la strategia

Perché la Cina pompa sulla "inaffidabilità" americana in Ucraina

Giulia Pompili

Pechino rilancia di continuo la propaganda sulla “fatica” occidentale nei confronti della difesa di Kyiv. E’ un messaggio a Taiwan, e non solo

Qualche giorno fa, durante un incontro con i giornalisti, il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu ha spiegato un elemento della disinformazione globale piccolo, ma significativo: quando la Russia ha iniziato a pompare la propaganda sul fatto che era stata l’America ad aver iniziato la guerra in Ucraina, e che in realtà Washington non era per niente interessata a difendere Kyiv, ma che voleva solo usarla per indebolire  Putin,  la Cina gli andò dietro sottolineando proprio questo messaggio, che era soprattutto diretto ai taiwanesi: l’America non è affidabile. Sin dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, Taiwan segue e studia le vicende che avvengono in Europa e in America con grande interesse, dando prova, spesso, di essere molto più attenta di quanto l’occidente non lo sia con le questioni che riguardano l’isola autogovernata, rivendicata e minacciata costantemente da Pechino, anche se il Partito comunista cinese non l’ha mai governata.

 


 La Cina sta cercando di amplificare “lo scetticismo nei confronti dell’America” a Taiwan, ha detto il ministro Joseph Wu, e lo fa soprattutto in vista delle elezioni presidenziali che si terranno nel gennaio 2024. Anche secondo l’ultimo report del centro studi taiwanese Information Operations Research Group (Iorg), gran parte del tentativo di influenza cinese sul voto dei 24 milioni di abitanti di Taiwan riguarda lo spingere una percezione degli Stati Uniti come “potenza malvagia, egemone e imperialista”, tutto il contrario, naturalmente, della pace promossa dalla Cina. E non a caso, nel pieno della campagna elettorale, riemergono vecchi progetti di “riavvicinamento” a Pechino come strategia per affidarsi al vicino piuttosto che all’America. Ieri, in un dibattito al Parlamento taiwanese, il legislatore del Kuomintang Chen Hsueh-sheng ha rilanciato la proposta del leader cinese Xi Jinping di collegare con dei ponti le piccole isole amministrate da Taiwan che si trovano a pochi chilometri dal territorio della Repubblica popolare cinese,  le Kinmen e le Matsu.

 


Il cosiddetto “affaticamento occidentale” nei confronti della difesa dell’Ucraina, pompato dalla propaganda russa, fa il gioco della Cina in questo senso, che all’inizio della guerra d’invasione, quasi due anni fa, aveva visto come un pericolo l’inattesa unità occidentale nella difesa di Kyiv. “Conquistare i paesi ‘non allineati’ e capitalizzare sulla debolezza reputazionale dell’America sono  diventati un obiettivo chiave della politica estera cinese”, ha scritto su Politico Mark Leonard, direttore dello European Council on Foreign Relations. 
E’ il caso per esempio del Vietnam, e in generale dei paesi del sud-est asiatico, ma anche delle isole del Pacifico: ieri Reuters scriveva che la misura transitoria approvata dal Congresso americano per evitare lo shutdown del governo ha lasciato probabilmente senza soldi il fondo per gli stati insulari strategici del Pacifico. La Casa Bianca ha rinnovato il suo interesse per le isole del Pacifico dopo la gigantesca operazione diplomatica portata avanti dalla Cina negli ultimi anni: la diplomazia si è mossa – in Europa anche quella francese – e ora era il momento dei nuovi programmi di finanziamento ventennali per Micronesia, Isole Marshall e Palau, che però dovranno aspettare l’approvazione del Congresso. “Nel frattempo, la Cina sta aspettando dietro le quinte con il denaro pronto”, scrive Reuters, e secondo alcuni ha già iniziato a lavorare con le autorità locali per dimostrare, ancora una volta, “l’inaffidabilità dell’America”. Solo una settimana fa il presidente americano Joe Biden ha ospitato alla Casa Bianca i rappresentanti dei 18 paesi del Pacifico, compreso Niue, uno dei più piccoli del mondo, con cui ha annunciato l’apertura delle relazioni diplomatiche, insieme con le Isole Cook. 

 


Come prevedibile, i media cinesi avvertono: l’impegno americano è farlocco. E così il Global Times, il falco tabloid in lingua inglese del Partito comunista cinese, rilancia la propaganda russa e l’altro ieri ha pubblicato un articolo di Song Zhongping, lo stesso “esperto militare” che aveva detto che la strage di Bucha era una messa in scena. Secondo Song, “il conflitto militare Russia-Ucraina è una trappola degli Stati Uniti per l’Europa. Il calo del sostegno da parte di Washington costringerà l’Ue a fornire un livello crescente di aiuti”. Il messaggio reale è: taiwanesi, vi fidate? Secondo i sondaggi dell’Istituto per la ricerca sulla difesa e la sicurezza nazionale taiwanese, più della metà della popolazione si fida  delle capacità di difesa del proprio esercito, e del proprio governo.  

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.