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In Gran Bretagna

Al congresso dei Tory si fa a gara per isolare Sunak il prudente

Cristina Marconi

A Manchester, il premier oggi prova a rilanciarsi ma i suoi detrattori sono già pronti alla sconfitta

In un’atmosfera da saldi ideologici di fine stagione, inevitabile dopo quasi 14 anni di governo, il congresso dei Tory iniziato domenica a Manchester sta offrendo un palcoscenico a personalità variopinte dalle rivendicazioni discutibili, come Liz Truss, durata a Downing Street il tempo di seppellire la regina e far crollare i mercati e ancora convinta che un gran taglio alle tasse possa far miracoli nonostante il contesto avverso, o Suella Braverman, ministro dell’Interno alle prese con una lotta personalissima per mandare tutti i migranti in Ruanda e offendere tutti i britannici figli di immigrati come lei, e a una rispettabile figura pervicacemente grigia: quella di Rishi Sunak, il premier che vorrebbe far sognare un paese al grido di “questo non lo facciamo, per questo non abbiamo i soldi, quello sarebbe bello ma meglio di no”. 

Lo slogan ufficiale è “Prendere decisioni a lungo termine per un futuro più luminoso”, che già non è particolarmente allettante, ma che assume una vaga coloritura di beffa se la prima illustrazione del concetto avviene con l’annuncio che l’alta velocità per Manchester non si farà entro il 2035-40 come previsto – proprio in una ex stazione ferroviaria dismessa, sede della convention, a rinfocolare il senso di abbandono che la città del nord da sempre lamenta –  e che anche chi viene da Birmingham non arriverà nella centralissima stazione londinese di Euston ma nella remota Old Oak Common, non esattamente un centro finanziario. Che destinare ad altro i fondi del faraonico progetto sia sensato o no è possibile, ma dimostra un’allarmante mancanza di senso politico da parte di un premier in cerca di vittoria elettorale ma anche di legittimità all’interno del partito

Vale la pena di ricordare che Sunak è arrivato dopo la caduta di Truss, che però era stata scelta dal partito dopo la caduta di Boris Johnson, che su questo congresso aleggia come Rebecca la prima moglie, assente e influentissimo: anche se ha stabilizzato la situazione economica e rassicurato gli investitori internazionali, Sunak non ha dimostrato di saper parlare al paese, a differenza del poliedrico predecessore. Non solo, l’attuale premier sembra non aver capito una regola fondamentale della politica britannica, soprattutto dal versante conservatore: bisogna coltivare l’idea di grandezza del paese, attingere alla fattività degli elettori, a quella can do attitude che può voler dire enorme spesa pubblica per progetti rivoluzionari anche sul fronte sociale o tagli delle tasse per dare la stura alla naturale imprenditorialità della popolazione. 

Rishi il prudente rischia di passare per Rishi il mediocre, soprattutto davanti a un partito laburista alla cui convention, per dirla con il Financial Times, c’è una lista degli accrediti con così tanti imprenditori che pare di stare a Davos. Ma Keir Starmer ha fatto un grande passo avanti nel suo lungo e paziente lavoro di tessitura di un Labour a sua immagine e somiglianza ed è soprattutto riuscito a mettere a tacere gli estremisti, a partire da Jeremy Corbyn e dal suo Momentum. Si è creato un contesto in cui non prevedere tagli alle tasse sembra saggio, e non eresia. Mentre Sunak, che si prepara a dire durante il discorso di oggi che non taglierà le tasse e che non farà l’alta velocità fino a Manchester (salvo improbabili sorprese, anche se ormai il danno è fatto, non si parla d’altro da giorni), per dare un po’ di pepe alla sua immagine di capoclasse di un partito secchione e timorato ha lasciato intendere che se Nigel Farage volesse ricongiungersi alla sua casa madre conservatrice, lasciata ai tempi di Maastricht, la porta sarebbe aperta. “No, grazie, faccio molto di più da fuori”, ha spiegato l’ex leader dell’Ukip, che è stato poi visto a una cena mentre applaudiva il discorso in cui Lord Cruddas invitava i ricconi a smettere di finanziare i Tory fino a quando non ci sarà più democrazia all’interno del partito, con accanto la ex ministra dell’Interno Priti Patel, tornata sotto i riflettori dopo un periodo di silenzio per dire che bisogna “take back control” pure dei Tory, e altri trecento invitati a spellarsi le mani dagli applausi davanti alla prospettiva, come se il partito non si fosse dimostrato disperatamente spaccato in questi anni. 

