Dentro alla Kuma, la scuola che addestra i taiwanesi a difendersi

Giulia Pompili

Da un lato dello Stretto, in Taiwan, si studia per aiutare la popolazione ad affrontare un eventuale attacco. Dall’altro, in Cina, inizia il forum delle vanità di Xi Jinping con Putin e i talebani (e Orbán)

Taipei, dalla nostra inviata. “La guerra in Ucraina ha fatto capire alla nostra popolazione che sì, una guerra può scoppiare”. Yiwen ha trentaquattro anni, è taiwanese e lavora in un’azienda cinese, per questo non vuole apparire col suo vero nome sul giornale. Non vuole far sapere che ieri, mentre l’Ucraina celebrava il suo seicentesimo giorno da paese aggredito che si difende, a quasi ottomila chilometri di distanza lei aveva in mano un laccio emostatico d’emergenza e una benda, imparava le tecniche per tirare fuori la gente dalle macerie e per dare informazioni utili alle autorità. Yiwen è una dei cinquanta studenti paganti che anche ieri hanno affollato l’aula della Kuma Academy, l’accademia privata che addestra la società civile taiwanese a sapere cosa fare e come comportarsi in caso di attacco militare da parte della Repubblica popolare cinese. 

 

L'inaugurazione del Terzo Forum sulla Via della Seta (Ap)

  
Dall’altra parte dello Stretto di Taiwan, a Pechino, oggi si apre il Terzo forum sulla Via della seta e l’ospite d’onore del leader Xi Jinping, non a caso, è il presidente della Federazione russa Vladimir Putin. Il summit di quest’anno servirà a consolidare l’immagine di potenza della Cina di Xi, in un evento che celebra la sua iniziativa personale, cioè il gigantesco progetto di influenza strategica lanciato dieci anni fa a cui aderì anche l’Italia nel 2019.  Attualmente il nostro paese è ancora formalmente parte della Via della seta, in attesa di una eventuale uscita che arriverà entro la fine dell’anno, ma per ragioni diplomatiche ad assistere alla cerimonia oggi ci sarà soltanto l’ambasciatore italiano a Pechino, Massimo Ambrosetti. Troppo rischioso mandare un rappresentante istituzionale, che avrebbe dovuto fare una foto di rito tra Xi Jinping, Putin, il presidente cileno Gabriel Boric e i rappresentanti del governo talebano in Afghanistan. Gli unici partecipanti europei sono il presidente serbo Aleksandar Vucic e il primo ministro ungherese Viktor Orbán.  “Un’iniziativa di pace”, la chiama Xi Jinping, eppure attorno a lui a celebrare la Via della seta c’è solo chi, come lui, minaccia guerre d’invasione o le ha già mosse, a volte anche alla propria popolazione. 

 

Il materiale a disposizione alla Kuma Academy di Taipei (foto Giulia Pompili)

   

“Sapete che il 15 per cento dei feriti sul campo di battaglia perde la vita perché non curato adeguatamente sul posto?”, dice l’addestratore, un paramedico di Taiwan, alla variegata classe che si  trova davanti: molte ragazze e ragazzi sulla trentina, alcuni pensionati. Yiwen racconta al Foglio che la guerra in Ucraina è stata “una sveglia” arrivata dall’Europa all’Asia orientale, che la sua generazione non ha mai vissuto un conflitto e all’improvviso è diventato reale: dopo Putin, le minacce di Xi Jinping di “riunificazione” con l’isola che il Partito comunista cinese non ha mai governato sono diventate concrete. Siamo a due passi dal palazzo presidenziale di Taipei, e qui la Kuma – che significa orso, come l’orso simbolo di Taiwan e anche mascotte della scuola – è diventata molto nota. E’ stata fondata nel settembre dello scorso anno, poco dopo la visita della speaker del Congresso americano Nancy Pelosi a Taiwan e le conseguenti esercitazioni militari bellicose da parte della Repubblica popolare cinese. A metterci i soldi è stato il tycoon dei microchip Robert Tsao, che aveva promesso di essere pronto ad addestrare tre milioni di civili taiwanesi in tre anni. Sono soprattutto i giovani, quelli che ci credono davvero. Non c’è panico, nessuno pensa a una invasione imminente, ma se anche una minima possibilità c’è, dobbiamo prepararci, dobbiamo studiare come funzionano le Forze armate e la guerra ibrida, dice Yiwen – che ha vissuto a Pechino per cinque anni, e non riesce a capire come sia possibile che i suoi coetanei, anche preparati, in carriera, siano ancora così convinti che Taiwan sia parte della Cina: “E’ come se vivessero in una gabbia”. E nessuno, a Taiwan, in quella gabbia ha intenzione di finirci. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.