandi città americane. I campus universitari in turbolenza dopo il 7 ottobre dimostrano che le classi dirigenti in formazione, e i guardiani presunti dell’establishment, non riescono a superare il clima di divisione, di odio, di disconoscimento delle virtualità del sistema, che è stato all’origine del fenomeno trumpiano. Ai tre fronti della politica estera e di sicurezza se ne aggiunge uno interno, molto minaccioso. La conclusione, in una fase elettorale molto ravvicinata, è che i dati di approvazione della politica della Casa Bianca continuano a scendere, si potrebbe dire “incredibilmente”. Eppure, per quello che vale, è così (“per quello che vale” si riferisce alle previsioni sbagliate dei sondaggi sulle elezioni di novembre 2022). E non si può dimenticare che l’accoglienza al capo degli Usa in medio oriente è stata la cancellazione inaudita di un summit diplomatico con gli arabi.

 

Una notazione possibile è che riunificando l’occidente e dislocando con energia America e alleanze su tre fronti, le vittorie di Biden, che hanno seguito la disperante sconfitta in Afghanistan, anche intesa come disimpegno strategico, hanno evocato fantasmi geografici, economici, politici e militari. L’indisponibilità a cedere in Europa non poteva che saldare un asse di russi e cinesi. Il blocco della strategia di Beijing sulla Via della seta ha acuito la tendenza allo scollamento, incoraggiato gli incendiari a far saltare il banco con impeto selvaggio.

 

Iran e Corea del Nord tendono a uscire dallo status proprio di stati canaglia intruppandosi nell’alleanza delle autocrazie. La Turchia fa il suo gioco ottomano dopo aver tentato l’occhiolino della mediazione sul campo. Quanto a Israele, il circuito vizioso è infernale: l’odio antiebraico che si nutre dell’ideologia antioccidentale della colonial culture provoca il pogrom, il pogrom conduce a una risposta durissima che risulta come la più decisiva e la più impopolare delle guerre di indipendenza di Gerusalemme, la guerra di Gaza rilancia l’antisemitismo antebellico nel mondo fino a ieri detto libero e civile, e la posizione esposta di Biden è quella stessa che lo intrappola. Abbiamo passato gli ultimi anni a compiacerci del fatto che la storia non era finita con l’89, poi a fare gli scongiuri contro l’analisi sulla guerra o scontro di civiltà dopo l’esaurimento della Guerra fredda. Il risultato è che la storia continua e con essa continua lo scontro di civiltà. Biden può molto, e deve ottenere uno sbocco politico ai mezzi radicali con cui legittimamente Israele si difende attaccando, ma non può tutto.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.