Come in un sogno, Farage ha detto di aver sentito l’aria frizzante dello Ukip prima maniera, mentre molto spazio è stato dato all’improbabile ritorno di Liz Truss, leader che in sei settimane e mezzo è riuscita a far svanire il sogno di acquistare casa per migliaia di persone, portando l’approvazione di mutui ai livelli del 2009. A rinfrescare la memoria di chi avesse dimenticato quell’autunno di fuoco del 2022 arriverà presto una miniserie sul modello di “This England” in cui Kenneth Branagh faceva Boris o di quella in cui Benedict Cumberbatch era Dominic Cummings. Il libro da cui sarà tratta si intitola “Out of the blue” e l’aspetto più frivolo di questi giorni sono le scommesse sulla protagonista: si parla di Gillian Anderson, già Thatcher in “The Crown”, o di Lady Gaga o addirittura di Meg Ryan o magari della English rose Rosamund Pike. Chissà se il casting preveda una replica della conferenza stampa dell’anno scorso o di quel vecchio intervento da ministra in cui condannava con aria spiritata le importazioni di formaggio straniero nel Regno Unito. Fatto sta che con il suo discorso sul taglio delle tasse per le imprese dal 25 al 19 per cento, fatto al Great British Growth Rally (nome calcato sul “Great British Bake Off”, una specie di Masterchef tutto incentrato sui dolci e ripreso in questa convention in cui ogni slogan o frase fatta ascoltata negli ultimi dieci anni sembra riproposto come fosse una formula magica, compreso un Make Britain Grow Again di trumpiana memoria), ha ottenuto un grande sostegno, con 60 deputati, pare, dalla sua parte, più di quanti ne possa contare Sunak. Accanto a lei c’era Priti Patel, ampiamente scavalcata a destra dall’attuale titolare dell’Home Office Suella Braverman, che ha detto che il multiculturalismo è stato un fallimento, suscitando ire e indignazione di un paese in cui anche il governo è molto multietnico, e che ieri ha rilanciato dicendo che sull’immigrazione si prepara un “uragano”, mostrandosi leader fin dalla retorica, ferma e thatcheriana laddove Truss non riesce a togliersi un sospetto di cedevolezza. 

A completare il cerchio di aspiranti sostitute di Sunak dopo una sconfitta elettorale che appare inevitabile, visto anche lo stato del partito, ci sono altre figure che stanno scegliendo una linea più strategica e meno urlata, ossia Penny Mordaunt, la cui levatura istituzionale ha tratto molto dall’aver portato la spada in mondovisione all’incoronazione di Carlo, e Kemi Badenoch, che anche il Guardian vede con rispetto nonostante sia una nemica giurata del woke e una conservatrice di ferro, che però sostiene che “il Regno Unito sia il miglior paese al mondo per essere neri” come lei. Ma almeno sembra avere un piano coerente mentre i Tory, dopo la sbornia brexitara e il duro risveglio, stanno attraversando una fase di confusione seguita al sogno unificante dell’uscita dalla Ue. E questo si vede anche nell’emittente GB News, nata come anti Bbc e come baluardo contro il politicamente corretto, con generosi finanziamenti e poche idee e la crescente consapevolezza che quando si può dire tutto, ma proprio tutto, si scopre che non c’è niente da dire. L’ultimo fattaccio in ordine di tempo riguarda l’attore e opinionista Lawrence Fox, difensore indefesso dei diritti del maschio bianco e ricco, che ha fatto la solita serie di commenti offensivi nei confronti di una giornalista – “indicami un solo uomo rispettoso di sé” che andrebbe a letto con quella “donnina”, una femminista “patetica e imbarazzante” e via concionando davanti a un presentatore incapace di contenerlo – ed è stato sospeso, terzo caso dai tempi (recentissimi) della fondazione di GB News, su cui pure Piers Morgan ha commentato che “c’è stata questa discesa nel tentativo di essere il più deplorevole possibile e farlo passare per libertà di espressione”. 

In questa follia, Sunak cerca di corteggiare gli anziani automobilisti promettendo che non dovranno cambiare macchina, e prova a dire, subito smentito dai sondaggi, che “le elezioni non sono quello che il paese vuole”. E invece a Manchester sta andando in scena proprio quello: lo spettacolo di uno status quo insostenibile.

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