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In Portogallo è finita la pacchia per i pensionati di lusso. Che fare ora? Idee

Giuseppe De Filippi

Antonio Costa chiude l'esperimento che defiscalizza i redditi da pensione, complice la pressione dell'opinione pubblica portoghese. Una dimostrazione che la concorrenza fiscale stracciona non ha molto senso e non è auspicabile

Quella sì che era una transumanza, anche nel rispetto di tempo e ritmo dell’antica pastorizia. Sei mesi in Portogallo, a brucare l’erba fiscale più tenera, e sei mesi in Italia, a pascolare tra gli affetti di sempre (quelli onesti, gli altri timbravano il cartellino a Lisbona arrivando in aereo e il giorno dopo fuggivano in macchina). Negli anni tanti erano partiti, attratti dall’accoglienza portoghese, in un paese quasi uguale al nostro al colpo d’occhio, cucina simile, persone gentili, prezzi minori e tasse zero per i pensionati e per chi viveva di altre forme di rendita finanziaria. Ora il fado reciterà però la sua strofa più triste, quella fatta di nostalgia per l’agenzia delle entrate italiana.

Il governo portoghese di Antonio Costa ha subito le pressioni della parte di opinione pubblica un po’ scocciata per gli effetti indiretti della presenza a Lisbona, Porto e nelle altre maggiori città, di migliaia di pensionati europei attratti dalla meravigliosa, seducente, equivalenza tra lordo e netto, dalla esaltante abolizione delle tasse per chi avesse messo la residenza nel paese, passando almeno sei mesi e un giorno. Giravano foto irridenti verso chi era rimasto a finanziare i nostri bilanci bucherellati, con gli espatriati che mostravano il pagamento pensionistico uguale tra la prima e l’ultima riga. E giù cori e risate oltre a inviti a raggiungere la pattuglia o forse il battaglione di italo-portoghesi. Costa ha dovuto correggere la linea già due anni fa, stabilendo un piccolo prelievo del 10 per cento. E ora va chiudere definitivamente l’esperimento. L’economia vive di equilibri e quello del relativamente piccolo mercato portoghese degli alloggi e della spesa quotidiana era stato un po’ travolto dalla pigione straniera.

Gli affitti sono saliti in questi anni, mentre agenzie specializzate andavano a cercare i pensionati più ricchi da portare nel paese, preparando tutto e confezionando viaggio, documenti, contatti, servizio sanitario, sport. Gli annunci ci sono ancora, molti recentissimi, sul web. Ma l’equilibrio politico/economico si è rotto (e forse la colpa non è tutta della pigione straniera ma semplicemente dell’inflazione mondiale) quando un numero sufficiente di elettori ha cominciato a esprimere disappunto per l’andamento degli affitti. Un numero di portoghesi evidentemente superiore al numero che traeva invece vantaggi dai pensionati esteri, cioè ai proprietari di case da affittare, a chi prestava servizi domestici o alle persone, alle agenzie specializzate, ai lavoratori dei centri sportivi. La, tutto sommato, breve vicenda del fisco di favore portoghese mostra che in un sistema integrato come quello europeo la concorrenza fiscale stracciona non ha molto senso e non è auspicabile.

Diversamente dalle offerte favorevoli ad esempio per avviare impianti industriali, in cui il paese ospitante dà servizi e contribuisce a far creare qualcosa che prima non c’era, la corsa a defiscalizzare il pensionato era semplicemente una scelta da free rider a rovescio, con cui un paese si avvantaggiava dell’accumulo di capitale creato in un altro paese (e con quanta fatica in Italia per le casse pubbliche) per poi fruirne qualche briciola, magari in termini di Iva locale per le piccole spese o di altre imposte indirette. Ora si fanno le valige. Sì, girano idee dell’ultima ora, altri lidi, ma alle Canarie alla fine si paga quasi come in Italia e se ti prende la malinconia lì è peggio di un festival del fado. Oppure si favoleggia di qualche altra sponda in Oceania, ma, insomma, la distanza disincentiva assai. La scelta più semplice è tornare e farsi vivi con l’agenzia delle entrate e dare una mano a Giancarlo Giorgetti con quei conti da far tornare e lo spread da tenere a bada.

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